Cass. pen., sez. V trib., sentenza 24/05/2023, n. 22635

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V trib., sentenza 24/05/2023, n. 22635
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 22635
Data del deposito : 24 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da B A, nata a Monza il 21 dicembre 1976;
avverso la sentenza del 16 novembre 2022, della Corte appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere M C;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale S P, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16 novembre 2022, la Corte d'appello di Milano, confermando la condanna pronunciata in primo grado, ha ritenuto A B responsabile dei reati di cui agli artt. 582 e 612 cod. pen. commessi ai danni di B P, infermiera professionale in servizio presso il pronto soccorso dell'ospedale San Raffaele di Milano.

2. Avverso questa sentenza, propone ricorso la B, articolando due autonomi motivi di censura. Il primo, formulato sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, deduce l'eccessività della pena base, indicata in anni uno e mesi uno di reclusione, e la mancanza di adeguata motivazione a supporto della relativa quantificazione. Il secondo, anche esso formulato sotto i medesimi profili, censura la mancata concessione delle attenuanti generiche, escluse sulla mera enunciazione dei precedenti penali dei quali sarebbe gravata l'imputata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è complessivamente inammissibile. La Corte d'appello ha negato alla B le attenuanti generiche in ragione dei numerosi precedenti penali emersi a suo carico, confermando la determinazione dell'originario trattamento sanzionatorio (pena base anni uno e mesi uno di reclusione, in relazione al più grave reato di lesioni, aumentata di giorni quindici di reclusione a titolo di continuazione e ridotta a mesi nove di reclusione in ragione della scelta del rito). Ebbene, nell'ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali (come in concreto è avvenuto, a fronte di una forbice edittale che va da sei mesi a tre anni di reclusione), il giudice ottempera all'obbligo motivazionale di cui all'art. 125, comma 3, cod. proc. pen., anche ove adoperi espressioni come "pena congrua", "pena equa", "congruo aumento", ovvero si richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo (Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, Rv. 237402), come accaduto nel caso concreto. Parallelamente, questa Corte ha già ripetutamente affermato come, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, il giudice di merito non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, poiché è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi da tale valutazione (ex multis Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899). E le argomentazioni offerte dalla Corte territoriale (limitatasi a richiamare i precedenti penali) sono logiche, non contraddittorie e coerenti con i dati processuali richiamati ed in quanto tali, alla luce di quanto considerato, insindacabili in sede di legittimità.
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