Cass. civ., sez. V trib., sentenza 17/07/2019, n. 19173
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
o la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 3184/2014 R.G. proposto da AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, alla via Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende come per legge;- ricorrente -contro FAHRNI FRANCESCO, rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del controricorso, dagli avv.ti R V e R M, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, Piazza Adriana, n. 5;- con troricorrente avverso la sentenza n. 59/1/13 della Commissione Tributaria regionale del Veneto depositata il 18 giugno 2013 udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27 maggio 2019 dal Consigliere Pasqualina A P C;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott. U D A, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;udito il difensore della parte ricorrente, avv. P G;udito il difensore della parte controricorrente, avv. R M FATTI DI CAUSA F F, dipendente della Banca Commerciale Italiana sino al 31 marzo 1997, avendo versato contributi al Fondo Pensioni per il personale del medesimo istituto di credito, a seguito di messa in liquidazione del Fondo, nell'anno 2006 otteneva, in sostituzione della pensione complementare in forma di rendita periodica, una indennità una tantum in forma capitale, alla quale venivano applicate ritenute a titolo IRPEF - a tassazione separata - con aliquota del 34,15 per cento. In data 5 novembre 2009 il contribuente presentava all'Agenzia delle Entrate istanza di rimborso della complessiva somma di euro 24.030,55, deducendo che il Fondo Pensione erroneamente non aveva detratto dall'imponibile lordo il quattro per cento dei contributi versati, come previsto dall'art. 17, comma 2, del t.u.i.r., nella formulazione all'epoca vigente, e che la prestazione pensionistica erogata era stata tassata sull'intero dell'ammontare lordo corrisposto, anziché solo sull'87,5 per cento, come previsto dall'art. 48, comma 7-bis, del t.u.i.r. all'epoca vigente. Avverso il diniego opposto dall'Ufficio, proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, la quale lo accoglieva limitatamente alla detrazione dall'imponibile del 4 per cento dei contributi versati. In esito all'appello principale dell'Agenzia ed all'appello incidentale del contribuente, che chiedeva venisse dichiarato dovuto il rimborso originariamente richiesto, la Commissione tributaria regionale rigettava il primo e, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava dovuto il rimborso nella misura richiesta di euro 24.030,55, oltre interessi di legge. Premettendo di condividere la decisione dei giudici di primo grado che avevano ritenuto che la base imponibile di quanto erogato al contribuente dovesse essere ridotta in ragione dei contributi dallo stesso versati, sia pure limitatamente al 4 per cento delle retribuzioni percepite, osservava che dalla documentazione prodotta agli atti di causa emergeva che, nel periodo 1955- 1994, i dipendenti dell'istituto di credito, e quindi anche il contribuente, avevano versato al Fondo una percentuale delle loro retribuzioni, subendo una trattenuta direttamente a cura del datore di lavoro, e che l'importo erogato al contribuente, diminuito dei contributi versati nel limite del 4 del cento delle retribuzioni, diventava imponibile nella misura dell'87,5 per cento;affermava, inoltre, che l'Agenzia delle Entrate non aveva mosso specifiche censure all'applicazione dell'aliquota di ritenuta fiscale del 29,27 per cento richiesta dal contribuente. Ricorre per la cassazione della suddetta decisione l'Agenzia delle Entrate, con cinque motivi. Il contribuente resiste con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo, deducendo, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., violazione dell'art. 132 cod. proc. civ., la ricorrente sostiene che il ragionamento effettuato dai giudici della Commissione regionale in merito alla deducibilità del 4 per cento dei contributi versati dallo stesso contribuente al Fondo Pensione integra motivazione apparente perché fa riferimento in modo generico alla «documentazione in atti». 1.1. La censura è infondata. 1.2. Secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016). 1.3. Anche di recente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che l'obbligo di motivazione previsto in via generale dall'art. 111, comma 6, Cost. e, nel processo civile, dall'art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., deve intendersi violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass. Sez. U., n. 9279 del 3 aprile 2019). 1.4. Nel caso di specie, la Commissione regionale non si è limitata a motivare per relationem, mediante un mero richiamo generico al contenuto della sentenza di primo grado ed alla documentazione acquisita agli atti del giudizio, inidoneo a soddisfare quel contenuto «minimo costituzionale» che la motivazione deve avere per non incorrere nella violazione di legge e per consentire il controllo di legittimità (Cass. Sez. U., n. 8053 del 2014), ma ha esplicitato le ragioni della conferma della pronuncia di primo grado, con riguardo ai motivi di impugnazione proposti (Cass. n. 4780 del 11/3/2016;Cass. n. 16612 del 7/8/2015;n. 15664 del 9/7/2014;n. 22022 del 21/9/2017), ponendo in rilievo che il diniego dell'Agenzia delle Entrate si basava unicamente sulla risposta che, a fronte di specifica richiesta, il Fondo Pensioni aveva dato con la nota del 15 febbraio 2010, documentazione dalla quale non si poteva far discendere la prova dell'omesso pagamento, da parte del contribuente, dei contributi al Fondo Pensione. Trattasi, dunque, di motivazione che esplicita le ragioni della decisione, per cui i profili di genericità censurati con il mezzo in esame non viziano tale motivazione in modo così radicale da renderla meramente apparente e da escludere l'idoneità della stessa ad assolvere alla funzione di cui all'art. 36 del d.lgs. n. 546/1992. 2. Con il secondo motivo, si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., omesso esame su un fatto decisivo del giudizio costituito dal versamento dei contributi.La difesa erariale lamenta che i giudici regionali, oltre a fondare la decisione su una non precisata «documentazione agli atti», si sono limitati a richiamare a giustificazione del loro convincimento l'art. 18 dello Statuto del Fondo Pensione senza prendere in esame altri fondamentali elementi, quali il modello CUD 2007, il modello 770/2007, la nota del 27 aprile 2010, nonché la «Nota sugli aspetti particolari del sistema previdenziale del Fondo», atti tutti successivi allo Statuto che evidenziavano in modo chiaro il meccanismo seguito dal Fondo per determinare le imposte applicabili alla rendita periodica prima ed al capitale erogato una tantum poi. Fa, pure, rilevare che il contribuente è un «vecchio iscritto a vecchi fondi» e che dalla documentazione prodotta non emerge che il Fondo di cui si discute sia di tipo «assicurativo», per cui, ai fini fiscali, le prestazioni pensionistiche erogate in forma di capitale devono essere tassate con la medesima aliquota applicata al T.F.R., ai sensi dell'art. 17, comma 2, del t.u.i.r., essendo il capitale maturato antecedentemente al 31 dicembre 2000;conseguentemente, seppure è pacifico che i contributi effettivamente versati dai lavoratori al Fondo pensione, nel limite del 4 per cento, devono essere dedotti dagli importi da sottoporre a tassazione, non risulta dimostrato, nel caso di specie, che il lavoratore abbia concorso alla formazione del capitale poi erogato dallo stesso Fondo. Contesta, pertanto, alla Commissione regionale di non avere tenuto conto ai fini della decisione di quanto emerge dalla nota del Fondo del 27 aprile 2010, prodotta unitamente all'atto di appello, nonostante si tratti di documento decisivo e rilevante.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi