Cass. civ., sez. II, ordinanza 24/07/2018, n. 19553
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la seguente ORDINANZA sul ricorso 22403-2015 proposto da: PETRUCCELLI VINCENZO, PETRUCCELLI ANTONIO, PETRUCCELLI GAETANO, PETRUCCELLI FRANCO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ENNIO Q. VISCONTI 11, presso lo studio dell'avvocato A F, rappresentati e difesi dagli avvocati PAOLA GHELLI e FATA MUSTO in virtù di procura a margine del ricorso;- ricorrenti -contro CITTA METROPOLITANA DI FIRENZE, elettivamente domiciliata in ROMA, C.SO D'ITALIA 102, presso lo studio dell'avvocato G P MOSCA, rappresentata e difesa dall'avvocato S G giusta procura a margine del cuntrurieQrso;- controricorrente - avverso la sentenza n. 747/2015 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 21/04/2015;udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/05/2018 dal Consigliere Dott. M C;RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Il Tribunale di Firenze con sentenza n. 10758/2013 aveva rigettato l'opposizione proposta da P V, F, A e G avverso cinque ordinanze ingiunzione emesse dalla Provincia di Firenze a seguito di distinti accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza - Comando Tenenza di Borgo S. Lorenzo per la violazione del combinato disposto degli artt. 15 e 52 co. 3 del D. Lgs. n. 22/1997, in quanto erano stati effettuati dagli opponenti, in qualità di conducenti di veicoli ed in particolare con la responsabilità solidale di P V quale titolare della ditta individuale cui era riferibile l'automezzo utilizzato, cinque trasporti di rifiuti speciali non pericolosi, costituiti da residui di attività di demolizione di fabbricati prodotti nel cantiere in Sesto Fiorentino denominato " Ex Caserma Donati", e portati al diverso cantiere edile sito in Scarperia località La Torre. Il Tribunale riteneva che fosse necessario redigere il formulario di legge, atteso che il trasporto riguardava rifiuti speciali non pericolosi ex art. 7 co. 3 lett. b) del citato decreto legislativo, e non materia prima, anche in considerazione del fatto che la società ESA che operava nel cantiere di partenza aveva proceduto sì ad un'attività di macinatura e vagliatura dei residui della demolizione, ma senza che fosse stata ancora autorizzata dalla Provincia al recupero dei rifiuti. Era altresì irrilevante la buona fede degli opponenti, i quali sostenevano che dai buoni di consegna del materiale non Ric. 2015 n. 22403 sez. 52 - ud. 04-05-2018 -2- emergeva la loro natura di rifiuti, ed essendosi limitati a verificare che si trattava di materiale macinato e vagliato, sicchè non poteva esigersi che dovessero anche verificare la titolarità in capo alla ESA delle prescritte autorizzazioni amministrative, dovendosi ritenere che la colpa sia normalmente presunta nel settore degli illeciti amministrativi, e dovendosi altresì considerare la natura professionale di un'impresa operante nel settore dei trasporti. La Corte d'Appello di Firenze, con la sentenza n. 747 del 21 aprile 2015 ha rigettato l'appello degli opponenti ribadendo la correttezza della qualificazione come rifiuti speciali del materiale oggetto dei trasporti sanzionati, il che imponeva la previa redazione dell'apposito formulario di cui all'art. 15 del D. Lgs. n. 22/1997. A tal fine non spiegava alcuna rilevanza la circostanza che il materiale stesso fosse stato previamente trattato, in quanto tale intervento era stato compiuto da un soggetto privo di specifica autorizzazione al recupero dei rifiuti, sicchè non poteva incidere sulla sua qualificazione giuridica. Inoltre andava disatteso anche il motivo concernente la buona fede degli opponenti, essendo sufficiente per gli stessi richiedere la sola esibizione della autorizzazione che eventualmente abilitava la società che operava nel cantiere di partenza al trattamento dei rifiuti. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione P V, F, A e G sulla base di quattro motivi. La Citta Metropolitana di Firenze ha resistito con controricorso. 