Cass. civ., sez. II, sentenza 31/01/2019, n. 02973
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ato la seguente SENTENZA sul ricorso 531-2014 proposto da: ROSSI MARIA, SESTO FIORENZA, SESTO MICOL, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI GALLA E SIDAMA 49, presso lo studio dell'avvocato A T, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO TRIBULATO, BARTOLO ARENA;- ricorrenti -contro AGENZIA DEL DEMANIO DI CATANIA, PRESIDENZA REGIONE SICILIANA, ASSESSORATO REGIONALE LAVORI PUBBLICI, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;- controricorrentí - nonchè contro PENNISI ANGELO, GRASSI IRENE;- intimati - avverso la sentenza n. 1122/2013 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 03/06/2013;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/10/2018 dal Consigliere G F;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale A C che ha concluso per l'accoglimento primi 2 motivi, assorbito il resto;udito l'Avvocato T A, con delega orale degli Avvocati costituiti, difensori dei ricorrenti, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso. Fatto Con citazione notificata il 16.1.2003 M R, Fiorenza e Micol Sesto convennero innanzi al Tribunale di Catania l'Agenzia del Demanio, la Presidenza della Regione Siciliana e l'Assessorato Regionale ai LL.PP., per sentir dichiarare di aver acquistato la proprietà di un appezzamento di terreno di circa mq.68, in origine demaniale, in forza della disposizione dell' art. 946 o 942 c.c., o in subordine per usucapione, deducendo l'intervenuta "sdemanializzazione' di detto bene. Gli attori esponevano al riguardo di avere acquistato, con atto di compravendita del 15.9.1994, un immobile composto da un edificio e da un contiguo terreno posto ad esclusivo servizio della costruzione, gravato da servitù di passaggio dell' "acqua del Saione";solo successivamente avevano appreso che una porzione del terreno acquistato faceva parte di quello che originariamente era stato un torrente e che , successivamente, era divenuto la -Saia Mastra dei Mulini";le acque del torrente, che servivano al funzionamento dei mulini , ormai dismessi, si erano ridotte al punto da essere incanalate nella conduttura in muratura tuttora esistente: sin dal 1940 il letto della Saia Mastra si era ridotto, rimanendo costituito dalla canaletta in muratura, mentre il terreno circostante era stato abbandonato. A seguito della cessazione dell'originaria destinazione, nonché del venir meno della natura e funzione demaniale del bene controverso, doveva ritenersi che lo stesso fosse stato acquistato dagli attori. I convenuti costituitisi, opponevano l'infondatezza della domanda, esponendo di aver redatto, in data 28.11.2000, previo sopralluogo, verbale con cui si accertava l'avvenuta occupazione da parte delle attrici di un'aera demaniale di mq.62. In data 20.12.2000 M R aveva presentato istanza di concessione per l'aera demaniale precedentemente occupata, ed in data 28.2.2001 il Genio civile aveva rilasciato nulla osta, ai soli fini idraulici, per la concessione richiesta dalla medesima. Successivamente, a seguito di gara, A P si era aggiudicato la concessione dell'area demaniale. Tanto premesso, i convenuti chiedevano la reiezione delle domande, in quanto il torrente denominato "Saia dei Mulini" il quale faceva parte del Demanio dello Stato non essendo stato trasferito alla kione Sicilia, aveva ancora funzione e natura demaniale, non essendo mai stata avviata la procedura per la "sdemanializzazione" della relativa area. Intervenivano in giudizio, al fine di sostenere le ragioni delle Amministrazioni convenute, A P ed I G, i quali chiedevano il rigetto della domanda. Il Tribunale di Catania rigettava la domanda. La Corte d'Appello di Catania, con la sentenza n.1122/13 del 3.6.2013, confermava integralmente la sentenza di primo grado. La Corte territoriale, come già il primo giudice, escludeva la sussistenza dei presupposti per l'acquisto della proprietà ai sensi dell'art. 942 e dell'art. 946 c.c. poiché nel caso di specie il corso del torrente non si era naturalmente modificato , né aveva deviato dal letto originario per cause naturali: il corso era stato, al contrario, rideterminato artificiosamente, in forza dell'opera pubblica di incanalamento delle acque nella canaletta in muratura tuttora esistente. La Corte riteneva altresí che non fosse stato provato neppure il possesso ad usucapionem dell'area in questione, né che sussistesse il presupposto per invocare la c.d. usucapione abbreviata, da escludersi sulla base dello stesso contenuto del contratto di acquisto in atti, da cui poteva desumersi la consapevolezza della R dello "sconfinamento" del suo dante causa sul suolo demaniale, in contrasto con il necessario requisito di buona fede dell'attrice-acquirente. La Corte d'Appello dichiarava infine inammissibile, per carenza di interesse, l'appello incidentale delle Amministrazioni appellate, Agenzia del Demanio e Regione Sicilia, avuto riguardo alla richiesta di dichiarare la persistente natura demaniale della res controversa. Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione, con quattordici motivi, M R, S F e S M. Alla precedente udienza, questa Corte , rilevato che il ricorso per cassazione era stato notificato all'Avvocatura distrettale dello Stato e non a quella Generale, ritenuta la nullita' della notifica, ne disponeva la rinnovazione. All'esito della rinnovazione, l'Agenzia del Demanio, la Presidenza della Regione Siciliana e l'Assessorato Regionale Infrastrutture e Mobilità hanno resistito con controricorso. A P ed I G non hanno invece svolto nel presente giudizio attività difensiva. In prossimità dell'odierna udienza, i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa. Ragioni della decisione Il primo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 342 e dell'art. 112 cpc ai sensi dell'art. 360 n.4) cpc, lamentando la nullità della sentenza impugnata, per aver dichiarato inammissibili per genericità i primi due motivi dell'atto di appello. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 342, 115, 245 comma 1 e 2697 c.c. in relazione all'art. 360 n.4) cpc, contestando la statuizione di "genericità" con la quale la Corte territoriale ha qualificato l'impugnazione avverso la mancata ammissione di prove da parte del giudice di prime cure. Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 116, 184, 187, 244 , 245 e 132 comma 2 cpc, nonchè degli artt. 2697 e 2724 c.c., lamentando, anche sotto altro profilo, la mancata ammissione delle prove testimoniali articolate e la conseguente nullità e l'omessa motivazione della sentenza di appello. I motivi che, in quanto connessi, vanno unitariamente esaminati, sono infondati. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di giudizio d'appello - che non è un "iudicium novum", ma una "revisio prioris instantiae" - il requisito della specificità dei motivi dettato dall'art. 342 c.p.c., (nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche apportategli dall'art. 54, comma 1, lett. a), del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla 1. n. 134 del 2012), esige che, alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, vengano contrapposte quelle dell'appellante, volte ad incrinarne il fondamento logico giuridico, ciò risolvendosi in una valutazione del fatto processuale che impone una verifica in concreto, ispirata ad un principio di simmetria e condotta alla luce del raffronto tra la motivazione del provvedimento appellato e la formulazione dell'atto di gravame, nel senso che quanto più approfondite e dettagliate risultino le argomentazioni del primo, tanto più puntuali devono profilarsi quelle utilizzate nel secondo per confutare l'impianto motivazionale del giudice di prime cure. (Cass. 4695 del 23.2.2017). Nel caso di specie, la Corte territoriale ha dichiarato inammissibili i primi due motivi dell'atto di appello, in quanto, a fronte della compiuta motivazione delle ragioni di rigetto dei capitoli della prova testimoniale articolata dagli odierni ricorrenti per difetto di rilevanza, in considerazione degli elementi istruttori già acquisiti (sia su base documentale che in forza dell'espletata ctu) parte ricorrente si era limitata a dedurre genericamente che la prova verteva su fatti specifici e rilevanti ( primo motivo) e ad invocare l'applicabilità al caso di specie delle disposizioni di cui agli artt. 942 e 946 c.c., già esclusa dal primo giudice. La Corte territoriale, con motivazione adeguata, ha confermato l'assunto del primo giudice ed ha conseguentemente escluso l'applicabilità degli artt. 942 e 946 c.c. in conseguenza del carattere -artificiale" del mutamento del corso del torrente: tale fatto risultava in modo incontrovertibile dalle acquisizioni documentali e dall'espletata ctu, mentre i mezzi di prova richiesti dagli appellanti-odierni ricorrenti, con valutazione adeguata, sono stati ritenuti inidonei ad inficiare tale conclusione;il giudice di appello ha altresì ritenuto che, sulla base delle acquisizioni processuali, risultasse accertata la mancanza dei presupposti per l'intervenuto acquisto per usucapione ordinaria, dovendo escludersi il possesso esclusivo protratto per almeno venti anni , nonché per l'usucapione abbreviata, mancando la prova della -buona fede" e risultando anzi, per tabulas , la mancanza di detto requisito soggettivo in capo all'acquirente, in relazione alla natura dell'area per cui è causa. Il quarto motivo denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 n.5) cpc, lamentando che la Corte d'appello abbia omesso di dare rilievo e valutato gli accertamenti del ctu, in relazione alla condizione del corso per cui è causa, da cui risulterebbe che la "Saia