Cass. pen., sez. II, sentenza 31/03/2021, n. 12347

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 31/03/2021, n. 12347
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12347
Data del deposito : 31 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto nell'interesse di D'Isanto Luigi, n. a Pozzuoli (NA) il 31/07/1959, rappresentato ed assistito dall'avv. O A, di fiducia avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, quinta sezione penale, n. 8695/2012, in data 28/03/2019;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere A P;
letta la requisitoria scritta ex art. 23 dl. n. 137/2020 convertito in I. n. 176/2020 con la quale il Sostituto procuratore generale F B ha chiesto di dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;
preso atto che la difesa non ha chiesto la discussione orale né ha presentato repliche alla requisitoria del Sostituto procuratore generale.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 28/03/2019, la Corte di appello di Napoli, in riforma della pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di NapoliA 1 in data 01/04/2011 appellata dall'imputato Luigi D'Isanto, dichiarava non doversi procedere nei confronti dello stesso in relazione al reato di usura perché estinto per prescrizione e rideterminava la pena nella misura di anni tre di reclusione ed euro 500,00 di multa per il restante reato di tentata estorsione aggravata continuata.

2. Avverso la suindicata sentenza, nell'interesse di Luigi D'Isanto, viene proposto ricorso per cassazione per lamentare quanto segue. Primo motivo: violazione e falsa applicazione della legge penale nonché vizio di motivazione in riferimento all'art. 174 cod. pen. stante l'omessa applicazione dell'indulto ex art. 1 I. 31/07/2006, n. 241, pur in presenza di fatti di reato commessi in data 28/02/2005, ovvero entro il termine normativamente previsto del 02/05/2006. Secondo motivo: omessa e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla contestata aggravante di cui all'art. 628, comma 3 n.1 cod. pen. collegata all'art. 192, comma 2 cod. proc. pen., non essendo emerso alcun dato probatorio che potesse affermare l'esistenza dell'arma, ossia la veridicità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, B Vincenzo. Terzo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento agli artt. 2, 15 e 24 Cost., 266 cod. proc. pen., per inutilizzabilità della registrazione in quanto non prova atipica. La Corte territoriale ha ritenuto che l'attività captativa fosse avvenuta su iniziativa della persona offesa e non della polizia giudiziaria, con conseguente inapplicabilità della disciplina delle intercettazioni e, in primis, dell'autorizzazione del giudice. In realtà, la Corte territoriale non aveva tenuto conto del fatto che già prima del 28/02/2005 la persona offesa si era rivolta alla polizia giudiziaria denunciando gli eventi del 19 e del 24 febbraio precedenti;
gli inquirenti erano talmente consapevoli della vicenda che il 28/02/2005 avevano disposto un servizio di appostamento fuori l'abitazione del D'Isanto concordando con il B ciò che doveva fare: da qui ritenere che quest'ultimo avesse agito di propria iniziativa appare quantomeno dubbio tanto è vero che non appena questi usciva dall'abitazione dava contezza di quanto registrato ai militari che intervenivano nell'immediatezza procedendo all'arresto dell'imputato ed al sequestro della documentazione in atti. Da qui l'inutilizzabilità della registrazione della conversazione intervenuta tra il denunciante e l'imputato per violazione della disciplina delle intercettazioni, in mancanza di autorizzazione da parte dell'autorità giudiziaria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Manifestamente infondato è il primo motivo. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, il problema dell'applicazione dell'indulto può essere sollevato nel giudizio di legittimità soltanto nel caso in cui il giudice di merito lo abbia preso in esame e lo abbia risolto negativamente, escludendo che l'imputato abbia diritto al beneficio, e non, invece, allorquando - come nella fattispecie - abbia omesso di pronunciarsi, riservandone implicitamente l'applicazione al giudice dell'esecuzione: ne consegue che, allorché non risulta richiesta, nelle fasi di merito, l'applicazione dell'indulto, la questione non è deducibile in cassazione (Sez. U, n. 2333 del 03/02/1995, Aversa ed altri, Rv. 200262-01;
più recentemente, v. Sez. 2, n. 710 del 01/10/2013, dep. 2014, Forin, Rv. 258073-01;
Sez. 2, n. 11186 del 09/02/2016, Dama, Rv. 266353-01;
Sez. 2, n. 21977 del 28/04/2017, Brancher, Rv. 269800-01;
Sez. 3, n. 15201 del 15/11/2019, dep. 2020, P., Rv. 278778-01).

