Cass. pen., sez. IV, sentenza 05/12/2023, n. 2573
Sentenza
5 dicembre 2023
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5 dicembre 2023
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Massime • 2
Ai fini della configurabilità del reato di intermediazione illecita e di sfruttamento del lavoro, l'indice di sfruttamento del lavoratore costituito, ex art. 603-bis, comma terzo, n. 1), ultima parte, cod. pen., dalla retribuzione "sproporzionata rispetto alla quantità e alla qualità di lavoro prestato", deve tener conto delle effettive mansioni svolte, delle condizioni di lavoro, dell'orario lavorativo, dell'assenza di pause, di riposi, di ferie, tale che la retribuzione corrisposta si riveli non commisurata alla prestazione resa dal lavoratore che versi in stato di bisogno.
In tema di intermediazione illecita e di sfruttamento del lavoro, costituisce cosa pertinente al reato, assoggettabile a confisca obbligatoria ex art. 603-bis.2 cod. pen., il fondo agricolo del datore di lavoro in cui sia impiegata manodopera in condizioni di sfruttamento, nel caso in cui si tratti di bene funzionale all'azienda agricola, a prescindere dalla sua allocazione topografica.
Sul provvedimento
Testo completo
02573-24 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUARTA SEZIONE PENALE Composta da: Sent. n. sez. 2111/2023 - Presidente - PATRIZIA PICCIALLI UP 05/12/2023 DANIELA CALAFIORE - R.G.N. 26893/2023 EUGENIA SERRAO GABRIELLA CAPPELLO Relatore - BRUNO GIORDANO ha pronunciato la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: AL LO nato a [...] il [...] AL TI nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 30/01/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere BRUNO GIORDANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FERDINANDO LIGNOLA che ha concluso chiedendo Proc. Gen. conclude perfil rigetto del ricorso. udito il difensore RITENUTO IN FATTO 1. VA EL e VA EB ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo n. 481/23 del 30 gennaio 2023 che confermava la sentenza pronunciata dal Tribunale di AL del 23 aprile 2021 con cui gli odierni ricorrenti erano condannati in relazione al reato di sfruttamento del lavoro aggravato ex art. 603-bis, comma 1, n. 2 cod. pen., per avere utilizzato nella loro azienda agricola la manodopera di quattro lavoratori extracomunitari con una retribuzione media di 3 euro l'ora per giornate lavorative di 9 ore, fatti accaduti in AL e Mazara del Vallo tra luglio e novembre 2017, nonché veniva disposta la confisca dei terreni di loro proprietà ove prestavano attività i lavoratori sfruttati;
gli imputati venivano assolti perché il fatto non sussiste dal reato di intermediazione fittizia ex art. 603-bis, comma 1, n. 1 cod. pen. in relazione al reclutamento di uno di tali lavoratori per destinarlo al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento.
2. La difesa di entrambi i ricorrenti lamenta, con tre motivi di ricorso, che la motivazione della sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare o avrebbe motivato contraddittoriamente in relazione alle doglianze già prospettate in appello.
3. In particolare, con un primo motivo di ricorso, la difesa lamenta l'erronea applicazione della legge penale e la contraddittorietà della motivazione avendo il giudice, ai fini dell'indicizzazione dello sfruttamento, parametrato le paghe dei lavoratori alla retribuzione prevista dal CCNL di categoria ritenendo che non vi sia la ritenuta macroscopica sproporzione tra la retribuzione di 55 euro netti al giorno previsti dal contratto collettivo e gli effettivi 45 euro netti al giorno attribuiti ai lavoratori.