mastra- non è mai stato, quanto meno a partire dal 1400 , un torrente, ma soltanto un canale artificiale, il cui corso non era mai stato modificato per opera dell'uomo ed era rimasto il medesimo sin dal 1400. Il quinto motivo denuncia la violazione degli artt. 115, 132 cpc e dell'art.2697 c.c., ai sensi dell'art. 360 n.4) cpc, deducendo la nullità della sentenza e del procedimento quale conseguenza della omessa valutazione della natura della "Saia mastra dei mulini", dovendo necessariamente valutarsi se detto corso era un torrente o un canale artificiale. Il sesto motivo denuncia violazione eío falsa applicazione degli artt. 946 e 942 c.c. in relazione all'artt. 360 n.3) cpc, sempre in relazione alla natura del corso d'acqua per cui è causa. I motivi, che, in quanto riguardano la medesima questione, seppure oggetto di censure di diversa natura, vanno unitariamente esaminati. Essi non hanno pregio, in quanto, nonostante la rubrica, non concernono l'omesso esame di un fatto decisivo, o la specifica deduzione di errores in procedendo o in iudicando, ma si risolvono in una censura sulla valutazione delle prove , in particolare sulle risultanze della Ctu e della documentazione in atti, inammissibile nel presente giudizio. Anche sotto altro profilo, i motivi sono inammissibili per difetto di rilevanza, in quanto non riguardano circostanze decisive. Gli elementi la cui valutazione sarebbe stata omessa da entrambi i giudici di merito non appaiono infatti idonei a fornire la prova del necessario requisito, richiesto sia dall'art. 942 che dall'art. 946 c.c., della modificazione dei luoghi per ritiro delle acque per cause naturali e non artificiali, quale presupposto necessario per l'acquisto dell'area a titolo originario in capo agli odierni ricorrenti, elemento la cui mancanza, nel caso di specie, costituisce la ratio fondamentale del rigetto della domanda principale dei ricorrenti. Il settimo motivo denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 n.5) cpc, in relazione al fatto che, esaminando gli atti pubblici di vendita ed i loro allegati, oltre che dalle risultanze della ctu, risulterebbe che l'immobile acquistato dai ricorrenti, con atto per notar T, dal signor U non confinava con un torrente, ma era attraversato dalla Saia mastra dei mulini. L'ottavo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'artt. 116 , 61, 132 cpc e 2697 c.c., e conseguente nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 n.4) cpc, per omessa valutazione delle prove documentali offerte, non avendo la Corte territoriale tenuto conto degli elementi desumibili dagli atti pubblici , dalle tavole e mappe allegate dal ctu. I motivi, che, per la stretta connessione, vanno unitariamente esaminati, sono generici e privi di autosufficienza. A fronte dell'accertamento delle sentenze di primo e secondo grado, da cui risulta che il corso del torrente è stato deviato mediante opere artificiali, non vengono riportati nel corpo del ricorso, né specificamente indicati, gli elementi da cui risulta la decisività degli atti processuali asseritamente ignorati, idonei a far desumere che nell'area in oggetto il ritiro del corso d'acqua è stato determinato da cause naturali e non da lavori artificiali. Il nono motivo denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo in relazione al possesso esclusivo da parte dei ricorrenti e dei loro danti causa, da almeno 50 anni, del terreno adiacente alla Saia Mastra dei mulini, ricadente all'interno della loro proprietà, quale accesso e pertinenza del loro edificio, con esclusione dell'utilizzo da parte di altri soggetti. Il motivo è inammissibile per genericità, non risultando specificamente indicato il fatto decisivo il cui esame sarebbe stato omesso da parte dei giudici di merito. La censura, nei termini in cui è formulata, evidenzia in concreto una insufficiente motivazione, non più censurabile alla luce del nuovo disposto del n.5) comma 1 dell'art. 360 codice di rito, ( Cass. Ss.Uu. n.8053/2014), lamentando, in buona sostanza, che la Corte territoriale non abbia valutato in modo adeguato taluni elementi emersi dall'istruttoria espletata. Il decimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 116 cpc, nonché degli artt. 1143 , 2927 e 2929 c.c., in relazione all'art. 360 n.3) cpc, lamentando l'errata applicazione, da parte del giudice di merito, del procedimento presuntivo, deducendo la carenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall'art. 2729 c.c. , ed in ogni caso l'omessa valutazione del complesso degli indizi. In particolare, ad avviso dei ricorrenti entrambi i giudici di merito avrebbero errato nel desumere dalla dichiarazione della signora R, resa per errore, dello sconfinamento del suo dante causa su terreno demaniale, che la stessa fosse consapevole della demanialità del bene. Il motivo è inammissibile, in quanto contesta