Cass. civ., SS.UU., sentenza 10/06/2004, n. 11024

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 10/06/2004, n. 11024
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11024
Data del deposito : 10 giugno 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. G V - Primo Presidente f.f. -
Dott. G A - Presidente di sezione -
Dott. P E - rel. Consigliere -
Dott. E A - Consigliere -
Dott. N G - Consigliere -
Dott. V M - Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. L M G - Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:


LICA ITALIANA
NONfil DEL POPOLOTIALLkNO Oggetto:
Procedimento
A CORTO SUPREMA DI-CASSAZIONE disciplinare:
SEZI
composta dai Macistrat 1 11 24 agistrato
Dott. V GI Primo Presidente f f. R.G.N.29527/2003 Dott.A G Presidente di Sezione
Dott. E P Consigliere relatore Cron.
Dott. A ETE Consigliere "P'
Dott. G NNO Consigliere Ud. 11.3.2004 Dott. M VNE Consigliere
Dott. F M CRI Consigliere
Dott. M G LI Consigliere
Dott. G GI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29527 R.G.2003, proposto
C.P. I, rappresentato e difeso, giusta procura
in alce al ricorso, dal prof. avv. Giovanni GIACOBBE, At • domiciliatario in Roma al Lungotevere Mellin 24;



- ricorrente -


contro
PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato per la carica presso tcs
l'Avvocatura Generale dello Stato in Roma, alla via dei Portoghesi 12;



- intimati -


per la cassazione della sentenza della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura in data 11 luglio 2003, depositata col n. 77 il 10 ottobre 2003. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell'Il marzo 2004 dal Cons. Papa;

Udito l'avv. Giacobbe, per il ricorrente;

Udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. Raffaele Palmieri, che ha concluso per l'accoglimento del secondo e del quinto motivo, per guanto di ragione, con rinvio alla Sezione disciplinare, assorbito il sesto motivo, e per il riqetto nel resto.
Svolgimento del processo
- Sullo scorcio del 1999 la San Marino S.a.s. - poi
trasformata in San Marino S.r.l. - acquisto l'azienda denominata "Tenuta agricola dell'Uccellina", sviluppantesi per circa 400 ha nel territorio di Magliano in Toscana (Grosseto), per destinarla ad attività agrituristica, avendo conseguito per la relativa realizzazione apposite concessioni ed autorizzazioni ajlTiministrative.
Eseguiti i lavori, la Polizia locale dipendente dal
parco (cd. Guardia del parco) con più apporti segnalò alla Procura della Repubblica di Grosseto varie irregolarità nell'esecuzione dei lavori, onde presso quell'ufficio fu
aperto il procedimento n. 2145/2000, assegnato
P.C. Le indagini vennero dirette ad
accertare se la proprietà dell'azienda avesse inteso avviare un'attività alberghiera non autorizzata e se i lavori e lo smaltimento dei rifiuti (residuo dell'esecuzione delle opere edilizie) fossero avvenuti secondo le autorizzazioni. In questa direttiva, furono indagati Veronica Silvina D, legale rappresentante della Società, Fabio P, preposto alla direzione dell'azienda, Luca M, direttore dei lavori, Angelo F, esecutore degli stessi, in ordine ai reati di esecuzione d'opere di urbanizzazione abusiva e di distruzione e deturpamento di bellezze naturali, per avere, tutti, proceduto ad ampliairento di un sentiero interno della tenuta, con danneggiamento di piante appartenenti a specie protette, e per avere, i primi tre, realizzato abusivamente due 'discenderie' a mare lunghe, rispettivamente, m. 17 e m. 70, a circa mille metri 'una dall'altra.
Su conforme richiesta del P.M., il G.i.p. presso il
Tribunale di Grosseto, dott. I A.M. I, dispose (il
13 settembre 2000) il sequestro preventivo dell'azienda, decreto parzialmente revocato dal Tribunale del riesame con ordinanza del 2 ottobre 2000, annullata senza rinvio dalla Corte di cassazione, che mantenne fermo il sequestro sulle 'discenderle' e sul sentiero oggetto di allargamento (sentenza del 21 febbraio 2001). All'esito delle indagini, era disposto (decreto del 25 marzo 2001, con fissazione dell'udienza per il 28 giugno successivo) il rinvio a giudizio degli indagati per i reati indicati, nonché della D, del M, del F e di L L, per realizzazione di opere non autorizzate;

