Cass. civ., SS.UU., ordinanza 22/12/2021, n. 41169

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., ordinanza 22/12/2021, n. 41169
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 41169
Data del deposito : 22 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al

NRG

24117 del 2020 promosso da: Z A, rappresentato e difeso dall'Avvocato A C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Emilio de' Cavalieri, n. 11;

- ricorrente -

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTE- RO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, con domicilio presso l'Ufficio in Roma, via Baiamonti, n. 25;

- controricorrente -

per la cassazione della sentenza della Corte dei conti, Terza Sezione giurisdizionale centrale d'appello, n. 75/2020, pubblicata il 20 aprile 2020. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 dicembre 2021 dal Consigliere A G;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Pro- curatore Generale Aggiunto L S, che ha chiesto che la Corte rigetti il ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. - La Sezione giurisdizionale per l'Emilia-Romagna della Corte dei conti, con sentenza in data 25 giugno 2018, ha condannato il prof. A Z al pagamento, in favore dell'Università degli Studi di Parma, della somma di euro 76.195,50, oltre accessori, per avere trattenuto indebitamente i compensi percepiti, nel periodo dal 2006 al 2009, per lo svolgimento di attività extraistituzionale senza autorizzazione, in violazione dell'art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001. La Procura territoriale aveva contestato al prof. Z, nella sua qualità di ordinario di economia delle aziende pubbliche presso l'Università di Parma in regime di lavoro a tempo pieno dal 2006, lo svolgimento di diverse attività libero professionali in violazione della normativa che disciplina il regime di incompatibilità e di autorizzazio- ne per i professori universitari a tempo pieno (art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001;
art. 11 del d.P.R. n. 382 del 1980;
disposizio- ni regolamentari in vigore ratione temporis presso l'Ateneo di Parma). In particolare, preso atto che con decreti n. 1171 del 26 settem- bre 2013 e n. 106 del 27 gennaio 2014 il Rettore dell'Università ave- va autorizzato, ora per allora, lo svolgimento di diversi incarichi libero professionali da parte del docente, il Pubblico Ministero aveva conte- stato al convenuto di aver trattenuto indebitamente i compensi per- cepiti per le restanti attività rimaste prive di autorizzazione dell'Amministrazione di appartenenza. -2 _ La Sezione territoriale della Corte dei conti ha accolto la domanda del Pubblico Ministero, dopo aver ritenuto provata la responsabilità del prof. Z per l'omesso versamento dei compensi percepiti in violazione delle norme sull'incompatibilità, in relazione ad incarichi aventi natura non meramente scientifica e consultiva ma svolti con fi- nalità di supporto a livello dirigenziale e manageriale degli enti confe- renti e che necessitavano, pertanto, di specifica autorizzazione da parte dell'Università. 2. - La Corte dei conti, Terza Sezione giurisdizionale centrale d'appello, con sentenza resa pubblica mediante deposito in segreteria il 20 aprile 2020, ha respinto l'appello proposto dal prof. Z. 2.1. - La Corte dei conti ha innanzitutto affermato di avere giuri- sdizione nella materia oggetto di controversia, escludendo che a ciò sia di ostacolo il fatto che il comma 7 -bis dell'art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, introdotto dalla legge n. 190 del 2012, che tale giurisdizio- ne contempla, sia sopravvenuto ai fatti di causa. Il giudice contabile d'appello ha poi rigettato l'eccezione di inter- venuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno e ha afferma- to che tutti gli incarichi oggetto della pronuncia di condanna in primo grado necessitavano ab origine dell'autorizzazione da parte dell'Amministrazione. 3. - Per la cassazione della sentenza della Corte dei conti, Terza Sezione Giurisdizionale centrale d'appello, il prof. Z ha pro- posto ricorso, con atto notificato il 28 settembre 2020, sulla base di due motivi. Ha resistito, con controricorso, il Procuratore Generale rappresen- tante il Pubblico Ministero presso la Corte dei conti, concludendo per l'inammissibilità e comunque per l'infondatezza del ricorso. 4. - Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ.Il Pubblico Ministero presso la Corte di cassazione ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso. In prossimità della camera di consiglio il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. - Il primo motivo di ricorso è rubricato "illegittimità della sen- tenza impugnata, in relazione all'art. 111, ottavo comma, Cost. e all'art. 360, primo comma, n. 1, cod. proc. civ., per difetto di giurisdi- zione della Corte dei conti in ordine alla fattispecie considerata, trat- tandosi di fatti anteriori all'entrata in vigore della legge n. 190 del 2012 (art. 1, comma 42) che ha introdotto il comma 7 -bis all'art. 53 d.lgs. n. 165 del 2001;
