Cass. civ., sez. II, sentenza 27/10/2008, n. 25860

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In tema di notificazioni, la perentorietà del termine d'integrazione del contraddittorio, concesso ex art. 331 cod. proc. civ., per provvedere, in fase d'impugnazione, alla notificazione al litisconsorte pretermesso, può essere prorogato in virtù dell'interpretazione costituzionalmente orientata della predetta norma processuale solo in presenza di una situazione di forza maggiore certa ed obiettiva che ne abbia impedito l'osservanza. Non ricorre tale condizione quando la parte abbia negligentemente richiesto la notificazione all'ufficiale giudiziario solo due giorni prima della scadenza in quanto il termine concesso dal giudice svolge anche la funzione di consentire le indagini anagrafiche eventualmente necessarie e di rimediare ad eventuali errori del procedimento di notificazione (nel caso di specie, la Corte ha ritenuto colpevole il comportamento della parte che aveva confidato in una indicazione anagrafica desunta da altro procedimento con la stessa parte svoltosi in epoca molto lontana).

In tema di notificazione, nel caso in cui l'ufficiale giudiziario attesti di non avere rinvenuto il destinatario della notifica nel luogo indicato dalla parte richiedente, perché, secondo quanto appreso dai vicini, trasferitosi altrove, l'attestazione del mancato rinvenimento del destinatario ed il contenuto estrinseco della notizia appresa, sono assistite da fede fino a querela di falso, attenendo a circostanze frutto della diretta attività e percezione del pubblico ufficiale. Invece, il contenuto intrinseco della notizia appresa dai vicini, in quanto terzi rispetto alle parti dell'atto da notificare, è assistito da presunzione "iuris tantum", che, in assenza di prova contraria, non consente al giudice di disconoscere la regolarità dell'attività di notificazione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 27/10/2008, n. 25860
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 25860
Data del deposito : 27 ottobre 2008
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Presidente -
Dott. O M - rel. Consigliere -
Dott. S G - Consigliere -
Dott. B E - Consigliere -
Dott. S G M R - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B L - rappresentata e difesa in virtù di procura speciale a mancata integrazione margine del ricorso dagli avv.ti R D e D del foro di Verona ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via A. Bertoloni, n. 26, presso l'avv. R M G;



- ricorrente -


contro
D'Argenio Mario - rappresentato e difeso in virtù di procura speciale in calce al controricorso dall'avv. Mignone Roberto, presso il quale è elettivamente domiciliato in Salerno, alla via SS. Martiri Salernitani, n. 66;



- controricorrente -


avverso la sentenza della Corte d'Appello di Salerno n. 2 del 12 gennaio 2004 - notificata il 10 febbraio 2004;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29 settembre 2008 dal Consigliere Dott. O M;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. L V F, che ha concluso per l'inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 7 aprile 1993, B L convenne D'Argenio Mario davanti al Tribunale di Salerno e, esponendo di essere figlia ed unica erede del padre B G, deceduto il 7 settembre 1992, e che il convenuto, profittando della degenerazione delle facoltà cognitive e critiche del defunto, aveva da questo acquistato il 22 maggio 1989 al prezzo di L. 270 milioni, un locale commerciale in Salerno, il cui valore all'epoca del trasferimento era di L. 600 milioni, domandò la declaratoria della nullità o l'annullamento della compravendita stipulata dal suo dante causa perché compiuto in pregiudizio di un soggetto in stato d'incapacità naturale.
Si costituì il D'Argenio e, contestandone la fondatezza, chiese il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, il risarcimento del danno per avergli la trascrizione della domanda dell'attrice impedito l'accensione di un mutuo.
Integrato il contraddittorio nei confronti di Braca Wanda, poi estromessa dal giudizio, nonché di Licata Giuseppina, Braca Antonino e Vincenzo, Sofia e Greco Marco, rimasti contumaci, il Tribunale con sentenza del 31 agosto 2001 rigettò sia la domanda dell'attrice che quella riconvenzionale del convenuto. La Braca propose gravame avverso la decisione e la Corte di appello di Salerno il 12 gennaio 2004 dichiarò inammissibile l'impugnazione perché, "anche al di là della notifica alle altre parti oltre il termine, perentorio, assegnato dal Giudice", l'atto di integrazione del contraddittorio, disposto nella prima udienza dal consigliere istruttore, non era "stato affatto notificato ai signori Greco Anna Sofia e Greco, risultati trasferiti".
La Braca è ricorsa con due motivi per la cassazione della sentenza, l'intimato D'Argenio ha resistito con controricorso notificato il 14 maggio 2004 ed entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorso denuncia la nullità della sentenza impugnata, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione dell'art. 140 c.p.c., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione sull'omessa notifica dell'atto di integrazione del contraddittorio, avendo il Giudice dichiarato l'inammissibilità dello appello senza verificare se l'omissione fosse dipesa da fatto imputabile unicamente alla negligenza dell'ufficiale giudiziario, pur non avendo egli certificato l'attività svolta per verificare l'avvenuto trasferimento dei destinatati della notifica appreso da "alcuni vicini" e l'appellante avesse fatto istanza di offrire una prova orale e documentale della correttezza dell'indirizzo indicato nell'atto. Con il secondo motivo, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., e falsa
applicazione dell'art. 153 c.p.c., giacché, costituendo l'eventuale trasferimento dei destinatali della notifica una causa di omessa notificazione non addebitabile alla parte onerata, il Giudice doveva escludere la decadenza dell'appellante dal termine per integrare il contraddittorio e, secondo una interpretazione estensiva dell'art.184 bis c.p.c., conforme al principio costituzionale
dell'effettività del contraddittorio, doveva fissare un nuovo termine per l'integrazione.
Il primo motivo è inammissibile.
Nel caso in cui l'ufficiale giudiziario attesti il mancato rinvenimento del destinatario della notifica di un atto nel luogo (di residenza, dimora o domicilio) indicato dal richiedente e la notizia appresa dai vicini del suo trasferimento altrove, la prima attestazione ed il contenuto estrinseco della seconda sono assistite da fede fino a querela di falso, attenendo a circostanze frutto della diretta attività e percezione del pubblico ufficiale, mentre la notizia appresa dai terzi è assistita da una presunzione di veridicità iuris tantum (cfr.: Cass. civ., sez. 3^, sent. 11 aprile, 2000, n. 4590), che non consente al Giudice di disconoscere, in assenza di prova contraria risultante dagli atti del procedimento o fornita dalle parti, la regolarità dell'attività svolta dall'ufficiale giudiziario e gli effetti che ad essa ricollega l'ordinamento nel caso in cui si risolva nell'omessa notifica di un atto nel termine perentorio fissato dalla legge o stabilito dal Giudice.
La parte che in sede di legittimità si dolga dell'attendibilità attribuita dal Giudice all'attestazione dell'ufficiale giudiziario dell'impossibilità di effettuare la notificazione di un atto per non avere egli rinvenuto il suo destinatario nell'indirizzo indicato ed avere appreso dai vicini il suo trasferimento altrove è quindi onerata dal principio di autosufficienza del ricorso alla specificazione degli atti non esaminati od inadeguatamente valutati dal Giudice dai quali emerge il fondamento della sua doglianza e/o i mezzi richiesti nel giudizio a riprova di essa, elencandoli ed indicandone esattamente il tenore onde consentire una verifica della loro ammissibilità e decisività. A tanto non ha soddisfatto la ricorrente, atteso che la sua sola affermazione della legittimità della propria istanza di offrire valida prova orale e documentale"(nei termini che solo il prosieguo del gravame avrebbe potuto consentire)" dell'effettiva abitazione dei notificandi nell'indirizzo da lei indicato negli atti di integrazione del contraddittorio non consente di apprezzare la correttezza del contrario assunto della sentenza che l'appellante aveva omesso di dedurre e provare di non avere potuto provvedere alla notifica per fatti ad essa non imputabili.