della D e del F, per abusivo smaltimento di rifiuti;

della D, del L e del P, per induzione in errore di pubblico ufficiale per la commissione di falsità ideologica. Seguivano, nei confronti del dotti C. l, varie
iniziative;
ai tini che qui rilevano, esse possono essere riportate come segue.
3,c( 2.1.- Con esposto del 17 maggio 2001, presentato al Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassa one - ed inviato anche al Ministro della Giustizia ed al
Consiglio Superiore della Magistratura -, la D ed il F, nonché N R e L I, custodi dei beni a sottoposti a sequestro, denunziavano una serie di fatti, attraverso i quali il magistrato aveva assunto nei loro confronti atteggiamenti ritenuti persecuto
a) per aver chiesto - ed, in effetti, conseguito - il
sequestro della intera tenuta, anche se solo limitate e ben individuate apparissero le zone di terreno interessate dagli abusi contestati;

b) per aver tenuto comportamenti non corretti nel
confronti del F, dell'I e del R, al fine di acquisirne informazioni circa l'abusivo interramento dei residui dei lavori edilizi, ed aver disposto, nei confronti della D, trivellazioni in una zona del comprensorio, sulla scorta di una imprecisata 'fonte confidenziale', ancorché lo smaltimento dei residui degli scavi risultasse documentalmente provato;

c) per avere, con provvedimento abnorme del 20 settembre 2000, autorizzato la divulgazione e la pubblicazione degli atti inerenti al sequestro, in violazione dell'art. 114, coma 2, c.p.p.;

d) per avere svolto attività di indagine non rilevante e non pertinente, sia col disporre indagini bancarie nei
confronti del Petreni e di sia con l'acquisire
presso un notaio documenti riguardanti lo stesso P e la D;

e) per avere ordinato irrituali perquisizioni non solo di locali della tenuta, ma dello stesso F e di un
veicolo appartenente a terzi;