violazione e falsa applicazione del suddetto art. 53, comma 7 -bis, del d.lgs. n. 165 del 2001 in rapporto all'art. 11 disp. prel. cod. civ." Il ricorrente sottolinea la portata innovativa della legge n. 190 del 2012 nella parte in cui (art. 1, comma 42) ha inserito il comma 7 -bis all'art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, contenente la previsione secon- do cui l'omissione del versamento del compenso da parte del dipen- dente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti, con la conse- guente inapplicabilità della norma ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore. Osserva il ricorrente che, poiché gli incarichi non autorizzati con- testati al prof. Z sono tutti ampiamente risalenti ad un perio- do anteriore alla data di entrata in vigore della novella legislativa, do- vrebbero valere le ordinarie regole di riparto della giurisdizione, con la sottoposizione di questa controversia legata alla ripetizione di quanto indebitamente percepito alla giurisdizione ordinaria. Ad avviso del ricorrente, la giurisdizione contabile potrebbe pro- spettarsi solo quando alla contestazione del mancato riversamento delle somme nel bilancio dell'ente di appartenenza si accompagnino - 4 - profili specifici e ulteriori di danno (danno all'immagine, danno da sot- trazione di energie lavorative), che però devono essere diversi dal semplice svolgimento di attività non autorizzata e dal mancato river- samento dei compensi, e devono essere puntualmente contestati al convenuto. Secondo il ricorrente, avrebbe errato la Corte dei conti a rivendi- care una competenza giurisdizionale non sussistente, in primo luogo per l'anteriorità dei fatti contestati rispetto alla novella legislativa del 2012, che non sarebbe una norma meramente confermativa di un preteso precedente indirizzo;
in secondo luogo (e premessa, e incon- troversa, la anteriorità dei fatti contestati rispetto al 2012) per l'assenza nel caso in esame di profili di danno all'immagine dell'Ateneo o di danno da disservizio, mai contestati al prof. Z- di nel corso del procedimento, al quale invece è sempre stato ricono- sciuto, dagli stessi organi dell'Università, il pieno assolvimento dei suoi compiti istituzionali, didattici, scientifici. 1.1. - Il motivo è infondato. 1.2. - Sotto la rubrica "Incompatibilità, cumulo di impieghi e inca- richi", l'art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, prevede, al comma 7, che «I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche poten- ziali, di conflitto di interessi. ... In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità discipli- nare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte de- ve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenen- za del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.» -5 _ La disposizione del comma 7 è completata dal comma 7-bis, ag- giunto dalla legge n. 190 del 2012. Secondo quest'ultima norma, «L'omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costi- tuisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione del- la Corte dei conti.» Questa Corte regolatrice, con orientamento consolidato, ha statui- to che l'azione promossa dal Procuratore regionale della Corte dei conti nei confronti del dipendente della P.A. che abbia omesso di ver- sare alla propria amministrazione i corrispettivi percepiti nello svolgi- mento di un incarico non autorizzato, è devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti. Tale regola di individuazione del giudice munito di giurisdizione vale anche se la percezione dei compensi si sia avuta in epoca precedente alla introduzione del comma 7-bis, essendo que- sta una norma ricognitiva del pregresso indirizzo giurisprudenziale fa- vorevole alla giurisdizione contabile. Si vede, infatti, in ipotesi di re- sponsabilità erariale, che il legislatore ha tipizzato non solo nella con- dotta, ma annettendo, altresì, valenza sanzionatoria alla predetermi- nazione legale del danno, attraverso la quale si è inteso tutelare la compatibilità dell'incarico extraistituzionale in termini di conflitto di interesse e il proficuo svolgimento di quello principale in termini di adeguata destinazione di energie lavorative verso il rapporto pubblico (tra le molte, Cass., Sez. Un., 26 giugno 2019, n. 17124;