2. Il primo motivo di ricorso denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 6 del D. Lgs.vo n. 22/1997, in quanto attesa la definizione che detta norma offre del rifiuto, come Ric. 2015 n. 22403 sez. 52 - ud. 04-05-2018 -3- qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi, sarebbe errata l'interpretazione che ne è stata offerta dalla Corte distrettuale, al fine di includere nel suo ambito di applicazione anche il materiale trasportato, costituito da residui di demolizione, oggetto di macinatura e vagliatura, al fine del suo immediato riutilizzo nel cantiere di rinvenimento. Emergeva invece l'indubbia destinazione al suo immediato riutilizzo, occorrendo a tal fine avere riguardo anche alla norma di interpretazione autentica di cui all'art. 14 del D.L. n. 138/2002 conv. nella legge n. 178/2002. In definitiva si tratterebbe in realtà di una materia prima, per la quale non appare invocabile la previsione di cui all'art. 15 del citato decreto legislativo. Il motivo è infondato. Risulta in tal senso del tutto corretta la qualificazione del materiale oggetto di trasporto in termini di rifiuto speciale, r-77 sebbene non pericoloso, dovendosi in tal senso far richiamo L-,"" alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui (cfr. Cass. n. 17002/2007) ai fini della configurazione delle violazioni amministrative in materia di rifiuti (nella specie "ex" art. 12, comma 1, 15, comma 3, e 11, comma 3, d.lgs. n. 22 del 1997), l'attività di sbancamento, movimentazione terra e riutilizzo di materiali inerti provenienti da costruzioni rientra tra quelle da cui origina la produzione di un rifiuto, alla luce del chiaro disposto degli artt. 6 e 7 d.lgs. n. 22 del 1997. Nel medesimo precedente citato, si chiarisce che non rileva, in senso contrario, il disposto dell'art. 14 della legge n. 138 del 2002, che ha fornito l'interpretazione autentica del sopra richiamato art. 6, poiché tale norma conferisce rilievo, ai fini della qualificazione come rifiuti dei materiali inclusi nell'elenco Ric. 2015 n. 22403 sez. 52 - ud. 04-05-2018 -4- svolta sul materiale, nel senso che, per escludere la detta qualificazione, occorre un dato oggettivo in contrasto con la classificazione del materiale, ovverosia l'accertamento di una successiva utilizzazione - e quindi non soltanto l'astratta destinazione ad una successiva utilizzazione. Ed, invero, anche a voler soprassedere in ordine alla controversa portata applicativa della previsione di cui all'art. 14 del d.l. n. 138/2002 (essendosi, infatti, affermato che - cfr. Cass. n. 22672/2009 - il disposto dell'art. 1, lett. a) della direttiva CEE n. 442 del 1975, recepito dall'art. 6, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 22 del 1997, in base al quale costituiscono rifiuti le sostanze derivanti dalla lavorazione, riportate in apposito allegato, di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo disfarsi, non può ritenersi in alcun modo modificato dall'art. 14 del d.l. n. 138 del 2002, conv. in legge n. 178 del 2002, posto che tale ultima norma, formalmente qualificata come d'interpretazione autentica, ha in realtà, come rilevato dalla Corte di Giustizia Europea nella sentenza 11 novembre 2004, in causa C-457, Niselli, contenuto dispositivo contrastante - e perciò da disapplicare, nel rispetto del criterio gerarchico delle fonti - con la direttiva sopra indicata, nella parte in cui sottrae dalla categoria dei rifiuti le sostanze che possono essere riutilizzate in un diverso ciclo produttivo e che, invece, secondo la direttiva medesima, debbono considerarsi rifiuti fino alla loro effettiva riutilizzazione;conf. Cass. n. 17002/2007, e proprio in relazione a materiali inerti provenienti da costruzioni), nel caso di specie, rileva in primo luogo la circostanza che gli originari residui delle lavorazioni sono stati sottoposti a trattamento (macinatura e vagliatura), al fine, a detta degli stessi ricorrenti, di consentirne il riutilizzo, da parte di soggetto privo delle necessarie autorizzazioni Ric. 2015 n. 22403 sez. 52 - ud. 04-05-2018 -5- amministrative, dovendosi condividere l'assunto dei giudici di merito secondo cui solo il recupero di rifiuti operato da soggetti muniti dei necessari titoli abilitativi, potrebbe far perdere al materiale trattato la qualificazione in senso tecnico - giuridico di rifiuto. Inoltre sempre secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 944/2010) ai