in modo del tutto generico la valutazione sulla gravità degli indizi ed in genere delle acquisizioni istruttorie da parte del giudice di merito. Il vizio di violazione delle disposizioni in materia di valutazione delle prove può invero configurarsi solo laddove sia riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico posto a fondamento della statuizione impugnata, ma non può consistere nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove date dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge, in cui alla prova è assegnato un valore legale (Cass. n.606412008). Nel caso di specie, i giudici di merito hanno fondato la mancanza dell'elemento soggettivo ( buona fede) della ricorrente sulla valutazione del contenuto dei contratti di acquisto stipulati dalla ricorrente medesima, dai quali emergeva che una serie di opere realizzate dal suo dante causa occupavano un solo altrui;inoltre, la sentenza impugnata ha dato atto dal reiterato riconoscimento della demanialità dell'area da parte della stessa ricorrente. La Corte territoriale ha pertanto ritenuto, con apprezzamento adeguato, che tali elementi fossero idonei a superare la presunzione di buona fede di cui all'art. 1143 c.c. L'undicesimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 360 n.5) cpc, in relazione al fatto decisivo che la Saia mastra dei mulini ed il terreno circostante facesse o meno parte del demanio. Il motivo è inammissibile per difetto di decisività. La Corte territoriale ha infatti escluso la natura demaniale del terreno per cui è causa, rigettando la domanda sotto altro profilo , e cioè in ragione del mancato perfezionamento dell'acquisto del bene a titolo originario, ai sensi degli artt. 942 e 946 c.c. nonché in virtù di usucapione ordinaria o abbreviata. dodicesimo mezzo denuncia violazione dell'art. 345 cpc nonché dell'art. 97 Cost. e la conseguente nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 n.4) cpc, in relazione alla statuizione di inammissibilità dei nuovi documenti prodotti in appello dalla ricorrente, nonostante il carattere indispensabile degli stessi, dai quali poteva desumersi che la Saia Mastra dei Mulini non è un fiume o un torrente naturale, in quanto l'acqua vi scorre interamente canalizzata: da ciò l'esclusione del carattere demaniale del terreno a margine del suo corso. Anche tale motivo è inammissibile per difetto di decisività, in quanto, come la censura precedente, non coglie la ratio della pronuncia impugnata, che ha comunque escluso la natura demaniale del terreno. La Corte territoriale ha peraltro ritenuto, con apprezzamento adeguato, che i nuovi documenti prodotti in sede di appello dall'odierna ricorrente non fossero decisivi e neppure rilevanti, in quanto in ogni caso inidonei, anche alla luce della documentazione già acquisita e delle ampie indagini del ctu, a provare i presupposti dell'acquisto dell'area da parte della ricorrente. Il tredicesimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.2730, 2732, 2735, 1158, 1159, 1164, 2944 e 2937 c.c. in relazione all'art. 360 n.3) cpc, nonché la violazione dell'art. 360 n.5) cpc, in relazione al particolare rilievo attribuito dalla corte territoriale alla domanda della R di acquisto di un bene demaniale ex art. 5 bis 1.143/03. Pure tale motivo è infondato. Premesso che a tale documento ( domanda di acquisto del terreno) non è stata attribuita efficacia di confessione, ma che lo stesso è stato oggetto, unitamente a tutte le altre acquisizioni processuali, di esame da parte della Corte territoriale, si ribadisce che non è sindacabile nel presente giudizio l'attività di valutazione delle prove, demandata al giudice di merito. Nel caso di specie, la Corte di appello ha escluso, sulla base della domanda di concessione citata dalla ricorrente, unitamente alla valutazione del contenuto del negozio di vendita, la sussistenza della buona fede della medesima;avuto riguardo al possesso ultra ventennale ad usucapionem, invece, esso è stato escluso sulla base del fatto che non risultava provato il possesso esclusivo dell'area da parte del dante causa della ricorrente per un periodo che, sommato a quello di quest'ultima, integrasse la durata ventennale. Lo "sconfinamento" su suolo demaniale del dante causa della ricorrente con "annessione" dell' area per cui è causa risale infatti al 1988;pertanto, pur facendo decorrere il possesso ad usucapionem da tale data e sommando al possesso della ricorrente quello del suo dante causa, considerata la data di costituzione in giudizio dell'Amministrazione convenuta, il lasso temporale sarebbe comunque inidoneo ad integrare il periodo ventennale richiesto per l'acquisto della proprietà mediante usucapione ordinaria. Il ricorso va dunque respinto e le spese , regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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