Cass. civ., SS.UU., sentenza 04/11/2004, n. 21095
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Il potere del giudice di dichiarare d'ufficio la nullità o l'inesistenza di un contratto ex art. 1421, cod. civ., va coordinato con il principio della domanda (artt. 99 e 112, cod. proc. civ.), con la conseguenza che la nullità può essere rilevata d'ufficio, in qualsiasi stato e grado del giudizio, indipendentemente dall'attività assertiva delle parti, quindi anche per una ragione diversa da quella espressamente dedotta, nel caso in cui sia in contestazione l'applicazione o l'esecuzione del contratto, la cui validità rappresenta quindi un elemento costitutivo della domanda; infatti, in detta ipotesi la deduzione con la quale la parte contesta la validità dell'atto non costituisce domanda giudiziale, bensì mera difesa, in quanto attiene all'inesistenza, per mancato perfezionamento o per nullità, del fatto giuridico - il contratto - dedotto dall'attore a fondamento della domanda, che quindi non condiziona l'esercizio del potere di dichiarare d'ufficio la nullità per vizi diversi da quelli eccepiti.
In tema di capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente bancario passivi per il cliente, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 425 del 2000, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 76, Cost., l'art. 25, comma terzo, D.Lgs. n. 342 del 1999, il quale aveva fatto salva la validità e l'efficacia - fino all'entrata in vigore della delibera CICR di cui al comma 2 del medesimo art. 25 - delle clausole anatocistiche stipulate in precedenza, siffatte clausole, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, sono disciplinate dalla normativa anteriormente in vigore e, quindi, sono da considerare nulle in quanto stipulate in violazione dell'art. 1283, cod.civ., perché basate su un uso negoziale, anziché su un uso normativo, mancando di quest'ultimo il necessario requisito soggettivo, consistente nella consapevolezza di prestare osservanza, operando in un certo modo, ad una norma giuridica, per la convinzione che il comportamento tenuto è giuridicamente obbligatorio, in quanto conforme ad una norma che già esiste o che si reputa debba fare parte dell'ordinamento giuridico ("opinio juris ac necessitatis"). Infatti, va escluso che detto requisito soggettivo sia venuto meno soltanto a seguito delle decisioni della Corte di cassazione che, a partire dal 1999, modificando il precedente orientamento giurisprudenziale, hanno ritenuto la nullità delle clausole in esame, perché non fondate su di un uso normativo, dato che la funzione della giurisprudenza è meramente ricognitiva dell'esistenza e del contenuto della regola, non già creativa della stessa, e, conseguentemente, in presenza di una ricognizione, anche reiterata nel tempo, rivelatasi poi inesatta nel ritenerne l'esistenza, la ricognizione correttiva ha efficacia retroattiva, poiché, diversamente, si determinerebbe la consolidazione 'medio tempore' di una regola che avrebbe la sua fonte esclusiva nelle sentenze che, erroneamente presupponendola, l'avrebbero creata.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Presidente aggiunto -
Dott. PAPA Enrico - Consigliere -
Dott. MENSITIERI Alfredo - Consigliere -
Dott. LUPO Ernesto - Consigliere -
Dott. PREDEN Roberto - Consigliere -
Dott. MORELLI Mario Rosario - rel. Consigliere -
Dott. GRAZIADEI Giulio - Consigliere -
Dott. EVANGELISTA Stefanomaria - Consigliere -
Dott. PICONE Pasquale - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CREDITO ITALIANO S.P.A., SUCCEDUTO ALL'UNICREDITO ITALIANO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO DEL TEATRO VALLE 6, presso lo studio dell'avvocato STEFANO D'ERCOLE, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIOVANNI MANDAS, PAOLO DALMARTELLO, GUSTAVO MINERVINI, i primi tre per procura in calce al ricorso, il quarto giusta procura speciale del Notaio Dott. Tommaso Gherardi, depositata in data 30/09/2004, in atti;
- ricorrente -
contro
ST LI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell'avvocato ALESSANDRO DE BELVIS, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato VALERIO VALSIERATI, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
e contro
ST AN, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 197, presso lo studio dell'avvocato MAURO MEZZETTI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANDREA CORNAGLIA, GUIDO CHESSA MIGLIOR, giusta procura speciale del Notaio Dott. Vittorio Giuia Marassi, depositata in data 15 giugno 2004, in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 19/01 della Corte d'Appello di CAGLIARI, depositata il 15/01/01;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 07/10/04 dal Consigliere Dott. Mario Rosario MORELLI;