fini di escludere l'applicazione della normativa in materia di rifiuti non è sufficiente la mera eventualità di riutilizzazione economica, mediante operazioni di recupero, della sostanza di cui il detentore intenda disfarsi, essendosi altresì chiarito che (cfr. Cass. n. 7962/2005) in tema di violazione dell'obbligo di procedere alla registrazione dei rifiuti sull'apposito registro di carico e scarico (art. 52, comma secondo, D.Lgs. n. 22 del 1997), per rifiuto deve intendersi qualsiasi sostanza od oggetto di cui il produttore o il detentore si disfa, senza che assuma rilievo la circostanza che ciò avvenga attraverso lo smaltimento del prodotto o il suo recupero, ovvero che il predetto abbia l'intenzione di riutilizzarla, a meno che, in quest'ultima ipotesi, non sia necessario alcun trattamento dei residui, sicchè la sostanza può essere immediatamente utilizzata come materia prima. Nel caso in esame è la stessa circostanza della necessità del trattamento del materiale inerte, peraltro operato indebitamente da impresa priva della prescritta autorizzazione, a far sì che lo stesso conservi la qualificazione in termini di rifiuto, a nulla rilevando la mera macinatura eseguita, posto che l'assenza di un trattamento svolto da soggetto autorizzato per legge non consente di acquisire la diversa qualificazione di materia prima. A ciò deve altresì aggiungersi che, come confermato dalla stessa dinamica dei fatti oggetto di contestazione, il materiale Ric. 2015 n. 22403 sez. 52 - ud. 04-05-2018 -6- inerte, sebbene già macinato e vagliato, è stato oggetto di trasporto dal cantiere nel quale è stato ricavato ad un diverso cantiere ove è stato poi concretamente rinvenuto, sicchè appare applicabile quanto già precisato da questa Corte (cfr. Cass. n. 18556/2006), secondo cui, anche a voler dare applicazione all'art. 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, che ha fornito l'interpretazione autentica dell'art. 6, comma primo, lettera a), del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, che conferisce rilievo, ai fini della qualificazione come rifiuti dei materiali inclusi nell'elenco di cui all'allegato A del d.lgs., all'attività svolta successivamente sul materiale, nel senso che, per escludere detta qualificazione, occorre un dato oggettivo in contrasto con la classificazione del materiale, ovverosia l'accertamento di una successiva utilizzazione, che non costituisca smaltimento o recupero secondo gli allegati B e C del d.lgs., tuttavia, ai fini dell'applicabilità delle sanzioni amministrative comminate dall'art. 52, commi secondo e terzo, del d.lgs. n. 22 del 1997 per l'omessa tenuta del registro di carico e scarico di cui all'art. 12, comma primo, e per l'effettuazione del trasporto senza il formulario prescritto dall'art. 15, la circostanza che un materiale residuale di produzione sia destinato ad essere riutilizzato nel medesimo ciclo produttivo, in tanto consente di escluderne la qualificazione come rifiuto, con il conseguente esonero del detentore dagli obblighi imposti dagli artt. 12 e 15 cit., in quanto l'attività successiva di riutilizzazione sia svolta nel medesimo luogo di produzione del materiale, non essendovi altrimenti alcuna certezza che il materiale venga nuovamente immesso nel medesimo ciclo produttivo, e verificandosi dunque un'interruzione di detto ciclo. (In applicazione di tale principio, Ric. 2015 n. 22403 sez. 52 - ud. 04-05-2018 -7- è stata confermata la sentenza di merito, che aveva escluso l'esonero dai predetti obblighi in relazione al trasporto di rifiuti di asfalto provenienti da operazioni di demolizione di una strada, mediante fresatura del manto stradale, e destinati ad essere riutilizzati in altro luogo per la produzione di conglomerati bituminosi e per la realizzazione di sottofondi stradali). Il trattamento ad opera di impresa non autorizzata dei residui della precedente attività di demolizione, lo spostamento da un cantiere ad un altro, la solo potenziale destinazione al riutilizzo del materiale medesimo, costituiscono tutti elementi che complessivamente considerati confortano la correttezza della soluzione raggiunta dal giudice di appello.
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