Cass. civ., SS.UU., sentenza 29/05/2003, n. 8582
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Il procedimento disciplinare davanti al locale consiglio dell'ordine degli avvocati, di natura amministrativa, è rivolto ad una pronuncia di organo collegiale, e quindi esige, quale requisito di validità, la cui mancanza è deducibile con il ricorso al Consiglio nazionale forense, la regolare costituzione di tale organo, con la preventiva convocazione di tutti i suoi componenti, anche se poi non si richiede la partecipazione del "plenum", essendo sufficiente la presenza di un numero almeno pari a quello occorrente come "quorum" per la decisione.
Ove il procedimento disciplinare davanti al consiglio dell'ordine degli avvocati si sviluppi anche in una seduta successiva alla prima, a seguito di rinvio a data fissa, il requisito della regolare convocazione di tutti i componenti va riscontrato con riferimento al giorno inizialmente stabilito per l'apertura del procedimento stesso, giacché le fasi posteriori configurano prosecuzione dell'attività dell'organo collegiale già investito del potere - dovere di pronunciare sull'addebito disciplinare, e si collegano ad un differimento "interno", non abbisognante di distinta comunicazione.
In tema di procedimento disciplinare a carico di avvocati, la convocazione dei componenti del locale consiglio dell'ordine, in assenza di specifiche previsioni, non si sottrae alla regola generale della libertà delle forme e dei mezzi di trasmissione di una notizia, purché idonei al raggiungimento dello scopo, e, dunque, può essere effettuata, a cura dell'ufficio di segreteria, anche mediante consegna di avviso "brevi manu", ovvero per telefono o per "fax"; strumenti la cui affidabilità ed attitudine allo scopo è desumibile dalla qualità degli autori e dei destinatari della trasmissione. La libertà delle forme e dei mezzi della convocazione necessariamente si riverbera sulla prova della sua effettuazione, la quale non richiede certificazioni scritte, proprie degli atti tipici di comunicazione o notificazione, e può essere offerta anche con relazioni o dichiarazioni di funzionari dell'ufficio di segreteria, assistite, in relazione alla loro provenienza, da presunzione di veridicità.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente f.f. -
Dott. O G - Presidente di sezione -
Dott. R E - Consigliere -
Dott. L E - Consigliere -
Dott. S F - Consigliere -
Dott. N G - Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. G G - rel. Consigliere -
Dott. M G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI G A, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 2, presso lo studio dell'avvocato A G, rappresentato e difeso dall'avvocato R L, giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
- intimati -
avverso la decisione n. 169/02 del Consiglio nazionale forense di ROMA, depositata il 01/10/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/04/03 dal Consigliere Dott. G G;
udito l'Avvocato R L;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. A CINQUE che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma il 16 aprile 1998 ha irrogato la sanzione della cancellazione dall'albo all'avv. Alfredo D G, per infrazione disciplinare ravvisata nella mancata restituzione ad un cliente della somma di lire 40.000.000, ricevuta al fine di effettuare in favore di un terzo creditore offerta della prestazione, con compromissione della dignità professionale propria e dell'intera categoria.
Il Consiglio nazionale forense, con decisione depositata il 1 ottobre 2002 e notificata il 29 successivo, ha accolto il ricorso dell'incolpato limitatamente alla sanzione, sostituendo alla radiazione la sospensione dall'esercizio della professione per la durata di un anno.
Respingendo la deduzione d'inesistenza del provvedimento disciplinare, sollevata dall'avv. D G sotto il profilo della mancata convocazione di tutti i membri del Consiglio dell'ordine di Roma, il Consiglio nazionale forense ha osservato:
- che l'avviso dell'adunanza del 24 marzo 1998, fissata per l'apertura del procedimento disciplinare, era stato consegnato ai componenti di detto Consiglio a mano o per via fax, come si evinceva da una relazione del 6 luglio 2001, redatta dal segretario avv. Domenico Condello, e da un'attestazione del 19 marzo 1998 a firma dell'impiegato Franco Verrecchia;
- che il procedimento era stato rinviato all'adunanza del 16 aprile 1998, della quale era stata data notizia con analoghe modalità;
- che nel corso della prima adunanza non erano stati compiuti atti tali da esigere la presenza nella seconda adunanza degli stessi consiglieri;
- che la comunicazione era da reputarsi tempestiva anche se effettuata con un anticipo soltanto di due giorni.