f) per non avere ammesso l'interrogatorio del P, in violazione dell'art. 415 bis, coma 3, c.p.p.
2.2,- Con atto notificato - anche ai due magistrati -
il 2 maggio 2001, la D ed il P avevano frattanto convenuto davanti al Tribunale di Genova lo Stato italiano, per conseguirne il risarcimento dei danni che assumevano
derivati dai comportamenti dei tott.ri C. M.
Con n a del 13 settembre 2000, il tribunale, dichiarata ammissibile la domanda ente ai danni cagionati dal
sequestro, disponeva la trasmissione di copia degli atti ai ari dell'azione disciplinare.
2.3.- Nelle more di tale giudizio, il Procuratore della Repubblica di Grosseto, con nota del 3 luglio 2001, inviata al Procuratore generale della Cassazione, a quello del Distretto, al Ministro della Giustizia ed al Vice Presidente del C.S.M., esponeva che il dott. C. , con riferimento al menzionato procedimento 2145/00, gli aveva rivolto gravi accuse, quali l'averlo fatto pedinare dallo Polizia, agendo in accordo col difensore degli indagati, al fine di
sottrargli il procedimento stesso. Rappresentava di non avere, frattanto, revocato l'assegnazione del processo, per non derogare ai criteri automatici di individuazione del p.m. di udienza, essendosi limitato a fare affiancare il dott. C. da altro sostituto;
e che aveva proceduto
alla revoca solo a seguito dell'ordinanza del Tribunale di Genova, che aveva dichiarato ammissibile il giudizio di responsabilità.
3.- Da quanto esposto scaturivano più procedimenti
disciplinari a carico del dott. C. , ed uno a carico del dott. M. All'esito delle indagini istruttorie, con
relative acquisizioni, anche documentali, e memorie degli
incolpati, previa parziale declaratoria di non farsi luogo a dibattimento, la Sezione disciplinare ha proceduto nei confronti di entrambi i magistrati.
il
3.1.- Con la sentenza indicata in epigrafe, la Sezione medesima ha mandato assolto il dott. M. , per essere
esclusi gli addebiti, dall'unica incolpazione di avere ci p equestro preventivo sopra indicato in violazione dell'art. 321 c.p.p. - "trascurando per superficialità e negligenza di controllare le argomentazioni incoriferenti, generiche e non veritiere del P.M. richiedente, e motivando in odo apodittico e pretestuoso il provvedimento" -, ed il relativo capo rimane estraneo alla presente indagine. i. 3.2.- Con la stessa sentenza invece, nei procedimenti riuniti n. 86/2002 e n. 39/2003, ha affermato la
responsabilità del dott. C. per le incolpazioni a lui ascritte sub 2), 3), 5), 7), 8) del primo procedimento e sub 1) del secondo, infliggendogli la sanzione disciplinare della perdita di anzianità per mesi sei, oltre la sanzione accessoria del trasferimento d'ufficio.
A queste restando limitata l'indagine, se ne riportano 'ft gli estrema, da rapportare tutti alla violazione dell'art. 18 R.D.L. n. 511 del 1946, per avere, il dott. C.
gravemente mancato ai propri doveri, rendendosi inimeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere il magistrato, violazione ulterioluente precisata, nel primo procedimento, attraverso l'addebito di "avere inescusabilmente
trascurato l'osservanza delle norme del codice di procedura penale, nonché il dovere di esercitare le funzioni con lealtà verso tutti i cittadini e senza provocare pregiudizi non necessari"
L'affermata responsabilità disciplinare è collegata, pertanto, agli addebiti seguenti:
"l) ha avuto colloqui telefonici e diretti con F Angelo, imputato in concorso con il P, nel corso dei quali, con linguaggio minaccioso ed in ogni caso allusivo a pregiudizi futuri ed illeciti, ricorrendo anche a
perquisizioni vessatorie, ha chiesto al F delazioni in danno di P Fabio in cambio di trattamenti di favore (proc. 86/0 2, n. 2);

2) ha tenuto identico contegno di illecita pressione in danno di I Lorenzo Nicola e R Nicola, per ottenere informazioni pregiudizievoli per P Fabio (proc. 86102, n. 3);

3) ha pronunziato il decreto, del 20.9.2000, con il quale autorizzava, in contrasto con i più elementari princ Pi z a e con le norme di procedura penale ed in
violazione del dovere di riserbo, il Nucleo di Polizia Tributaria della G. di F. di Grosseto a diffondere comunicati stampa a mezzo organi di informazione nazionali e regionali, con corredo di fotografie ed esplicazioni illustrative, relativi alle 'operazioni investigative' (perquisizione e sequestro) presso la tenuta dell'Uccellina (proc. 86/02, n. 5);

4) ha rifiutato, in violazione di quanto disposto
dall'art. 415 bis III c.p.p., di procedere all'interrogatorio di P Fabio, che ne aveva tatto esplicita richiesta. Provvedimento del 27.2.2001 (proc. 86/02, n. 7);

5) ha rivolto al Procuratore della Repubblica di
Grosseto dott. T S, con modi intollerabili accuse ingiuste di collusione con gli indagati e di eccesso di potere, accuse costituenti ingiurie gravi. Rapporto del 3.7.2001 (proc. 86/02, n. 8);

