Cass. pen., sez. VI, sentenza 01/02/2022, n. 03681
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la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da L N, nato a Sinopoli il 10/06/1975 S S, nato a Bagnara Calabra il 23/02/1959 avverso l'ordinanza del 10/06/2021 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;udita la relazione svolta dal Consigliere R A;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale S P, che ha concluso per il rigetto del ricorso;udito l'avv. L C, difensore di N L, anche in qualità di sostituto dell'avv. A M A, che si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l'accoglimento;udito l'avv. C C, difensore di S S, che insiste nei motivi di ricorso chiedendone l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. Con il provvedimento indicato in epigrafe, il Tribunale per il riesame di Reggio Calabria, decidendo in sede di rinvio dopo l'annullamento disposto dalla Corte di Cassazione, ha confermato l'ordinanza emessa in data 21 settembre 2020 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale è stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere a L N e quella degli arresti domiciliari a S S per il reato di cui agli artt. 110, 512-bis, 416- bis.1 cod. pen., perché in concorso tra loro e con L D mantenevano fittiziamente la titolarità del ristorante "La Taverna del Pirata", ubicato in Bagnara, in capo alla società S Rocco e Enza S.n.c. che era però fino a quel momento gestita da S S, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali e per agevolare la commissione di delitti di riciclaggio e autoriciclaggio, poiché erano L N e L D i reali ed unici proprietari dello stesso, con l'aggravante di avere agevolato la cosca "Alvaro" di Sinopoli (in data 15 marzo 2019, giorno della stipula della scrittura privata con consegna anticipata del prezzo di vendita). 2. La Corte di Cassazione con sentenza emessa in data 4 maggio 2021 annullava con rinvio l'ordinanza del Tribunale del riesame di Reggio Calabria che aveva confermato l'ordinanza cautelare emessa dal Giudice delle indagini preliminari nei confronti dei predetti ricorrenti, per la carenza di accertamento degli elementi strutturali del reato contestato, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, poiché non erano state chiarite le ragioni che avevano determinato L e S a concludere il rogito notarile successivamente alla stipula della scrittura privata, nonostante che le autorizzazioni necessarie per la riapertura del ristorante non fossero state rilasciate, sebbene previste come condizione contrattuale per il perfezionamento della vendita del ristorante, e sebbene il S fosse risultato impegnato in altra attività commerciale analoga ed il L, si sostiene, avesse deciso di abbandonare l'affare. Il Tribunale del riesame, con l'ordinanza qui impugnata, ha confermato la sussistenza della gravità indiziaria ripercorrendo la ricostruzione della vicenda alla base della imputazione del reato di intestazione fittizia di beni, ribadendo che anche dopo la stipula del rogito con cui il ristorante veniva acquistato a proprio nome da L D, la dissimulazione dell'intestazione permaneva per L N, la cui partecipazione all'affare restava occulta, pur avendo contribuito al pagamento di parte del prezzo di vendita, versato al venditore per l'importo di 42.500,00. La tesi difensiva del successivo abbandono dell'affare da parte del L, non sarebbe comprovata da alcun elemento obiettivo con riguardo alle modalità con cui sarebbero state regolate le restituzioni delle somme già versate dal L. Si ribadiva, inoltre, che la scrittura privata del 14 marzo 2019 aveva prodotto effetti traslativi immediati, essendo stata solo risolutivannente condizionata al mancato conseguimento delle necessarie autorizzazioni amministrative per l'agibilità del ristorante che era chiuso dal 2018, e che oltre alla dissimulazione della cointestazione al L, già condannato per il delitto di cui all'art. 416-bis cod. pen. e quindi come tale esposto all'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali, ulteriore profilo di simulazione fittizia era ravvisabile nell'occultamento temporaneo dell'effetto traslativo nel periodo compreso tra la sottoscrizione della scrittura privata e la stipula del definitivo. In ordine alle ragioni per le quali il L avesse deciso di intestare il ristorante a sé medesimo anzichè alla società del figlio (la LD Immobiliare di cui era amministratore L Diego, figlio di L D), come emerso nella fase della scruttura preliminare, poteva spiegarsi per effetto della intervenuta assoluzione in grado di appello medio tempore intervenuta nei confronti del predetto L nel processo "Xenopolis", ed in ogni caso detto mutamento essendo sopravvenuto rispetto alla consumazione del reato doveva ritenersi irrilevante, essendo il reato di cui all'art. 512-bis cod. pen. reato istantaneo ad effetti permanenti, che doveva ritenersi integrato anche dalla simulazione dei soggetti intestatari del ristorante durante il periodo decorso tra la sottoscrizione della scrittura privata in data 15 marzo 2019, da ritenersi a effetto traslativo immediato, e la stipula del definitivo in data 18 novembre 2019, con il quale veniva di fatto ratificata la vendita del ristorante da parte del S e l'acquisto da parte dei due "ndranghetisti" L e L, da ritenersi operazione finalizzata all'affermazione del potere della Cosca Alvaro tramite l'infiltrazione nell'economia legale del territorio. 3. Tramite il proprio difensore di fiducia, S S ha proposto ricorso chiedendo l'annullamento del provvedimento ed articolando i motivi di seguito indicati. 3.1. Con il primo motivo deduce vizio della motivazione per illogicità con riferimento alla dimostrazione degli elementi, oggettivo e soggettivo, integrativi del reato di trasferimento fraudolento di valori, in quanto le risultanze probatorie (le intercettazioni telefoniche) dimostrano che la stipula del definitivo è stata preceduta dalla stipula di un preliminare in attesa del perfezionamento delle condizioni cui era stato sopposto il trasferimento del ristorante. Solo quando la parte acquirente ha avuto rassicurazioni sulla fattibilità dell'intervento in sanatoria ha deciso di procedere al pagamento residuo della parte del prezzo dovuta al venditore per dare seguito alla ristrutturazione del locale. L'intento simulatorio è contraddetto sia dalla natura soltanto obbligatoria degli effetti conseguenti alla stipula del preliminare, sia dalle modalità complessive dell'operazione realizzata dal L con l'impiego di somme tracciabili, avendo pagato con assegni bancari e bonifici ed avendo da sempre reso palese il suo interesse all'acquisto del ristorante, la cui intestazione a proprio nome con la stipula del rogito definitivo oltre a contraddire la finalità elusiva rappresenta la fisiologica evoluzione dell'affare, considerato che il ristorante è sempre rimasto chiuso e non ha mai prodotto redditi durante la fase precedente alla stipula del rogito. Mentre incoerenti sono anche le argomentazioni contrarie del Tribunale sulle ragioni della intestazione palese in sede di rogito che sarebbero state illogicamente ricondotte alla conferma dell'assoluzione in grado di appello, laddove solo il passaggio in giudicato dell'esito assolutorio avrebbe potuto giustificare tale cambiamento di programma, ove lo scopo della stipula del preliminare fosse stato effettivamente quello di eludere le misure di prevenzione patrimoniale previste dalla normativa antimafia.
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