Cass. pen., sez. II, sentenza 21/02/2023, n. 07316
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: P B nato a Reggio Calabria il 05/03/1989 avverso l'ordinanza del 26/05/2022 del Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere E C;Udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale F B che, riportandosi alla memoria scritta depositata, ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. Udite le conclusioni dell'Avvocato D N, difensore dell'imputato, che ha insistito nei motivi di ricorso ed ha chiesto l'annullamento della sentenza. RITENUTO IN FATTO 1. B P, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso avverso l'ordinanza pronunciata in data 26 maggio 2022 con la quale il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di riesame avverso l'ordinanza mpositiva della custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma in data 23 marzo 2022 in relazione al reato di cui all'art. 416-bis cod. pen. 2. Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta la violazione degli artt. 125, 273, 192, 309 cod. proc. pen. e 416-bis cod. pen. e la mancanza, contraddittorietà ed illogicità manifesta dell'a motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui al capo 1) della rubrica. I giudici del riesame, senza confrontarsi con le doglianze difensive, hanno fatto discendere la capacità intimidatrice dell'ipotizzata locale di 'ndrangheta operante in Roma esclusivamente dalla fama criminale dell'ALVARO e del CARZO ed hanno omesso di specificare quale fosse il programma criminale del sodalizio, motivazione resa necessaria dall'assenza di intercettazioni idonee a dimostrare l'operatività concreta e diffusa della cosca. 3. Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta la violazione degli artt. 125, 273 cod. proc. pen. e 416-bis cod. pen. e la mancanza, contraddittorietà ed illogicità manifesta della motivazione in ordine all'individuazione del contributo fornito dal ricorrente alla vita dell'ipotizzata associazione. Il Tribunale, omettendo di motivare in ordine ai motivi di riesame contenuti nella memoria depositata all'udienza del 24 maggio 2022, ha dedotto la partecipazione del PALAMARA al sodalizio esclusivamente dalla partecipazione agli incontri del 18 ottobre 2016, 3 novembre 2016, 15 ottobre 2017 e 5 gennaio 2018, senza tenere in considerazione l'episodicità di tale condotte e l'assenza di altri episodi espressivi di una effettiva messa a disposizione in favore del clan. I giudici di merito hanno affermato apoditticamente che la riunione del 15 ottobre del 2017 fosse summit di ‘ndrangheta sulla base delle conversazioni intercettate in data 6 e 22 ottobre 2017 e 20 giugno 2018, ignorando completamente le doglianze difensive che dimostravano la natura meramente conviviale di tale incontro (mancato riferimento al conferimento di doti di 'ndrangheta, ambiguità del termine «movimenti» utilizzato dagli interlocutori, mancato riferimento a presunti livelli di mafiosità del P B). La motivazione è del tutto apparente nella parte in cui desume la partecipazione del ricorrente al sodalizio criminale dalla sua presenza agili incontri del 18 ottobre 2016, 3 novembre 2016 e 5 gennaio 2018 senza specificare le tematiche affrontate in tali incontri e nonostante il comprovato disinteresse dell'indagato alla gestione del commercio del pesce e delle pelli animali. Il Tribunale ha ritenuto che la collaborazione del PALAMARA alla gestione del Bar Clementi costituisca un elemento indiziario da cui desumere la sua partecipazione all'ipotizzato sodalizio di stampo mafioso, affermazione erronea in considerazione del fatto che il ricorrente si è limitato a tutelare i diritti dell'attività in virtù del ruolo di fiduciario che gli era stato assegnato dagli amministratori giudiziari e della assenza di indizi da cui desumere una volontà del PALAMARA di agevolare il gruppo criminale oggetto di indagine.4. Il ricorrente, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta la violazione degli artt. 125, 273 cod. proc. pen. e 416-bis e 512-bis cod. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al reato di interposizione fittizia e l'omessa valutazione della memoria difensiva depositata in data 24 maggio 2022. Il Tribunale, senza confutare le doglianze difensive, non ha indicato gli elementi da cui desumere che le condotte contestate al PALAMARA erano finalizzate ad eludere le norme in materia di misure di prevenzione così agevolando l'articolazione territoriale della 'ndrangheta. L'ordinanza è carente nella parte in cui afferma, in modo apodittico, che A V ha continuato ad essere il reale titolare delle quote societarie anche negli anni 2019 e 2020 e che l'acquisto delle quote da parte del PALAMARA era finalizzato ad agevolare il clan di 'ndrangheta permettendo l'elusione di possibili provvedimenti di tipo ablatorio, così venendo meno al dovere di congrua motivazione in ordine ai motivi di riesame. 