6) per aver omesso di astenersi, nel proc. 2145/2000
R.G.N.R. celebrato presso il Tribunale penale monocratico di Grosseto - Sezione distaccata di Orbetello -, a norma dell'art. 52 I c.p.p., sebbene sottoposto ad azione disciplinare per avere inescusabilmente trascurato l'osservanza delle norme del codice di procedura penale, nonché il dovere di esercitare le funzioni giudiziarie con lealtà verso tutti cittadini e senza provocare pregiudizi non necessari (fase. n. 4/02 54A) e ad azione disciplinare per essere stata ritenuta dal Tribunale civile di Genova ammissibile verso di lui l'azione di risarcimento promossa da D S lvina Veronica, imputata nel procedimento penale, [per] danni conseguenti ad abusi da lui commessi nel corso delle indagini preliminari (fasc. n. 4/02 S4A): azione poi sfociata in un giudizio tuttora pendente nei confronti di lui;
e sebbene denunziato da P Fabio, imputato nel procedimento predetto, per molteplici reati al modo trascurando il dovere di agire esclusivamente per il perseguimento dei fini istituzionali che gli assegna l'ordinamento,
tendendo ad obiettivi e scopi personali, dato il
rilevante interesse di lui alla conclusione infausta per gli imputati del giudizio penale, interesse vistosamente contrario allo o dovere di imparzialità (proc. 39/03, n. 1)". 3.3.- L'affermazione p n abil à riposa, di volta
in volta, sui rilievi appresso riassunti.
a) In ordine agli addebiti riportati ai nn. l) e 2)
é
- congiuntamente esaminati al par. 4) della sentenza -, sulla premessa della intervenuta verifica dei fatti addebitati, la Sezione disciplinare ha ravvisato a violazione del dovere di legalità, imposto anche al P,M., nell'avere il magistrato avvicinato in via informale l'indagato, proponendogli ati favori processuali o l'interessamento presso la polizia per sue personali vicende, ovvero nell'aver prospettato agli ausiliari l'uso improprio della cosa sequestrata in premio di rivelazioni utili alle indagini. b) Quanto all'addebito sub 3), esclusa, in ordine al
provvedimento di autorizzazione alla divulgazione delle risultanze dell'inchiesta in corso, la violazione del generale obbligo di riserbo, ha ritenuto (par. 3) inosservata la
disposizione dell'art. 6, corra 1, del codice deontologico, secondo cui "nei contatti con la stampa e con gli altri -te
mezzi di comunicazione il magistrato non sollecita la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio".
e) Ha altresì affermato la responsabilità disciplinare del magistrato del P.M. nella reiezione della richiesta di interrogatorio dell'indagato (n. 4 che precede;
pan 7 della sentenza), col ritenere la motivazione del rigetto rivelatrice del "deliberato proposito di violare la norma processuale" dell'art. 415 bis, anche in relazione al 416 c.p.p. d) Non ha dubitato della veridicità delle accuse,
ingiustamente e con modi intollerabili mosse al Procuratore della Repubblica dott. S (n. 5;
sent., par. 8). e) Per guanto riguarda, infine, la mancata astensione dal processo penale a carico della D e degli altri - n. 6 che precede -, l'affermazione di responsabilità riposa sul rilievo che il magistrato avrebbe offuscato la propria "immagine di soggetto terzo ed imparziale nell'ambito della trattazione del processo" (sentenza, par. 9).
4.- Per la cassazione ricorre il C. , con sei
mezzi, cui non resiste il Ministero della Giustizia. All'esito della discussione, la difesa del ricorrente ha depositato brevi osservazioni scritte sulle conclusioni del P.M. Mbtivi della decisione
Con sei motivi, il ricorrente muove alla sentenza
e della Sezione disciplinare del C.S.M. altrettante complesse censure.
