Cass. civ., sez. II, sentenza 21/03/2022, n. 09133
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I per 11..3,02 SNTENZA sul ricorso 7582-2020 proposto da: DIOCESI DI ISCHIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 34, presso lo studio dell'avvocato D M, rappresentato e difeso dall'avvocato F T;- ricorrente -contro MORGERA CRISTOFORO E MORGERA DOMENICO, IN QUALITÀ DI EREDI DI MORGERA LEONARDO elettivamente domciliati in Roma Via Giovanni Antonelli, n. 49, presso lo studio dell'avv.to SRGIO CO che li rappresenta e difende;- controricorrenti - Ric. 2020 n.7582 sez. S2 - ud. 14/01/2022 ( l( W avverso la sentenza n. 6089/2019 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 16/12/2019;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/01/2022 dal Consigliere Dott. L V;udito il Procuratore Generale nella persona del dott. A P che ha concluso per il rigetto del ricorso;udito l'Avvocato SRGIO CO;FATTI DI CAUSA 1. Il Tribunale di Napoli in accoglimento delle domande proposte da L M nei confronti della diocesi di Ischia, dichiarava che la donazione effettuata da Domenico D'Abundo, mediante atto pubblico del 1962, in favore della convenuta di alcuni appezzamenti di terreno, tra cui il fondo rustico sito in Forio di Ischia, riportato al nuovo catasto terreni, foglio 41, particelle 64 e 494, non si era perfezionata, essendo mancata la notifica al donante dell'accettazione della liberalità. Di conseguenza il Tribunale dichiarava l'attore, in qualità di erede universale dello zio sacerdote Domenico D'Abundo, deceduto il 27 marzo 1967 (in virtù di testamento olografo depositato e pubblicato il 28 aprile 1967), titolare esclusivo del diritto di proprietà sul predetto fondo rustico, condannando la diocesi di Ischia al rilascio del fondo. 2. La Corte d'Appello di Napoli, in accoglimento dell'appello proposto dalla diocesi di Ischia, dichiarava prescritto il diritto di L M ad accettare l'eredità dello zio sacerdote Domenico D'Abundo. 3. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 5032 del 2013, accoglieva il ricorso proposto da L M, cassava la sentenza d'Appello e rinviava la causa alla Corte d'Appello di Napoli. 4. La sentenza di rinvio, nel ritenere fondata l'impugnazione, evidenziava che la Corte d'Appello pur avendo richiamato Ric. 2020 n.7582 sez. S2 - ud. 14/01/2022 correttamente il principio di diritto secondo cui l'accettazione tacita di eredità può essere desunta dal comportamento del chiamato che abbia posto in essere atti incompatibili con la volontà di rinunciare o concludenti e significativi della volontà di accettare, aveva, tuttavia, preternnesso la valutazione della documentazione versata in atti, al fine di apprezzare adeguatamente la sussistenza o meno di una tale volontà desumibile da comportamenti concludenti. In particolare, risultava omesso l'esame del fascicolo relativo alla vicenda giudiziaria attraverso la quale il ricorrente aveva indubbiamente compiuto atti di gestione del patrimonio del dante causa, di cui all'epoca era in possesso, come si evinceva dalla richiesta del signor Giuseppe D'Abundo di condanna del M al rilascio dei beni di cui Domenico D'Abundo aveva disposto in suo favore. Peraltro, a fronte delle conclusioni cui era pervenuto il giudice di primo grado, la motivazione della Corte d'Appello si limitava ad affermare che l'attore non aveva dimostrato, neanche attraverso la prova testimoniale, di avere il possesso del fondo, obliterando del tutto la circostanza che il medesimo atto istruttorio era stato posto dal primo giudice a fondamento della conclusione opposta. 5. La Corte d'Appello di Napoli, riassunto il giudizio, rigettava il gravame della diocesi di Ischia e confermava la sentenza del Tribunale di Napoli. In particolare, la Corte d'Appello precisava che il giudizio di rinvio aveva ad oggetto tutte le questioni che formavano oggetto del precedente grado di merito. Con riferimento al primo motivo di impugnazione della diocesi - sulla base del principio di diritto precisato nella sentenza dì rinvio, secondo il quale l'accettazione tacita di eredità può essere desunta dal comportamento del chiamato che abbia posto in essere atti incompatibili con la volontà di rinunciare o concludenti e significativi della volontà di accettare - Ric. 2020 n.7582 sez. 52 - ud. 14/01/2022 rilevava come dalla complessiva valutazione delle risultanze istruttorie emergesse l'infondatezza dell'eccezione di prescrizione del diritto di accettare l'eredità, avendo L M tacitamente e tempestivamente accettato l'eredità dello zio che lo aveva nominato erede universale mediante il compimento di atti evidentemente incompatibili con la volontà di rinunciare. Egli, infatti, aveva resistito alla pretesa azionata nei suoi confronti da Giuseppe D'Abundo, con atto del dicembre 1967 volto ad ottenere la condanna al rilascio dei beni che egli possedeva. L M, nel difendersi in giudizio, aveva ribadito di possedere tali beni in virtù di testamento pubblico del 27 aprile 1967 di Don Domenico D'Abundo che li aveva anche usucapiti, riunendo il proprio possesso a quello del dante causa. Allo stesso modo nella comparsa conclusiva di tale giudizio ribadiva la sua qualità di erede. Non poteva condividersi, invece, la prospettazione della diocesi secondo cui il M aveva accettato altri beni diversi da quelli oggetto della causa, in quanto l'accettazione dell'eredità non può essere limitata a singoli beni o rapporti ma riguarda il complessivo asse ereditario. Quanto alla dedotta usucapione da parte della diocesi, la stessa non risultava provata. Secondo l'appellante l'usucapione sarebbe maturata a far data dall'accettazione della donazione, pur inidonea a produrre l'effetto traslativo in difetto di notificazione al donante, per effetto del possesso esclusivo protrattosi per più di 20 anni. Il possesso sarebbe stato esercitato non direttamente, ma mediante alcuni detentori che godevano del bene in virtù di concessione della Diocesi. Secondo la Corte d'Appello, in applicazione dei principi giurisprudenziali sull'usucapione, e come univocamente risultante dalle testimonianze e dalle risultanze documentali, la diocesi non era Ric. 2020 n.7582 sez. S2 - ud. 14/01/2022 mai stata in possesso del bene, del quale non aveva mai acquisito la materiale e concreta disponibilità, essendo stato sempre occupato dai medesimi detentori che già lo occupavano prima della morte di don Domenico d'Abundo. Del pari era infondato anche il secondo motivo di impugnazione con il quale la diocesi di Ischia aveva denunciato la violazione dell'articolo 112 c.p.c. perché il giudice aveva accolto la domanda dell'attore solo sotto il profilo della mancata notifica dell'accettazione. Già nell'atto di citazione, infatti, l'attore aveva dedotto il mancato perfezionamento della fattispecie acquisitiva, non essendosi mai perfezionata l'accettazione e nella memoria di precisazione aveva precisato che la donazione non si era perfezionata ed era improduttiva di effetti giuridici, perché l'atto di accettazione avrebbe dovuto essere notificato al donante a pena di invalidità. Tale deduzione effettuata con la memoria di precisazione ai sensi dell'articolo 183, quinto comma, c.p.c. era senz'altro consentita in quanto inidonea ad alterare il thema decidendum. Anche il quarto motivo di appello sulla compensazione delle spese di lite era infondato, in quanto attività rientrante nel potere discrezionale del giudice del merito che non doveva dare ragione del mancato esercizio di tale facoltà.
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