L'avv. D G, con ricorso notificato il 28 novembre 2002 al Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma ed al Procuratore generale presso questa Corte, ha chiesto la cassazione della decisione del Consiglio nazionale forense, previa sospensione in via cautelare della sua esecuzione, riproponendo e sviluppando l'assunto della radicale nullità del procedimento disciplinare in difetto di rituale convocazione di tutti i membri del Consiglio dell'ordine. Premesso che, nella sessione del 24 marzo 1998, erano state svolte attività implicanti effettivo inizio del procedimento (dichiarazione di contumacia dell'incolpato, esposizione del relatore ed audizione di testi, sia pure al limitato fine di disporre un aggiornamento senza ulteriore avviso), e che di conseguenza la seconda sessione del 16 aprile 1998 non era autonoma e necessariamente risentiva dei vizi della convocazione della prima, il D G, con la deduzione di violazione degli artt. 43 e 51 del r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, 101 del r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578 e 45 del r.d. 26 agosto 1926 n. 1683, nonché con la denuncia
di vizio di perplessità della motivazione, torna a sostenere che la prova della regolarità e tempestività della convocazione per il giorno 24 marzo 1998 non era desumibile dai menzionati documenti inviati dal Consiglio dell'ordine al Consiglio nazionale, in quanto non erano esaurienti, e comunque non dimostravano le date in cui sarebbero stati effettuati i singoli avvisi, ne' certificavano la loro ricezione da parte dei destinatari.
Aggiunge il ricorrente che, ove si ritenesse il procedimento disciplinare instaurato solo il 16 aprile 1998, si dovrebbe ugualmente escluderne la validità, dato che anche per tale successiva data difettava la prova di rituale convocazione, essendo in proposito generica la relazione del segretario del Consiglio, nonché inconsistente ed incompleto l'allegato "giornale di comunicazioni" (mera attestazione di parte, non convalidata, ne' controfirmata).
L'istanza di sospensione della decisione impugnata è stata respinta con ordinanza di queste Sezioni unite del 20 febbraio-3 marzo 2003 n. 3147. Il Consiglio dell'ordine non ha presentato controdeduzioni. Il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il procedimento disciplinare davanti al locale consiglio dell'ordine degli avvocati (di natura amministrativa) è rivolto ad una pronuncia di organo collegiale, e quindi esige, quale requisito di validità, la cui mancanza è deducibile con il ricorso al Consiglio nazionale forense, la regolare costituzione di tale organo, con la preventiva convocazione di tutti i suoi componenti, anche se poi non si richiede la partecipazione del plenum, essendo sufficiente la presenza di un numero almeno pari a quello occorrente come quorum per la decisione (artt. 38 del r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578, 43 del r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, 16 del d.lgs.lgt. 23 novembre 1944 n. 382). Il ricorso, senza mettere in discussione, ed anzi presupponendo tali consolidati principi (v. Cass. s.u. 20 luglio 1988 n. 4696, 7 dicembre 1999 n. 864, 10 dicembre 2002 n. 17548), pone come quesito prioritario quello della regolarità della convocazione per il giorno 24 marzo 1998, in cui sono stati effettuati alcuni adempimenti e poi è stato disposto rinvio alla data del 16 aprile 1998.
La questione è assorbente rispetto all'ulteriore problematica (sollevata peraltro in via subordinata).
Ove il procedimento disciplinare davanti al consiglio dell'ordine si sviluppi anche in una seduta successiva alla prima, a seguito di rinvio a data fissa, il requisito della regolare convocazione di tutti i componenti va infatti riscontrato con riferimento al giorno inizialmente stabilito per l'apertura del procedimento stesso, tenendosi conto che le fasi posteriori configurano prosecuzione dell'attività dell'organo collegiale già investito del potere- dovere di pronunciare sull'addebito disciplinare, e si collegano ad un differimento "interno", non abbisognante di distinta comunicazione.
Sull'indicata questione va considerato, in adesione ai rilievi già svolti da queste Sezioni unite con la sentenza del 25 maggio 2001 n. 218, che la convocazione dei componenti del consiglio dell'ordine, in assenza di specifiche previsioni, non si sottrae alla regola generale della libertà delle forme e dei mezzi di trasmissione di una notizia, purché idonei al raggiungimento dello scopo, e, dunque, può essere effettuata, a cura dell'ufficio di segreteria, anche mediante consegna di avviso brevi manu, ovvero per telefono o perire;
strumenti la cui affidabilità ed attitudine allo scopo è desumibile dalla qualità degli autori e dei destinatali della trasmissione.
La libertà delle forme e dei mezzi della convocazione necessariamente si riverbera sulla prova della sua effettuazione, che non può richiedere le certificazioni scritte reclamate dal ricorrente, proprie degli atti tipici di comunicazione o notificazione, e può essere offerta anche con relazioni o dichiarazioni di funzionali dell'ufficio di segreteria, assistite, in relazione alla loro provenienza, da presunzione di veridicità. La pronuncia del Consiglio nazionale forense si conforma a detti principi.
La valutazione della presenza nel caso concreto della prova della tempestiva convocazione per il 24 marzo 1998 di tutti i componenti del Consiglio dell'ordine di Roma esprime un apprezzamento di merito, non sindacabile in questa sede, dato che il ricorso per Cassazione contro le pronunce del Consiglio nazionale forense è consentito soltanto per violazione di legge (art. 111 della Costituzione ed art. 56 del r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578), e non
può investire eventuali vizi della motivazione, quando non si traducano in totale mancanza o mera apparenza di essa (v., ex pluribus, Cass. s.u. 5 febbraio 1997 n. 1081). In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Non vi è da provvedere sulle spese del presente giudizio, in assenza di attività difensiva della parte vittoriosa.