Cass. civ., sez. V trib., sentenza 24/08/2004, n. 16739

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 24/08/2004, n. 16739
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16739
Data del deposito : 24 agosto 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. F U - Presidente -
Dott. D'

ALONZO

Michele - rel. Consigliere -
Dott. F N - Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. M E - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO dell'ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12 presso l'Avvocatura Generale dello Stato che lo difende ope legis;



- ricorrente -


contro
la s.r.l. F.lli

TANZINI

Autotrasporti Express, con sede in Firenze alla Via Posta nn. 26-27 (Osmannoro), in persona del legale rappresentante pro tempore P T, elettivamente domiciliata in Roma alla Via Cosseria n. 5 presso lo studio dell'avv. L T che la rappresenta e difende, anche in via disgiunta, insieme con l'A S (del Foro di Firenze) in forza della procura speciale apposta in margine al controricorso;



- controricorrente -


nonché sul controricorso (iscritto al n. 11789/99 di R.G.) proposto da:
s.r.l. F.lli

TANZINI

Autotrasporti Express, come rappresentata e difesa;

contro
il Ministero predetto;

entrambi avverso la sentenza n. 574/98 depositata il 4 maggio 1998 dalla Corte di Appello di Firenze. Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 28 novembre 2003 dal Cons. Dr. Michele D' ALONZO;

lette le requisitorie depositate dal P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr.

DESTRO

Carlo, nelle quali si chiede di accogliere il primo motivo del ricorso principale e di rigettare il secondo motivo dello stesso nonché il ricorso incidentale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato alla s.r.l. F.lli

TANZINI

Autotrasporti Express il 29 aprile 1999 (depositato il 19 maggio 1999) il Ministero della Finanze, con vittoria di spese, in forza di due, di cui il primo complesso, motivi chiedeva di cassare la sentenza n. 574/98, depositata il 4 maggio 1998, con la quale la Corte di Appello di Firenze aveva rigettato i gravami proposti dall'Amministrazione Finanziaria dello Stato e dalla società suddetta avverso la decisione (n. 2653/96 depositata il 6 settembre 1996) del Tribunale di Firenze di rigetto dell'opposizione, presentata dalla medesima Amministrazione, contro il decreto mediante il quale era stato ingiunto ad essa di pagare alla predetta società la somma di L. 19.500.000 (oltre gli interessi legali) a titolo di "restituzione di quanto pagato dal 1986 al 1992 per tassa annuale concessione governativa ex DL 953/85, conv. in L. n. 17/86" per "contrasto dell'art. 10 direttiva CEE n, 335 del 11.1.1969, come interpretata dalla Corte di Giustizia della Comunità colla sua sentenza 2.2.1988". Nel controricorso notificato il 4 giugno 1999 (depositato il 21 giugno 1999) la società intimata chiedeva, con la refusione delle spese processuali, di respingere il ricorso avverso e di accogliere il ricorso incidentale che spiegava "in punto di interessi moratori". MOTIVI DELLA DECISIONE


1. In via preliminare, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., deve disporsi la riunione del ricorso incidentale (iscritto al n. 11789/99 di R.G.) spiegato dalla contribuente a quello (iscritto al n. 9231/99 di R.G.) anteriormente proposto dal Ministero perché diretti entrambi avverso la medesima sentenza.