5.1.- Denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 18 R.D.L. 31 maggio 1946 n. 511, 114 e 329 c.p.p., con coordinato vizio di motivazione, rileva in primo luogo, il ricorrente, come, una volta escluso nella stessa sentenza un qualche contrasto del decreto - di "autorizzazione" alla divulgazione delle risultanze dell'inchiesta in corso - con le norme del codice di procedura penale (in particolare, con gli artt. 114 e 329), la conseguente condanna risulti per o stesso in violazione di norme di dir o p.
13). Aggiunge che la sentenza sarebbe comunque affetta dal vizio di motivazione, sia per non avere considerato la finalità del magistrato di giungere, per tale via, alla acquisizione di dati ulteriormente utili alle indagini (circa l'interramento di rifiuti speciali all'interno della vasta tenuta), sia per non avere, in relazione a tanto, approfondito l'analisi in ordine all'elemento psicologico, limitandosi ad affermare la responsabilità disciplinare "sotto il profilo, peraltro neppure chiaramente
individuabile, della violazione della deontologia professionale" vi, p. 15 seg.).5.2.- Col secondo mezzo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del'art. 18 R.D.L. 511/1946 in relazione all'art. 477 c.p.p. del 1930, con concorrente vizio di motivazione. La censura riguarda le combinate incolpazioni di avere, il magistrato, avuto colloqui telefonici e diretti col Eusini, l'Isisdori ed il R, per sollecitarne, con linguaggio minaccioso ed alludendo a pregiudizi futuri ed illeciti, delazioni in danno del P in cambio di trattamenti di favore. Essa attiene, sotto un primo profilo, alla non corrispondenza tra fatto contestato e fatto deciso, sia in relazione alla effettiva cronologia degli accadimenti esposti - con espresso e puntuale richiamo alle circostanze effettivamente emergenti dagli atti - sia in relazione alla individuazione dei protagonisti - in particolare rilevando la mancata assunzione della veste di indagato da parte del ordine al reato di abusivo interramento di
rifiuti Ed involge, sotto un secondo profilo, la mancata verifica di attendibilità delle accuse, provenienti da soggetti processuali, affermandone la veridicità in assenza di ogni riscontro ed, anzi, in contrasto con le risultanze del procedimento penale e ravvisando addirittura nelle negazioni dell'incolpato "implicite ~i ioni" dei fatti stessi.
5.3.- Espone, col terzo motivo, censure di violazione e falsa applicazione dell'art. 415 bis c.p.p. e vizio di motivazione. In ordine alla incolpazione riguardante il
provvedimento di diniego d'interrogatorio del P, che ne aveva fatto esplicita richiesta, il ricorrente si duole che la sentenza, dopo aver distinto tra inesattezza tecnico- giuridica del provvedimento adottato (di per sé non rilevante sul piano disciplinare) e circostanze di fatto che ne abbiano determinato l'erroneità, senza considerare l'inscindibile rapporto che le unisce, abbia poi ravvisato, nel contegno dell'incolpato, addirittura il proposito di violare la norma processuale, senza considerare la ratio sottesa alla innovazione processuale, introdotta nel 1999 ed ancora materia di dibattito nel corso del 2001 - riportando, al riguardo, spunti dottrinari ed applicativi -.
5.4.- Deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 18 R.D.L. 511/1946 e concorrente vizio di motivazione, col quarto mezzo il ricorrente critica l'affermazione della responsabilità disciplinare in ordine alla incolpazione di aver rivolto con modi intollerabili al Procuratore della Repubblica accuse, costituenti ingiurie gravi, di collusione con gli indagati e di eccesso di potere. Sostiene la
irrilevanza del provvedimento dì archiviazione, intervenuto al riguardo, perché sorretto dalla mancanza di querela;
e, richiamandoalcune contraddizioni da parte del denunziante, rilevaa mancanza di verifica dell'attendibilità dell'accusa, non mancando di sottolineare l'irrilevanza di alcuni degli elementi di riscontro impiegati.
5.5.- Col quinto mezzo il ricorrente si duole della
violazione e falsa applicazione dell'art. 18 R.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi