Cass. pen., sez. II, sentenza 01/07/2021, n. 25158
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ato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: N G nato il 04/09/1978 a NAPOLI avverso la ordinanza del 15/02/2021 del TRIBUNALE DI MILANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere Piero MESSINI D'AGOSTINI;lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Assunta C, che ha chiesto l'inammissibilità del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza emessa in data 15/2/2021 il Tribunale del riesame di Milano, decidendo sull'appello presentato dal difensore di G N, confermava il provvedimento con cui il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva rigettato la richiesta intesa ad ottenere l'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, in sostituzione di quella della custodia in carcere cui l'imputato I è sottoposto per il reato di concorso in rapina pluriaggravata, per il quale, ad esito del giudizio abbreviato, egli è stato condannato alla pena di cinque anni di reclusione, oltre alla multa. 2. Ha proposto ricorso G N, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l'annullamento dell'ordinanza impugnata per violazione di legge e vizio motivazionale sulla base di tre motivi, con i quali si sostiene che il Tribunale del riesame: 2.1. ha "travisato il contenuto degli elementi probatori acquisiti al processo", ponendo a sostegno della propria ordinanza di rigetto una circostanza inesistente (l'inserimento della rapina "in un contesto caratterizzato da una certa organizzazione"), della quale non vi è traccia nella sentenza di condanna;2.2. ha confermato l'ordinanza del G.i.p. sulla base dei soli precedenti penali specifici di N, senza indicare le "occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati" e attribuendo erroneamente una duplice valenza alle modalità del fatto;2.3. ha omesso di spiegare per quali ragioni l'impiego del braccialetto elettronico sarebbe misura inadeguata rispetto al pericolo di recidiva, non potendosi far gravare sull'imputato le difficoltà organizzative nella predisposizione dei controlli. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi proposti. 2. La richiesta presentata dalla difesa ex art. 299 cod. pen., respinta dal G.i.p., era intesa unicamente ad ottenere la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, dandosi come presupposto non contestato, pertanto, la sussistenza delle esigenze cautelari costituite dal pericolo di recidiva. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, in tema di appello cautelare, stante la natura devolutiva del giudizio, la cognizione del giudice è circoscritta entro il limite segnato dai motivi dedotti dall'impugnante e dal decísum del provvedimento gravato (Sez. 2, n. 6400 del 12/11/2019, dep. 2020, Maisano, Rv. 278372;Sez. 6, n. 57262 del 29/11/2017, Tribulati, Rv. 278372;Sez. 3, n. 30483 del 28/05/2015, Loffredo, Rv. 264818;Sez. 1, n. 43913 del 02/07/2012, Xu, Rv. 253786). Per tale ragione sono inammissibili le doglianze proposte dal ricorrente con il primo motivo (in relazione ad un'affermazione svolta in via incidentale nell'ordinanza impugnata) e con il secondo motivo, inerenti tutte alla sussistenza stessa delle esigenze cautelari e, in particolare, all'attualità del pericolo e alla possibilità di desumerlo anche dalle modalità del fatto. Trattasi, peraltro, di deduzioni prive di fondamento. In primo luogo, infatti, va ricordato che il requisito dell'attualità del pericolo di reiterazione del reato sussiste - secondo la prevalente e più recente giurisprudenza di legittimità, condivisa dal Collegio - «a prescindere dalla positiva ricognizione di effettive ed immediate opportunità di ricadute a portata di mano dell'inquisito, essendo necessario e sufficiente formulare un giudizio prognostico che sulla base dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen., si riconnetta alla realtà emergente dagli atti del procedimento ed alle valutazioni della persistente pericolosità che è dato trarne, dovendosi effettuare una previsione correlata alla situazione esistenziale e socio ambientale in cui verrà a trovarsi l'indagato, nell'ipotesi in cui venga meno lo stato di detenzione» (così Sez. 2, n. 44946 del 13/09/2016, D, Rv. 267965;in senso conforme cfr., ad es., Sez. 1, n. 14840 del 22/01/2020, O, Rv. 279122;Sez. 6, n. 434 del 05/12/2019, N, Rv. 278214;Sez. 5, n. 11250 del 19/11/2018, dep. 2019, A, Rv. 277242;Sez. 4, n. 47837 del 04/10/2018, C., Rv. 273994;Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017, C, Rv. 271216;Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016, Verga, dep. 2017, Rv. 269684). In secondo luogo, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, l'ultimo periodo della lettera c) dell'art. 274 cod. proc. pen., così come modificato dalla legge n. 47 del 2015, impedisce di desumere il pericolo di reiterazione dalla sola gravità del "titolo di reato", astrattamente considerato, ma non già dalla valutazione della gravità del fatto nelle sue concrete manifestazioni, in quanto le modalità e le circostanze del fatto restano elementi imprescindibili di valutazione che, investendo l'analisi di comportamenti concreti, servono a comprendere se la condotta illecita sia occasionale o si collochi in un più ampio sistema di vita, ovvero se la stessa sia sintomatica di una incapacità del soggetto di autolimitarsi nella commissione di ulteriori condotte criminose (Sez. 5, n. 49038 del 14/06/2017, Rv. 271522, Silvestrin;Sez. 4, n. 18802 del 21/03/2017, Semilia, Rv. 269944, in motivazione;Sez. 1, n. 37839 del 02/03/2016, Biondo, Rv. 267798;Sez. 1, n. 45659 del 13/11/2015, Restuccia, Rv. 265168;da ultimo v. Sez. 2, n. 17866 del 13/04/2021, Chiofalo, nonché Sez. 2, n. 12378 del 10/02/2021, Berlingeri, non massimate).r 3. Il Tribunale ha confermato l'ordinanza impugnata, aderendo alle argomentazioni del primo giudice, evidenziando soprattutto la personalità estremamente negativa dell'imputato, gravato di numerosi precedenti penali specifici e rimasto insensibile all'effetto deterrente che avrebbero dovuto esercitare le pregresse "esperienze, anche detentive (l'ultima pena detentiva risulta espiata 1'11.4.2018)". Diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, nell'ordinanza impugnata non vi è una "omessa motivazione dell'adeguatezza della misura degli arresti domiciliari da eseguire con particolari modalità di controllo". L'ordinanza, infatti, dopo avere motivato in ordine alla inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari, ha espressamente affermato, alla luce della ritenuta inaffidabilità dell'imputato, che neppure la misura con il "braccialetto elettronico" sarebbe "idonea ad assicurare le indicate esigenze di cautela e, in particolare, a garantire che l'appellante non approfitti dei sostanziali margini di libertà ad essa connaturali per proseguire, anche trasgredendo le prescrizioni fondamentali, la sua illecita attività o comunque per non disperdere i contatti necessari per poterla riprendere in tempi migliori". Peraltro, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «il giudizio del Tribunale del riesame sull'inadeguatezza degli arresti domiciliari a contenere il pericolo della reiterazione criminosa, per la sua natura di valutazione assorbente e pregiudiziale, costituisce pronuncia implicita sulla impossibilità di impiego di uno degli strumenti elettronici di controllo a distanza previsti dall'art. 275-bis cod. proc. pen.» (così, di recente, Sez. 2, n. 43402 del 25/09/2019, Marsili, Rv. 277762;nello stesso senso, in precedenza, v. Sez. 2, n. 31572 del 08/06/2017, Caterino, Rv. 270463;Sez. 3, n. 43728 del 08/09/2016, L., Rv. 267933;Sez. 2, n. 3936 del 15/12/2015, dep. 2016, H., Rv. 265786;da ultimo v. Sez. 2, n. 17046 del 18/03/2021, Lo Manto, non mass.).
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