2. Con la sentenza gravata la Corte di Appello di Firenze ha respinto l'appello proposto dall'Amministrazione Finanziaria dello Stato ritenendo di "dover disattendere" il principio - affermato da questa Corte con la sentenza 12 aprile 1996 n. 3458 delle sezioni unite - circa l'applicabilità alla specie della "decadenza" (prevista dall'art. 13, secondo comma, DPR n. 641/1972) "del diritto di chiedere il rimborso delle tasse illegittimamente pretese dopo il triennio dal loro pagamento", perché non corretto per quanto riguarda il diritto comunitario "come interpretato dalla Corte di Giustizia", assumendo che la "sentenza 25.7, 1991 (Emmott e. Irlanda, in causa 208/90)" del giudice comunitario porta alla "soluzione opposta" in quanto - avendo lo stesso affermato (2) che "gli stati membri sono tenuti ad assicurare effettivamente la piena applicazione della direttiva in modo sufficientemente chiaro e preciso affinché, nel caso in cui la direttiva miri ad attribuire dei diritti ai singoli, questi siano in grado di conoscere per intero i loro diritti ed eventualmente valersene dinanzi ai giudici nazionali", (2) che "solo la corretta trasposizione della direttiva porrà fine a tale stato di incertezza e solo al momento di tale trasposizione si è creata la certezza giuridica necessaria per pretendere dai singoli che essi facciano valere i loro diritti" e (3) che "fino al momento della trasposizione corretta della direttiva lo Stato membro inadempiente non può eccepire la tardività di una azione giudiziaria avviata nei suoi confronti da un singolo al fine della tutela dei diritti che ad esso riconoscono le disposizioni della direttiva" per cui "un termine di ricorso di diritto nazionale può cominciare a decorrere solo da tale momento" - "solo con il DL 30.8.1993, convertito in legge 29.10.1993 n. 427" il legislatore nazionale "ha provveduto alla abolizione della illegittima tassa annuale sulle società, ma non anche per gli anni decorsi". La corte fiorentina, poi, ha respinto l'appello incidentale spiegato dalla contribuente allo specifico fine, che interessa il ricorso incidentale per Cassazione proposto dalla stessa, di ottenere che gli interessi sulle somme da restituire decorressero "dalle date dei singoli versamenti stante la malafede dell'A.F. posto che la tassa era stata introdotta in contrasto con una direttiva comunitaria" osservando che "se è vero che la tassa è stata introdotta nel nostro ordinamento quando già esisteva la direttiva comunitaria contraria, è altrettanto vero che la vigenza di una norma dell'ordinamento interno che prevedeva il tributo ha indubbiamente determinato una situazione d' incertezza e di disorientamento per l'Amministrazione incompatibile con l'ipotesi di mala fede vera e propria" per cui "ex art. 2033 c.c. si deve presumere la buona fede con le previste conseguenze in punto di decorrenza degli accessori" dalla data di proposizione della domanda giudiziale, come affermato dal giudice di primo grado.


3. Con il primo motivo di gravame il Ministero lamenta, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., "violazione e falsa applicazione dell'art. 13 del DPR 641/72" adducendo che:
1) la posizione assunta dal giudice di appello nella sentenza impugnata è "obliterata" dalle tre decisioni nn. 231, 260 e 279 emesse il 15 settembre 1998 dalla Corte di Giustizia, secondo le quali il diritto comunitario non vieta ad uno Stato membro di opporre alle azioni di ripetizione di tributi riscossi in violazione del diritto comunitario un termine nazionale di decadenza triennale che (a) deroghi "ai regime ordinario dell'azione di ripetizione dell'indebito tra privati, assoggettata a un termine più favorevole, purché il detto termine di decadenza si applichi allo stesso modo alle azioni di ripetizione di tali tributi fondate sul diritto comunitario e a quelle fondate sul diritto interno" e (b) decorra "dalla data del pagamento dei tributi di cui trattasi, anche se, a tale data, la direttiva non era stata ancora correttamente attuata nell'ordinamento nazionale";

2) "l'ordinamento italiano non disconosce...il diritto del contribuente a ricevere in restituzione quanto indebitamente pagato per il periodo antecedente la soppressione della tassa in questione, ma si limita a disciplinare l'esercizio sottoponendolo all'onere di presentazione dell'istanza di rimborso entro tre anni dal versamento, indipendentemente dalla causa determinativa dell'indebito" in quanto (a) la locuzione "'erroneamente pagatè" contenute nell'art. 13 detto prescinde dallo "stato soggettivo del contribuente al momento del pagamento" e ricomprende "tutti i casi in cui l'imposta o la tassa non era comunque dovuta" e (b) la configurabilità di una azione generale di ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 cod. civ. (con conseguente inapplicabilità del detto art. 13) rimane esclusa nel caso avendo la società effettuato i versamenti annuali in adempimento di un obbligo di legge e dovendosi escludere in proposito ogni "carenza di potere impositivo della P.A.";

3) "nella decadenza triennale prevista dal diritto interno" non è dato ravvisare ne' un impedimento od un ostacolo alla "realizzabilità del diritto riconosciuto dall'ordinamento comunitario" ne' "un vulnus ai principi fondamentali di tale ordinamento".

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