Cass. civ., sez. II, sentenza 24/11/2022, n. 34646
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Testo completo
seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 8746/2017 R.G. proposto da G G e R D, rappresentati e difesi dagli avv. S B e L T, elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultima in Roma in via Antistio n. 14;
- ricorrenti -
contro
S.r.l. Edilizia Ing. M F, in persona dell'amministratore unico F M, rappresentata e difesa dagli avvocati F F e F M, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma in via Tibullo n. 20;
- controricorrenter avverso la sentenza della Corte d'appello di Torino n. 307 del 2017;
itg ( "n,,0 udita la relazione svolta dal Consigliere A M;
viste le conclusioni del PM dott. G.Fichera, che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.G G e D R proposero opposizione dinanzi al Tribunale di Biella avverso il decreto ingiuntivo n. 138/11 con cui veniva loro ingiunto di pagare 71.839,61,& euro quale residuo dovuto in forza della fattura n. 12 del 20.11.2001 a titolo di compenso per le opere eseguite in regime di appalto, oltre ad interessi e spese legali in favore di S.r.l. Edilizia Ing. M F. G G e D R contestarono l'entità della somma richiesta assumendo di aver già provveduto al pagamento delle somme dovute, dal momento che l'appaltatore non aveva provveduto all'integrale realizzazione dell'opera a seguito di divergenze insorte sulle modalità di esecuzione. Nel dettaglio, i ricorrenti evidenziarono come inizialmente la società avesse formulato una proposta (contenuta in un primo preventivo redatto il 30.9.2000) per la realizzazione dell'intero immobile pari a lire 468.026, 940, oltre IVA, da decrennentare avendo poi i committenti ridotto le dimensioni del primo piano e deciso di affidare l'esecuzione dei serramenti ad altra impresa. Il contratto venne poi risolto per inadempienze della società appaltatrice e, alla stregua di una verifica effettuata da diverso professionista, i ricorrenti sostennero che la somma pari ad euro 114,017,79 fosse corrispondente alla valorizzazione dell'opera parzialmente eseguita.
1.2. La S.r.l. Edilizia Ing. M F evidenziò in quella sede di aver redatto il preventivo del 30.9.2000, in sostituzione del precedente datato 23.6.2000, sulla scorta del solo disegno architettonico sottopostole dai committenti e da questi ultimi poi ripetutamente modificato, senza poter visionare quelli strutturali e la località, e dovendosi pertanto il citato documento essere inteso a misura con quantità solo indicative rispetto ai prezzi unitari. Il giudice di prime cure, espletata l'attività istruttoria, qualificò l'appalto a misura e, in conformità con gli esiti della CTU, ritenne che le opere poste in essere dalla società appaltatrice fossero da valorizzarsi in totali euro 168.871,28. Sicché, detraendo gli acconti versati dai committenti, il residuo credito fu determinato in euro 54.475,36, comprensivi di IVA.
2.La sentenza venne impugnata dagli odierni ricorrenti eccependo preliminarmente l'inutilizzabilità della relazione della consulenza d'ufficio, essendo l'ausiliario incorso in diversi errori, sminuendo il rischio d'impresa che gravava sull'appellata. I ricorrenti lamentarono la violazione urna artti. 1657 c.c., essendo stato il corrispettivo pattuito „.01( dalle parti contraenti, oltre che interamente pagato per quanto di ragione, sicché non avrebbe potuto essere individuato dal giudice mediante consulenza tecnica. Si prospettò infine la mancata applicazione dell'art.1660 c.c. La Corte d'appello rigettò l'appello e confermò, quindi, la decisione di prime cure sul presupposto che la qualificazione dell'appalto quale a misura e non a corpo non fosse stata oggetto di specifica censura in sede di appello così come la complessiva ratto adottata dal primo giudice in via consequenziale ed al fine di addivenire all'individuazione del corrispettivo totale maturato a credito dell'appellata.
3.G G e D R impugnano la sentenza con 3 motivi, resiste con controricorso Edilizia Ing. M F s.n.c. In prossimità dell'udienza i ricorrenti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell'art.1655 c.c. non essendo stata valorizzata la gestione a proprio rischio, così come previsto dalla disposizione invocata, da parte della società appaltatrice, dell'esecuzione dell'opera.Il motivo è inammissibile. Deve al riguardo evidenziarsi come, correttamente, il giudice di seconde cure abbia motivato il rigetto dell'appello muovendo dalla mancata impugnazione da parte degli odierni ricorrenti della ricostruzione giuridica effettuata dal Tribunale di Biella del contratto intercorso tra le parti quale a misura e non a corpo. Muovendo da tale qualificazione del contratto, la doglianza, in questa sede si appalesa come inammissibile non avendo censurato i ricorrenti in appello specificatamente la predetta qualificazione.