3. Aspecifico, evocativo di non consentite censure in fatto e comunque manifestamente infondato è il secondo motivo. Le risultanze istruttorie hanno consentito di acclarare come l'imputato, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, dopo aver più volte minacciato V B puntandogli contro una pistola simile a quella in dotazione alle Forze dell'Ordine e dicendogli in più occasioni "questa è la fine che farai se il giorno 28 (ndr., 28 febbraio 2005) non mi porterai i soldi" e "ti do tempo fino al 28 di questo mese, se non mi restituisci la somma di 26.000,00 euro sei un uomo morto perché io i soldi li ho comprati da quelli di Monteruscello, dove c'è gente spietata che non ti darà scampo, perché la tua vita per loro non vale i soldi che mi devi" ed aggiungendo ancora che, se il B non gli avesse consegnato la somma dovuta a titolo di interessi nella misura di 58.000,00 euro "lo avrebbe fatto uccidere e la stessa sorte sarebbe toccata ai suoi familiari"e facendo, inoltre, seguire e minacciare, anche con armi il B da altre persone e convocando, poi, più volte, a tal fine, il B presso la sua abitazione e percuotendo, infine, il predetto con uno schiaffo perché non gli aveva consegnato alcuna somma di denaro in occasione dell'ultima convocazione presso la sopraindicata abitazione, avesse compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere V B a consegnargli in data 28/02/2005 la somma di 58.000,00 euro a titolo di saldo di tutti i debiti contratti con il D'Isanto, non essendosi l'evento verificato per il suo avvenuto arresto da parte delle Forze dell'Ordine. Le dichiarazioni del B hanno consentito di ricostruire con dovizia di particolari le fasi essenziali del suo rapporto economico con il ricorrente. La Corte territoriale ha ritenuto infondata la doglianza difensiva relativa alla pretesa genericità del narrato della persona offesa, evidenziando altresì che le lacune nel racconto del B in ordine ai tempi ed alle modalità di restituzione dei prestiti (lacune assolutamente comprensibili tenuto conto del lungo periodo nel quale si è protratto il rapporto di usura) sono state colmate a seguito delle specifiche contestazioni del pubblico ministero. Scrivono i giudici di appello : "le dichiarazioni della vittima sono lineari e scevre da dubbi di illogicità o incoerenza espositiva. Tali dichiarazioni hanno altresì trovato pieno conforto probatorio nel contenuto del colloquio registrato dal B e nella documentazione rinvenuta dalla polizia giudiziaria presso l'abitazione del D'Isanto ...". Ed a fronte di simili molteplici evidenze di chiara ed univoca lettura probatoria, si pongono le tesi difensive ritenute intrinsecamente inverosimiglianti e, come tali, inidonee a contrastare le prime. In materia, il Collegio condivide la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui le regole dettate dall'art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di responsabilità, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che in tal caso deve essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello a cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone;
inoltre, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte ed altri, Rv. 253214-01). Dette conclusioni appaiono tanto più giustificate se, come nella fattispecie, la persona offesa non si sia costituita parte civile, dal momento che, in tal caso, il valore delle dichiarazioni rese non subisce alcuna attenuazione, essendo il proprio coinvolgimento nel fatto assai più sfumato e potendosi parificare detta posizione a quella di qualunque altro dichiarante non coinvolto nel fatto a ragione della totale assenza di interessi di carattere patrimoniale. Peraltro, quand'anche si volesse ritenere che anche la persona offesa non costituita parte civile debba soggiacere ad un controllo di attendibilità particolarmente penetrante, finalizzato ad escludere la manipolazione dei contenuti dichiarativi, è altrettanto vero che la giurisprudenza di legittimità, anche quando prende in considerazione la possibilità di valutare l'attendibilità estrinseca della testimonianza dell'offeso attraverso la individuazione di precisi riscontri, si esprime in termini di "opportunità" e non di "necessità", lasciando al giudice di merito un ampio margine di apprezzamento circa le modalità di controllo della attendibilità nel caso concreto (cfr., Sez. 1, n. 29372 del 24/06/2010, Stefanini, Rv. 248016-01;
Sez. 6, n. 33162 del 03/06/2004, Patella, Rv. 229755-01). In ogni caso, costituisce principio incontroverso nella giurisprudenza di legittimità l'affermazione secondo la quale la valutazione della attendibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 27322 del 14/04/2008, De Ritis e altri, Rv. 240524-01;
Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, Finazzo, Rv. 239342-01;
Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004, dep. 2005, Zamberlan, Rv. 230899-01;
Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 2004, Pacca, Rv. 227493-01;
Sez. 3, n. 22848 del 27/03/2003, Assenza, Rv. 225232-01).
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