Cass., Sez. Un., 14 gennaio 2020, n. 415;
Cass., Sez. Un., 9 marzo 2021, n. 6473;
Cass., Sez. Un., 26 marzo 2021, n. 8570;
Cass., Sez. Un., 5 novembre 2021, n. 32199;
Cass., Sez. Un., 23 novembre 2021, n. 36205). 1.3. - L'azione del Pubblico Ministero contabile - come esatta- mente evidenziato dall'Ufficio del Procuratore Generale presso questa Corte nelle conclusioni scritte - trova dunque giustificazione nella vio- lazione del dovere di chiedere l'autorizzazione allo svolgimento degli incarichi extralavorativi e del conseguente (rafforzativo) obbligo di ri- versare all'amministrazione i compensi per essa ricevuti, costituendo, queste, prescrizioni chiaramente strumentali al corretto esercizio delle mansioni, in quanto preordinate a garantirne il proficuo svolgimento attraverso il previo controllo dell'amministrazione sulla possibilità, per il dipendente, di impegnarsi in un'ulteriore attività senza pregiudizio dei compiti di istituto. E poiché la previsione della giurisdizione contabile, ai sensi del ri- chiamato art. 53, comma 7-bis, non ha portata innovativa, ma si po- ne in rapporto di continuità regolativa con l'orientamento giurispru- denziale, già delineatosi, favorevole alla giurisdizione del giudice spe- ciale (Cass., Sez. Un., 22 dicembre 2015, n. 25769, che richiama Cass., Sez. Un., 2 novembre 2011, n. 22688), correttamente la sen- tenza impugnata ha ritenuto la domanda del Procuratore regionale at- tratta alla giurisdizione della Corte dei conti anche se i compensi sono stati percepiti dal prof. Z in relazione ad incarichi svolti ante- riormente all'entrata in vigore della norma (art. 1, comma 42, della legge n. 190 del 2012) che detto comma 7-bis ha introdotto. Né era necessario, perché la controversia ricadesse nella giurisdi- zione della Corte dei conti, che alla contestazione del mancato river- samento delle somme nel bilancio dell'ente di appartenenza si ac- compagnasse quella di profili specifici e ulteriori di danno (danno all'immagine, danno da sottrazione di energie lavorative), diversi dal semplice svolgimento di attività non autorizzata e dal mancato river- samento dei compensi. 2. - Con il secondo motivo (illegittimità della sentenza per dene- gata giustizia) il ricorrente si duole che la Corte dei conti abbia omes- so completamente di esaminare alcune censure sollevate dal prof. Z (in particolare, nel terzo motivo di diritto dell'atto di appel- lo, punti 2, 3 e 4). Con tali censure era stato evidenziato come già l'art. 11, comma 5, del d.P.R. n. 382 del 1980 escludesse -7 _ l'incompatibilità con il regime di impegno a tempo pieno per le attività comunque svolte per conto di amministrazioni dello Stato, enti pub- blici e organismi a prevalente partecipazione statale, purché prestate in quanto esperti nel proprio campo disciplinare e compatibilmente con l'assolvimento dei propri compiti istituzionali. Ad avviso del ricor- rente, sarebbero altresì assenti motivazioni in ordine alle ragioni per cui il giudice di appello avrebbe ritenuto di non condividere la tesi prospettata dalla difesa del prof. Z circa l'applicabilità, anche agli incarichi anteriori rispetto all'entrata in vigore dell'art. 6, comma 10, della legge n. 240 del 2010, del trattamento più favorevole intro- dotto dalla normativa sopravvenuta. La sentenza impugnata, pertanto, sarebbe, ad avviso del ricorren- te, "gravemente carente" sul piano della motivazione, in particolare su due punti della controversia, il che integrerebbe gli estremi del di- niego di giurisdizione per mancanza da parte del giudice contabile ri- spetto al suo dovere di pronunciarsi su tutti i punti della controversia. Questo difetto assoluto di valutazione su punti essenziali della controversia - deduce il ricorrente nella memoria illustrativa - avreb- be fortemente compromesso il diritto del prof. Z ad un giusto processo. La denunciata carenza - si sostiene - potrebbe essere con- siderata idonea ad integrare un motivo di giurisdizione, perché ri- guarderebbe non il contenuto sostanziale dell'esercizio della funzione, ma la sua stessa rispondenza formale ad un principio di giusto pro- cesso e di effettività del diritto di difesa. 2.1. - Il motivo è inammissibile. 2.2. - Il ricorso per cassazione contro le decisioni della Corte dei conti può essere proposto soltanto per motivi inerenti alla giurisdizio- ne (artt. 111, ottavo comma, Cost., 362 cod. proc. civ. e 207 del co- dice di giustizia contabile, approvato con il d.lgs. n. 174 del 2016) (Cass., Sez. Un., 19 marzo 2020, n. 7457;