3. Non ha pregio anche la seconda censura, con la quale si denuncia la violazione dell'art. 1657 c.c. per aver il giudice determinato il corrispettivo, atteso che essendo l'appalto a misura, ben sussistevano le condizioni perché operasse la disposizione, non avendo il contratto disposto al riguardo. Va in questa sede evidenziato che nel contratto di appalto stipulato tra privati, quando il corrispettivo sia stato fissato a corpo e non a misura, il prezzo viene determinato in una somma fissa ed invariabile che non può subire modifiche, se non giustificate da variazioni in corso d'opera;
sicché, nel caso di parziale inadempimento dell'appaltatore, ove sia necessario determinare il suo compenso per i lavori già eseguiti, il dato di riferimento è sempre il prezzo concordato a corpo, con la conseguenza che da questo va
- ricorrenti -
contro
S.r.l. Edilizia Ing. M F, in persona dell'amministratore unico F M, rappresentata e difesa dagli avvocati F F e F M, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma in via Tibullo n. 20;
- controricorrenter avverso la sentenza della Corte d'appello di Torino n. 307 del 2017;
itg ( "n,,0 udita la relazione svolta dal Consigliere A M;
viste le conclusioni del PM dott. G.Fichera, che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.G G e D R proposero opposizione dinanzi al Tribunale di Biella avverso il decreto ingiuntivo n. 138/11 con cui veniva loro ingiunto di pagare 71.839,61,& euro quale residuo dovuto in forza della fattura n. 12 del 20.11.2001 a titolo di compenso per le opere eseguite in regime di appalto, oltre ad interessi e spese legali in favore di S.r.l. Edilizia Ing. M F. G G e D R contestarono l'entità della somma richiesta assumendo di aver già provveduto al pagamento delle somme dovute, dal momento che l'appaltatore non aveva provveduto all'integrale realizzazione dell'opera a seguito di divergenze insorte sulle modalità di esecuzione. Nel dettaglio, i ricorrenti evidenziarono come inizialmente la società avesse formulato una proposta (contenuta in un primo preventivo redatto il 30.9.2000) per la realizzazione dell'intero immobile pari a lire 468.026, 940, oltre IVA, da decrennentare avendo poi i committenti ridotto le dimensioni del primo piano e deciso di affidare l'esecuzione dei serramenti ad altra impresa. Il contratto venne poi risolto per inadempienze della società appaltatrice e, alla stregua di una verifica effettuata da diverso professionista, i ricorrenti sostennero che la somma pari ad euro 114,017,79 fosse corrispondente alla valorizzazione dell'opera parzialmente eseguita.
1.2. La S.r.l. Edilizia Ing. M F evidenziò in quella sede di aver redatto il preventivo del 30.9.2000, in sostituzione del precedente datato 23.6.2000, sulla scorta del solo disegno architettonico sottopostole dai committenti e da questi ultimi poi ripetutamente modificato, senza poter visionare quelli strutturali e la località, e dovendosi pertanto il citato documento essere inteso a misura con quantità solo indicative rispetto ai prezzi unitari. Il giudice di prime cure, espletata l'attività istruttoria, qualificò l'appalto a misura e, in conformità con gli esiti della CTU, ritenne che le opere poste in essere dalla società appaltatrice fossero da valorizzarsi in totali euro 168.871,28. Sicché, detraendo gli acconti versati dai committenti, il residuo credito fu determinato in euro 54.475,36, comprensivi di IVA.
2.La sentenza venne impugnata dagli odierni ricorrenti eccependo preliminarmente l'inutilizzabilità della relazione della consulenza d'ufficio, essendo l'ausiliario incorso in diversi errori, sminuendo il rischio d'impresa che gravava sull'appellata. I ricorrenti lamentarono la violazione urna artti. 1657 c.c., essendo stato il corrispettivo pattuito „.01( dalle parti contraenti, oltre che interamente pagato per quanto di ragione, sicché non avrebbe potuto essere individuato dal giudice mediante consulenza tecnica. Si prospettò infine la mancata applicazione dell'art.1660 c.c. La Corte d'appello rigettò l'appello e confermò, quindi, la decisione di prime cure sul presupposto che la qualificazione dell'appalto quale a misura e non a corpo non fosse stata oggetto di specifica censura in sede di appello così come la complessiva ratto adottata dal primo giudice in via consequenziale ed al fine di addivenire all'individuazione del corrispettivo totale maturato a credito dell'appellata.
3.G G e D R impugnano la sentenza con 3 motivi, resiste con controricorso Edilizia Ing. M F s.n.c. In prossimità dell'udienza i ricorrenti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell'art.1655 c.c. non essendo stata valorizzata la gestione a proprio rischio, così come previsto dalla disposizione invocata, da parte della società appaltatrice, dell'esecuzione dell'opera.Il motivo è inammissibile. Deve al riguardo evidenziarsi come, correttamente, il giudice di seconde cure abbia motivato il rigetto dell'appello muovendo dalla mancata impugnazione da parte degli odierni ricorrenti della ricostruzione giuridica effettuata dal Tribunale di Biella del contratto intercorso tra le parti quale a misura e non a corpo. Muovendo da tale qualificazione del contratto, la doglianza, in questa sede si appalesa come inammissibile non avendo censurato i ricorrenti in appello specificatamente la predetta qualificazione.
3. Non ha pregio anche la seconda censura, con la quale si denuncia la violazione dell'art. 1657 c.c. per aver il giudice determinato il corrispettivo, atteso che essendo l'appalto a misura, ben sussistevano le condizioni perché operasse la disposizione, non avendo il contratto disposto al riguardo. Va in questa sede evidenziato che nel contratto di appalto stipulato tra privati, quando il corrispettivo sia stato fissato a corpo e non a misura, il prezzo viene determinato in una somma fissa ed invariabile che non può subire modifiche, se non giustificate da variazioni in corso d'opera;
sicché, nel caso di parziale inadempimento dell'appaltatore, ove sia necessario determinare il suo compenso per i lavori già eseguiti, il dato di riferimento è sempre il prezzo concordato a corpo, con la conseguenza che da questo va
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