Cass. civ., SS.UU., sentenza 13/11/2008, n. 27044
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Posto che l'immunità giurisdizionale degli Stati stranieri e dei relativi rappresentanti è invocabile soltanto quando essi agiscano quali titolari di una potestà di imperio, e non quando si pongano nella medesima posizione dei cittadini italiani, avvalendosi degli strumenti privatistici dell'ordinamento interno, l'art. 31, par. 1), lett. c) della Convenzione di Vienna del 24 aprile 1963, ratificata in Italia con legge 9 agosto 1967, n. 804, che prevede l'esclusione dall'immunità dalla giurisdizione civile dello Stato accreditatario dell'agente diplomatico che ivi eserciti un'attività professionale o commerciale al di fuori dalle sue funzioni ufficiali, deve intendersi riferito anche ai casi in cui egli risulti soggetto passivo di tali rapporti, se intrapresi nel territorio dello Stato "iure privatorum", essendo quindi sottoposto alla giurisdizione italiana sia in sede di processi di cognizione che (come nella specie) nell'ambito di procedure esecutive instaurate nei suoi confronti.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente -
Dott. P G - Presidente di sezione -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. D M A - Consigliere -
Dott. A A - Consigliere -
Dott. M E - Consigliere -
Dott. C F - Consigliere -
Dott. T G - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P S, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SARDEGNA 29, presso lo studio dell'avvocato V G, che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
B V, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DI VILLA GRAZIOLI 20, presso lo studio dell'avvocato R G, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato G S, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 862/2007 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 21/03/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 07/10/2008 dal Consigliere Dott. T G;
uditi gli avvocati V G, R G;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI DOMENICO, che ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso, assorbito il secondo.
IN FATTO
Con ricorso presentato ai sensi dell'art. 615 c.p.c., comma 2, PAPAVASSILOPOULOS Spiros propose opposizione all'esecuzione promossa nei suo confronti dall'avvocato Vincenzo Barone, per aver questi proceduto ad un pignoramento presso terzi in forza di ingiunzione di pagamento - emessa dal tribunale di Milano nel gennaio del 2002 - con la quale erano state liquidate in suo favore le somme richieste a titolo di parcella per prestazioni professionali eseguite in nome e per conto dell'opponente.
Il Papavassilopoulos, deducendo la propria qualità di agente diplomatico presso l'ambasciata greca, eccepì in limine la personale immunità dalla giurisdizione civile italiana in sede di esecuzione. Il giudice di primo grado respinse l'opposizione.
La sentenza fu impugnata dall'opponente dinanzi alla Corte di appello di Milano, la quale, nel rigettarne il gravame, osservò, per quanto ancora di rilievo in seno al presente giudizio di legittimità:
1) che rettamente il tribunale aveva ritenuto indimostrata la qualità di agente diplomatico invocata dall'appellante, anche se con motivazione (inefficacia probatoria, ex art. 2719 c.c., di una copia fotostatica, prodotta dall'opponente, priva di data, attestante la sua qualità "di addetto per gli affari economici e commerciali dell'ambasciata greca in Italia e di diplomatico accreditato e garantito da immunità in applicazione della convenzione di Vienna") meritevole di correzione in diritto;
2) che, in particolare, non veniva in questione, nella specie, la conformità della prodotta fotocopia al documento originale, bensì la veridicità e autenticità del suo contenuto: rivestendo natura giuridica di certificazione proveniente da autorità estera, non poteva non rilevarsi, di essa, la evidente mancanza di requisiti essenziali quali l'attestazione ufficiale della legale qualità del funzionario firmatario dell'atto e la autenticità della firma (giusta disposto del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 33, sostitutivo dell'analoga L. n. 15 del 1968, art. 17), con conseguente inefficacia dimostrativa dell'atto de quo siccome non legalizzato nelle forme previste (la Corte citerà, in proposito, la giurisprudenza di legittimità di cui a Cass. 468/1975);
3) che, nonostante le reiterate e radicali contestazioni mosse dall'appellato alla dedotta qualità di agente diplomatico dell'appellante, quest'ultimo non ne aveva mai fornito valida ed efficace demonstratio (in particolare, sotto il profilo della sussistenza di poteri rappresentativi dello Stato estero), non potendo all'uopo utilmente spiegare influenza il passaporto diplomatico esibito in grado di appello (e in fotocopia);
4) che, sotto altro e diverso profilo, l'invocata (quanto indimostrata) qualità di agente diplomatico non avrebbe comunque sottratto l'appellante alla giurisdizione civile italiana in sede di esecuzione, giusta una interpretazione di tipo logico, e non soltanto testuale, del disposto dell'art. 31, paragrafo 3, punto e) della convenzione di Vienna - a mente del quale l'immunità è esclusa ove si tratti "di un'azione relativa ad attività professionale o commerciale esercitata dall'agente diplomatico nello Stato accreditatario al di fuori delle sue funzioni ufficiali" -;
5) che la ratio della norma in parola, difatti, ne trascendeva senz'altro il tenore meramente letterale - apparentemente limitativo dell'inoperatività dell'immunità diplomatica alla sola ipotesi di attività professionale o commerciale esercitata dall'agente, mentre, nella specie, quest'ultimo rivestiva la speculare qualità di utente di un servizio iure privatorum -, sì che il riferimento all'attività professionale o commerciale dell'agente diplomatico, avendo funzione soltanto esemplificativa, legittimava una interpretazione estensiva riferibile a tutti i casi in cui il diplomatico, per suoi interessi personali privi di qualsivoglia connessione con le sue funzioni ufficiali, non soltanto esercitasse attività professionali o commerciali, ma altresì se ne avvalesse come utente.
La sentenza della Corte territoriale è stata impugnata dal Papavassilopoulos con ricorso per Cassazione sorretto da 2 motivi di gravame.
Resiste con controricorso Vincenzo Barone.
Le parti hanno entrambe depositato tempestive memorie. IN DIRITTO
Il ricorso è