uditi gli Avvocati GIOVANNI MANDAS, PAOLO DALMARTELLO, GUSTAVO MINERVINI, ALESSANDRO DE BELVIS, MAURO MEZZETTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PALMIERI Raffaele che ha concluso per il rigetto del quarto motivo del ricorso, sub d)1 e d)2.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Credito Italiano S.P.A. ha impugnato per Cassazione la sentenza in data 15 gennaio 2001, con la quale la Corte di appello di Cagliari, in riforma della pronunzia di primo grado, ha accolto la opposizione proposta da RA e LI TE avverso il decreto ingiuntivo su sua istanza emesso nei confronti dei due predetti intimati, quali fideiussori della F.A.S. s.p.a., per l'importo complessivo di L. 1.097.415.300 (ed accessori), corrispondente al saldo passivo finale del conto corrente sul quale sarebbero state effettuate plurime erogazioni di credito in favore della società garantita. Con le quattro complesse serie di motivi, di cui si compone l'odierno ricorso - la cui ammissibilità e fondatezza è contestata dagli intimati con separati controricorsi - il Credito Italiano critica in sostanza la Corte di merito per avere, a suo avviso, errato: a) nel rilevare di ufficio profili di nullità del contratto da cui trae origine il debito garantito dagli attuali resistenti;
b) nell'escluderne, in particolare, la validità in relazione alla clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi, anche per il periodo anteriore alle note pronunzie della primavera del 1999 (nn. 2374 del 16 marzo, n, 3096 del 30 marzo e successive conformi che, in contrasto con la precedente giurisprudenza, hanno escluso la rispondenza di clausole siffatte ad un "uso normativo" ai sensi dell'art. 1283 c.c.;
c) nel ritenere, inoltre, non operative le garanzie prestate dagli TE per il periodo successivo alla data (9 luglio 1992) di entrata in vigore della legge n. 154 del 1992, che ha prescritto la fissazione di un tetto massimo per la validità delle fideiussioni omnibus;
d) nell'escludere, infine, la debenza dell'intero credito, azionato con il decreto opposto, per ritenuta (a torto) carenza di documentazione, imputabile all'istituto, che consentisse di scorporare dall'importo preteso in via monitoria quello riferibile a periodo di operatività della fideiussione e detrarre, dallo stesso, le voci relative alla capitalizzazione periodica degli interessi.
Su istanza della parte ricorrente, il Primo Presidente ha assegnato la causa alle Sezioni Unite, ravvisando, in quella sub b), questione di massima di particolare importanza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La questione di massima, in ragione della cui particolare importanza gli atti della presente causa sono stati rimessi a queste Sezioni unite, ai sensi dell'art. 374, cpv, cod. proc. civ. si risolve nello stabilire se - incontestata la non attualità di un uso normativo di capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito del correntista bancario - sia o non. esatto escludere anche che un siffatto uso preesistesse al nuovo orientamento giurisprudenziale (Cass. 1999 n. 2374 e successive conformi) che lo ha negato, ponendosi in consapevole e motivato contrasto con la precedente giurisprudenza.
2. È, per altro, preliminare all'esame della riferita questione, quello delle eccezioni pregiudiziali - sollevate, rispettivamente, da RA e da LI TE - di inammissibilità del ricorso "per difetto di specialità della procura alle liti" e "per intervenuto giudicato formale sulla sentenza parziale resa dalla Corte di Cagliari" nel corso del giudizio a quo.
2/1. La prima eccezione - con cui il difetto di specialità, per "assenza di riferimento al giudizio per Cassazione e alla sentenza impugnanda", è (impropriamente), in particolare, riferito, non già alla procura rilasciata al difensore (che tali riferimenti puntualmente, invece, contiene), ma all'atto fonte dei poteri del soggetto che detta procura ha conferito - è infondata. Si deduce, infatti, in sostanza, dal resistente che la procura speciale non sia nella specie riferibile - come ex art. 365 c.p.c. viceversa dovrebbe - alla parte od a chi ha il potere di rappresentarla, in quanto sottoscritta "da un dirigente e non dal legale rappresentante del Credito Italiano ricorrente". E tale rilievo non coglie nel segno, dacché il dirigente dell'ente - contrariamente all'avverso assunto - ha conferito il mandato alla odierna impugnazione nella veste appunto di "legale rappresentante" del Credito italiano, così (correttamente) spesa sulla base dello Statuto dell'ente che, all'art. 29, testualmente prevede che "la rappresentanza anche (e quindi: non solo) processuale della società spetta disgiuntamente al Presidente, ai Vice Presidenti...nonché ai dirigenti...con facoltà di designare mandatari speciali per il compimento di determinate operazioni e di nominare avvocati munendoli degli opportuni poteri".
2/2. Del pari destituita di fondamento è anche l'ulteriore eccezione di "giudicato formale interno", che tale vis preclusiva pretende, con evidente forzatura, di conferire all'ordinanza (del 31 maggio 1999), con la quale la Corte di merito - in via istruttoria e strumentale alla decisione, non certo decisoria - si è limitata invece a nominare un C.T.U. per l'espletamento di una perizia contabile, volta ad accertare, sulla base degli atti, le singole voci (tra cui quella relativa alla capitalizzazione degli interessi) da cui risultava il complessivo importo per cui la Banca aveva