Il secondo motivo è infondato.
In seguito alle decisioni della Corte costituzionale n. 477 del 2000, nn. 28 e 97 del 2004 e n. 154 del 2005, nel caso, in cui il Giudice dell'impugnazione abbia ordinato l'integrazione del contraddittorio, è sufficiente e necessario al fine del rispetto del termine assegnato per la notifica dell'atto alle parti pretermesse che entro detto termine l'atto sia consegnato all'ufficiale giudiziario e, conseguentemente, la parte notificante non incorre nella decadenza correlata alla sua inosservanza ove, in caso di iniziale esito negativo della notifica per causa alla stessa non imputabile, provveda senza ingiustificata soluzione di continuità allo svolgimento di tutte le ulteriori attività occorrenti al perfezionamento del procedimento notificatorio di cui è onerata, anche se questo avvenga oltre la data stabilita dal Giudice (cfr.: Cass. civ., sez. 5^, sent. 12 marzo 2008, n. 6547;
Cass. civ., sez. 2^, sent. 19 marzo 2007, n. 6360). Nel caso di esito negativo della notifica per causa alla stessa imputabile o di ingiustificata soluzione di continuità delle ulteriori attività occorrenti alla notifica, la parte onerata non si sottrae, quindi, alla decadenza dal termine assegnatole ed all'inammissibilità dell'impugnazione che ne deriva a norma dell'art. 331 c.p.c., giacché la fissazione di un nuovo termine per l'integrazione del contraddittorio equivarrebbe alla concessione di una proroga di un termine perentorio, espressamente vietata espressamente dall'art. 153 c.p.c.. È vero che a tale divieto è stato ritenuto possibile derogare, peraltro non in ragione dell'applicabilità anche alla fase di proposizione delle impugnazioni dell'istituto della rimessione in termini, che l'art.184 bis c.p.c., limita alla fase istruttoria, bensì della rilevanza
da riconoscere, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 331 c.p.c., ad una situazione di forza maggiore certa ed obiettiva, che abbia impedito alla parte l'osservanza del termine stesso, dovendo escludersi che la sanzione di inammissibilità dell'impugnazione prevista per la sua inosservanza, in quanto rivolta a colpire l'incuria e la negligenza della parte, possa tradursi in danno il soggetto che provi di non essere stata in grado di rispettare il termine fissato dal Giudice per fatti ad essa non imputabili.
A tale fine, tuttavia, deve tenersi conto che il termine per l'integrazione del contraddittorio viene concesso non soltanto per il conferimento dell'incarico all'ufficiale giudiziario, ma anche per lo svolgimento di tutte le attività ad esso prodromiche, quali le indagini di stato civile ed anagrafiche eventualmente necessarie per individuare i soggetti destinatari della notifica ed il luogo ove questa deve essere eseguita, ed è normalmente stabilito dal Giudice in misura di tale ampiezza da permettere alla parte anche di rimediare eventuali errori nei quali sia incorsa nella notificazione dell'atto (Cass. civ., sez. 1^, sent. 14 ottobre 2005, n. 20000). Di tal che, se la notifica dell'atto di integrazione del contraddittorio sia mancata per avere la parte onerata richiesto la notifica all'ufficiale giudiziario, come in specie, due giorni prima della scadenza del termine fissato per l'adempimento senza alcun preventivo accertamento della residenza, del domicilio o della dimora dei notificandi, facendo affidamento sull'avvenuta notifica di altro atto del procedimento in epoca remota, e la parte si sia successivamente astenuta da qualsiasi altra attività diretta al perfezionamento di essa senza prospettare nessun ostacolo al loro compimento, non è ravvisabile alcuna situazione di forza maggiore che abbia impedito alla parte l'osservanza dell'onere del quale era gravata.
Al contrario nel suo comportamento è ravvisabile una colpevole negligenza sia perché si è posta in condizione di verificare l'esito della notifica soltanto all'atto o dopo la scadenza del termine stabilito dal Giudice, nonostante l'incognita di una variazione nel lungo periodo dell'abitazione dei destinatari e l'agevole possibile riscontro dell'attuale loro residenza anagrafica e sia perché si è disinteressata della negatività di tale esito facendo ingiustificatamente incorrere il processo in una stasi che proprio la fissazione del termine perentorio per l'integrazione era diretta ad evitare.
All'inammissibilità od infondatezza dei motivi seguono il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in dispositivo.

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