Cass., Sez. Un., 3 agosto 2021, n. 22140). -8 _ Come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare (Cass., Sez. Un., 13 maggio 2020, n. 8848;
Cass., Sez. Un., 19 aprile 2021, n. 10245;
Cass., Sez. Un., 26 ottobre 2021, n. 30112), l'eccesso di potere denunciabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione va riferito alle sole ipotesi di difetto assolu- to di giurisdizione (che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla di- screzionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale) o di difetto relativo di giurisdi- zione (riscontrabile quando detto giudice abbia violato i limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero ne- gandola sull'erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici);
e poiché la nozione di eccesso di potere giurisdizionale non ammette letture estensive, neanche limitatamente ai casi di sentenze abnormi, anomale ovvero caratterizzate da uno stravolgimento radicale delle norme di riferimento, il relativo vizio non è configurabile in relazione a denunciate violazioni di legge sostanziale o processuale riguardanti il modo di esercizio della giurisdizione speciale (Cass., Sez. Un., 4 febbraio 2021, n. 2605). E' naturale che qualsiasi erronea interpretazione o applicazione di norme ovvero qualsiasi vizio di attività processuale in cui il giudice possa incorrere nell'esercizio della funzione giurisdizionale, ove incida sull'esito della decisione, può essere letta in chiave di lesione della pienezza della tutela giurisdizionale cui ciascuna parte legittimamente aspira, perché la tutela si realizza compiutamente se il giudice inter- preta ed applica in modo corretto le norme destinate a regolare il ca- so sottoposto al suo esame e se esamina e valuta tutti i punti essen- ziali della controversia. -9 - Non per questo, però, ogni errore di giudizio o di attività proces- suale imputabile al giudice è qualificabile come eccesso di potere giu- risdizionale assoggettabile al sindacato della Corte di cassazione, qua- le risulta delineato dall'art. 111, ottavo comma, Cost. e dagli artt.362 cod. proc. civ. e 207 del codice di giustizia contabile. Ne risulte- rebbe altrimenti del tutto obliterata la distinzione tra limiti interni ed esterni della giurisdizione e il sindacato di questa Corte sulle sentenze del giudice speciale verrebbe di fatto ad avere una latitudine non dis- simile da quella che ha sui provvedimenti del giudice ordinario: ciò che la norma costituzionale e le disposizioni processuali dianzi richia- mate non sembrano invece consentire (Cass., Sez. Un., 14 settembre 2020, n. 19085). Si è ribadito (Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2018, n. 32773;
Cass., Sez. Un., 9 aprile 2020, n. 7762) che la negazione in concreto di tu- tela alla situazione soggettiva azionata, determinata dall'erronea in- terpretazione delle norme sostanziali o processuali o dal vizio di omessa pronuncia, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione così da giustificare il ricorso previ- sto dall'art. 111, ottavo comma, Cost.Nella misura in cui riconduce ipotesi di errores in iudicando o in procedendo ai motivi inerenti alla giurisdizione, la tesi del concetto di giurisdizione in senso dinamico - ha sottolineato la Corte costituzio- nale nella sentenza n. 6 del 2018 - comporta una più o meno com- pleta assimilazione dei due tipi di ricorso, ai sensi del settimo e dell'ottavo comma dell'art. 111 Cost., e si pone in contrasto con tale disposizione costituzionale e con l'assetto pluralistico delle giurisdizio- ni stabilito dalla Carta fondamentale che, appunto per questo, ha sot- tratto le sentenze (del Consiglio di Stato e) della Corte dei conti al controllo nomofilattico della Corte di cassazione, stabilendo una riser- va di nomofilachia in favore dei rispettivi organi di vertice delle due giurisdizioni speciali. - 10 - In materia di ricorso per cassazione avverso le sentenze del giudi- ce speciale, integra il vizio di rifiuto dell'esercizio della giurisdizione l'affermazione - contro la regula iuris che attribuisce a quel giudice il potere di dicere ius sulla domanda - che la situazione soggettiva fatta valere in giudizio è, in astratto, priva di tutela, allorché essa sia cor- redata dal rilievo della estraneità di tale situazione non solo alla pro- pria giurisdizione ma anche a quella di ogni altro giudice;