4. Con un secondo motivo di ricorso la difesa degli imputati coglie il medesimo vizio della motivazione con riferimento alla mancata restituzione dei beni oggetto di confisca rilevando in particolare che la Corte di appello di Palermo nella sentenza impugnata ha evidenziato che i lavoratori sfruttati erano stati reclutati ed effettivamente impiegati durevolmente nell'appezzamento di terreno di contrada Runza nell'agro di AL e tuttavia tale appezzamento di terreno non è stato mai sequestrato in quanto non fa parte della proprietà degli imputati che invece possiedono dei terreni esclusivamente nella città di Mazara del Vallo. Da tale osservazione la difesa deduce la contraddittorietà della motivazione della sentenza della corte di appello che ha mantenuto la confisca sui terreni siti nella città di Mazara del Vallo anche se i ricorrenti avrebbero impiegato effettivamente le vittime del 1 reato nel terreno non di loro proprietà presso la città di AL. Al riguardo osserva la difesa che gli appezzamenti di terreno siti in Mazara del Vallo e confiscati agli odierni ricorrenti non vengono mai menzionati nella sentenza e pertanto, a parere della difesa, viene meno la strumentalità e la pertinenza tra il terreno oggetto di sequestro e il delitto almeno con riguardo all'apprezzamento di terreno sito in AL.
5. Con un terzo motivo di ricorso, strettamente dipendente dal secondo, la difesa lamenta la nullità della sentenza per la mancata motivazione circa la confisca avendo la corte d'appello omesso del tutto di motivare sulle ragioni che hanno condotto a rigettare la richiesta di revoca della confisca ed essendosi limitata in modo generico a motivare in ordine ad un singolo appezzamento di terreno sito nella contrada di AL senza la doverosa motivazione su tutti gli altri terreni sequestrati. Il giudice di appello, a parere della difesa, avrebbe dovuto invece motivare nel senso dell'individuazione dei singoli elementi di prova che abbiano permesso di individuare la pertinenzialità dei singoli appezzamenti di terreni alla commissione del delitto per il quale sono stati condannati gli imputati.
6. Il procuratore generale ha chiesto il rigetto dei ricorsi. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. In ordine al primo motivo di ricorso il Collegio osserva che la critica della difesa si impernia sostanzialmente sulla motivazione circa il riscontrato indice di sfruttamento ex art. 603-bis, comma 3, n. 1) cod. pen., nell'ipotesi concretamente dimostrata (e non posta in discussione dalla difesa stessa) dell'entità della retribuzione quotidiana, di circa 3 euro l'ora, corrisposta per tutto il periodo ai quattro lavoratori africani impiegati presso l'azienda agricola degli imputati. In particolare, viene criticata la dedotta sproporzione richiesta dalla legge utilizzando come parametro il contratto collettivo nazionale di lavoro per la categoria degli operai agricoli laddove, a parere della difesa, il differenziale non costituirebbe, invece, quell'entità economica minima per integrare l'indice di sfruttamento previsto dall'art. 603-bis, comma 3, n.1) cod. pen.. 2. Al riguardo, considerato che il giudizio sulla sussistenza di tale indice, e in particolare sull'elemento della "palese difformità" o "sproporzione" della retribuzione, è valutazione di fatto riservata al giudice di merito, non MV sindacabile dal giudice di legittimità, chiamato ad esercitare il controllo dell'uso logico e coerente dei criteri ermeneutici, si osservi che la 2 motivazione della corte d'appello, conformemente a quella della sentenza di primo grado, si sofferma in modo ampio, lineare, convincente e coerente, sulla discrezionalità del giudice di dedurre la condizione di sfruttamento attraverso uno degli indici dettati dalla legge e in particolare attraverso il parametro ex art. 603-bis, comma 3, n. 1, cod. pen., del confronto tra la retribuzione effettivamente versata ai braccianti e quella prevista dalla contrattazione collettiva per i lavoratori agricoli.
3. Atteso che la difesa chiede sostanzialmente la verifica dell'esercizio del potere discrezionale del giudice nell'interpretazione delle locuzioni normative usate nell'art. 603-bis, comma 3, n. 1, cod. pen., occorre evidenziare che, con una tecnica normativa volta ad agevolare l'individuazione delle fattispecie riconducibili all'alveo della condotta incriminata, il legislatore offre quattro indici per determinare la sussistenza delle condizioni di sfruttamento lavorativo mediante una specifica delimitazione del precetto costituito dal divieto di sfruttamento del lavoro.
4. I vari indicatori delle condizioni di sfruttamento del lavoro elencati nei numeri 1)-4) della disposizione complessivamente disegnano il perimetro dell'area semantica della nozione di sfruttamento del lavoro e in quanto tali partecipano alla specificazione dell'oggettività materiale e giuridica nonché del