5. Il ricorrente, con il quarto motivo di impugnazione, lamenta la violazione degli artt. 125, 273 e 292 cod. proc. pen. e 416-bis, 1, cod. pen. e l'apparenza della motivazione in relazione alla sussistenza dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa. I giudici di merito, con percorso argorrientativo del tutto apparente e tautologico, hanno desunto la sussistenza della contestata aggravante dalla ritenuta partecipazione del PALAMARA alla locale di 'ndrangheta di Roma, addivenendo ad un automatismo probatorio illegittimo e privo di alcuna reale motivazione in ordine alle doglianze contenuta nella memoria difensiva depositata all'udienza del 24 maggio 2022. 6. Il ricorrente, con il quinto motivo di impugnazione, lamenta la violazione degli artt. 125, 274 e 275 cod. proc. pen. e la mancanza, genericità ed illogicità manifesta della motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari ed all'adeguatezza della custodia cautelare in carcere. La motivazione è del tutto assente in ordine allo specifico motivo di riesame con cui la difesa aveva censurato l'ordinanza genetica nella parte in cui era stata affermata la sussistenza del pericolo di fuga e di inquinamento probatorio, anche in considerazione dell'assoluta mancanza di una valutazione autonoma e specifica della posizione del ricorrente. L'ordinanza è del tutto carente in ordine alla sussistenza dei requisiti di concretezza del pericolo di reiterazione, limitandosi a desumere tali elementi dalla mera gravità dei fatti contestati, senza addivenire ad una specifica indicazione degli elementi fattuali da cui desumere detto pericolo. Peraltro, il Tribunale afferma che le ulteriori condotte illecite protrattesi fino al 2022 sono riferibili al PALAMARA, senza indicare in cosa si sarebbe esplicato e comportamento partecipativo dell'indagato nel periodo successivo al 2020. Il Tribunale non ha motivato in modo adeguato in ordine all'attualità delle esigenze cautelari, motivazione necessaria soprattutto in considerazione del tempo trascorso dalle ipotizzate condotte illecite (poste in essere tra il 2016 ed il 2020) e la data di emissione dell'ordinanza e della sporadicità delle condotte contestate al PALA MARA. La difesa ha, infine, eccepito la carenza della motivazione in ordine all'impossibilità di applicare una misura coercitiva meno afflittiva di quella custodiale, limitandosi ad affermare, con vuote formule di stile, che la particolare gravità dei fatti impone l'applicazione della custodia cautelare in carcere. I giudici di merito non hanno tenuto conto degli elementi addotti dalla difesa (incensuratezza, lasso temporale decorso dall'ultima condotta contestata al PALAMARA, assenza di condotte sintomatiche di elevata pericolosità) che imponevano uno specifico giudizio sulla gravità delle ritenute esigenze cautelar'. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è infondato e deve conseguentemente essere rigettato. 1. Occorre preliminarmente rilevare come il Tribunale abbia fornito una motivazione ampia, approfondita e priva di illogicità od aporie, nella ricostruzione del complesso degli elementi indicativi della ricorrenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente tenuto conto delle contestazioni allo stesso elevate, con l'aggravante di cui all'art. 416-bis.1. cod. pen. (capi 1 e 7 della rubrica) nonché della sussistenza di concrete ed attuali esigenze cautelari. Deve essere, inoltre, richiamato l'univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato: il controllo di legittimità non può riguardare né la ricostruzione dei fatti, né l'apprezzamento del giudice di merito circa l'attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal Tribunale, pur investendo formalmente la motivazione (Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Di Iasi, Rv. 269884-01;Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976-01;Rv. 266939-01;Sez. 2, n. 7263 del 14/01/2020, Cesarano, non mass.). Nel caso di specie, il percorso argonnentativo dei giudici del riesame non è validamente contrastato dalle critiche contenute nel ricorso, le quali mirano ad una lettura alternativa delle risultanze indiziarie e non si confrontano compiutamente con le argomentazioni spese nell'ordinanza impugnata, limitandosi a lamentare una generica carenza motivazionale e l'assenza di gravi indizi di colpevolezza. 2. Il primo motivo di impugnazione, con il quale il ricorrente eccepisce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza della locale di 'ndrangheta attiva nella città di Roma, è infondato. L'ordinanza impugnata, dopo aver dato atto dell'esistenza di plurime pronunce che hanno riconosciuto l'esistenza in territorio calabrese di una cosca di 'ndrangheta riferibile alla famiglia Avaro (Sez. U., n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 224081-01), ha altresì riconosciuto l'operatività di un'ulteriore articolazione delocalizzata della casa madre calabrese costituente la cd. locale romana. Acune premesse si rendono doverose.
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