mentre, ove tale affermazione sia accompagnata dal riconoscimento dell'esistenza dell'altrui giurisdizione, ricorre un'ipotesi di diniego della propria giuri- sdizione, l'uno e l'altro vizio, peraltro, risultando i soli sindacabili dalla Corte di cassazione ex art. 111, ultimo comma, Cost., diversamente dall'erronea negazione, in concreto, della tutela alla situazione sog- gettiva azionata (Cass., Sez. Un., 6 giugno 2017, n. 13976). 2.3. - Poste tali premesse, non è sindacabile in questa sede il prospettato rifiuto o diniego di giurisdizione. Il ricorrente denuncia, infatti, l'omesso esame da parte della Corte dei conti di alcune censure sollevate con il terzo motivo di appello, concernenti, per un verso, la contestata necessità dell'autorizzazione nel caso di incarichi conferiti da amministrazioni dello Stato, enti pub- blici e organismi a prevalente partecipazione statale e, per l'altro ver- so, l'applicabilità dell'art. 6, comma 10, della legge n. 240 del 2010, in virtù del principio di retroattività del trattamento sanzionatorio più favorevole, ritenuto riferibile anche all'illecito amministrativo. Sennonché, in tema di sindacato sulle decisioni della Corte dei conti per motivi inerenti alla giurisdizione, è inammissibile il ricorso che si fondi sulla mancata osservanza, da parte del giudice contabile, del suo dovere di pronunciarsi su tutti i punti della controversia, se- condo le regole del giusto processo, trattandosi di un vizio che ri- guarda esclusivamente il sindacato sui limiti interni della giurisdizio- ne, non potendosi configurare il rifiuto di giurisdizione (Cass., Sez. Un., 21 settembre 2020, n. 19675). an, Infatti, il ricorso avverso la sentenza della Corte dei conti, con il quale si deduce l'omessa pronuncia su alcune censure veicolate con l'atto di appello, può integrare motivo inerente alla giurisdizione solo se l'omissione è giustificata dalla ritenuta estraneità delle questioni prospettate con i motivi di gravame alle attribuzioni giurisdizionali del giudice contabile, non quando, come nella specie, si prospetti come errore in procedendo (Cass., Sez. Un., 17 novembre 2016, n. 23395). Affinché si abbia rifiuto o diniego di giurisdizione, occorre che una domanda sia stata proposta e che il giudice adito, nel declinare la giu- risdizione, ritenga che la situazione soggettiva fatta valere in giudizio sia in astratto priva di tutela ovvero riconosca che, sulla stessa, la competenza giurisdizionale spetti ad un giudice appartenente ad un diverso plesso. Ne deriva che l'omessa pronuncia, da parte della Corte dei conti, in ordine ad alcuni profili della controversia oggetto dei motivi di ap- pello, non è deducibile con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, ottavo comma, Cost., risolvendosi in un mero error in proceden- do in ordine alla censura elusa, a meno che il giudice contabile non abbia giustificato il proprio rifiuto di decidere adducendo l'estraneità delle questioni sollevate dall'appellante all'ambito delle proprie attri- buzioni giurisdizionali (Cass., Sez. Un., 4 ottobre 2021, n. 26841;
Cass., Sez. Un., 11 ottobre 2021, n. 27546): ipotesi, questa, che non ricorre nella fattispecie in esame, non essendo d'altra parte la pro- spettata gravità della violazione ipotizzata dal ricorrente da sola suffi- ciente a far ridondare l'eventuale errore in superamento degli ambiti propri della giurisdizione del giudice speciale. 3. - Il ricorso è rigettato. 4. - Non vi è luogo a pronuncia sulle spese nei confronti del Pro- curatore generale della Corte dei conti, stante la sua posizione di par- te solo in senso formale. Il Procuratore generale, infatti, così come non può sostenere l'onere delle spese processuali nel caso di sua soc- - 12 - t,, combenza, al pari di ogni altro ufficio del pubblico ministero, non può essere destinatario di una pronuncia attributiva della rifusione delle spese quando, come nella specie, soccombente risulti il suo contrad- dittore. 5. - Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gen- naio 2013 ed è rigettato, ricorrono i presupposti processuali per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
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