Cass. pen., sez. VI, sentenza 11/04/2024, n. 17316

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Sentenza
11 aprile 2024
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11 aprile 2024

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In tema di estradizione, in assenza di trattato con lo Stato richiedente, la regola prevista dall'art. 698, comma 2, cod. proc. pen. non consente l'estradizione processuale in favore dello Stato estero nel caso in cui il fatto per il quale questa è domandata sia punito con la pena di morte. (Fattispecie in tema di estradizione processuale richiesta dalla Repubblica Islamica del Pakistan in relazione al reato di omicidio volontario).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 11/04/2024, n. 17316
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17316
Data del deposito : 11 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

173 16-24 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SESTA SEZIONE PENALE Composta da Sent. n. sez. 577 Presidente - Gaetano De Amicis CC 11/04/2024 - Relatore - Angelo Capozzi R.G.N. 7553/2024 Emilia Anna Giordano Antonio Costantini Ombretta Di Giovine ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da Procuratore generale presso la Corte di appello di Trieste nei confronti di AS AD, nato in [...] il [...] avverso la sentenza del 07/02/2024 della Corte di appello di Trieste visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Angelo Capozzi;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mariella De Masellis, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso, letta la memoria dell'Avv. Massimo Scrascia, con la quale si chiede la declaratoria di inammissibilità o rigetto del ricorso. h RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Trieste ha dichiarato non sussistenti le condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione processuale formulata dalla Repubblica Islamica del Pakistan nei confronti di AD AS, arrestato a seguito della esecuzione di un mandato di cattura emesso il 18 giugno 2020 dal Tribunale di MA DI (Pakistan) per il reato di omicidio volontario di cui agli artt. 302, 148 e 149 del codice penale pakistano, commesso il 20 maggio 2019. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Trieste denunciando un errore nella applicazione degli artt. 705 e 698, comma 2, cod. proc. pen. e l'erronea interpretazione della documentazione trasmessa dallo Stato richiedente l'estradizione. Nella prospettazione seguita dal ricorrente, pur condividendosi il principio della necessaria certezza che all'estradando non sia comminata la pena di morte in relazione al reato ascrittogli, l'assunto che nega la sussistenza di tale certezza si basa su una non corretta interpretazione della documentazione trasmessa dall'Autorità richiedente, con riguardo al contenuto della ordinanza presidenziale n. VI del 2019 di modifica del codice penale pakistano del 1860 che, secondo quanto affermato nella domanda di estradizione, escludeva la possibilità di applicare la pena di morte nei confronti dell'estradando, qualora egli venisse consegnato alle Autorità pakistane per il relativo processo. Secondo il ricorrente diventa essenziale accertare l'esatto significato e l'attuale vigenza della disciplina normativa indicata nella richiesta di estradizione, che esclude nel caso specifico la possibilità di una condanna a morte da parte delle Autorità giudiziarie del Paese richiedente. Si assume, al riguardo, che la Corte di appello, contestando la stessa leggibilità e coerenza della traduzione in lingua italiana del testo della predetta ordinanza (trasmesso in lingua inglese), non si è posta il quesito della necessità o meno di dover ricorrere ad una nuova traduzione per una più chiara comprensione della norma ovvero di richiedere la trasmissione del testo normativo in lingua originale, da sottoporre poi ad autonoma traduzione. In secondo luogo, a prescindere da ogni riferimento al testo linguistico della norma, il rilievo secondo cui il presupposto applicativo della predetta ordinanza sia rinvenibile nella vigenza del trattato bilaterale del 1980 non tiene conto della possibilità che tale generico riferimento al trattato sia frutto di un mero errore da parte del compilatore della richiesta, posto che nel paragrafo 9.3 della stessa non 2 si fa alcun riferimento alla necessaria vigenza di un trattato bilaterale, richiamato in altre parti preliminari della richiesta, in particolare nel paragrafo 2. In presenza di dubbi sul significato e sull'applicabilità della ordinanza al caso di specie, la Corte distrettuale, ad avviso del ricorrente, avrebbe avuto l'obbligo di richiedere informazioni aggiuntive, quali quelle sollecitate dal Procuratore generale nelle sue conclusioni. In ogni caso, dovrebbe ritenersi la correttezza dell'assunto posto a fondamento della richiesta di estradizione in relazione alla predetta ordinanza presidenziale, secondo la quale, nei casi di un imputato che sia estradato ovvero condotto in Pakistan in forza di un accordo diverso dalla procedura di estradizione, lo stesso non potrà essere condannato alla pena di morte, così ispirandosi la richiamata domanda a principi di favor nei confronti di ogni forma di assistenza penale internazionale. Per quel che attiene, poi, agli altri presupposti per l'accoglimento della domanda di estradizione, sui quali la decisione impugnata non si è pronunciata, si rileva che le motivazioni dedotte dalla difesa in ordine al pericolo che l'estradando possa essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti paiono generiche, non essendo stati allegati elementi oggettivi e potendosi, di contro, escludere che il delitto per il quale si procede sia collegato a ragioni o moventi che possano indurre a discriminazioni per ragioni politiche, religiose o etniche, peraltro neppure rappresentate dall'interessato. Purtuttavia, dovrà essere la Corte di appello a svolgere l'eventuale approfondimento istruttorio, anche a prescindere dalle allegazioni difensive e tenuto conto del rapporto di Amnesty International del 2023/2024 in relazione al perdurare di violenze e repressioni ai danni di giornalisti, minoranze religiose e altri gruppi marginalizzati. Quanto al pericolo di trattamenti crudeli e degradanti correlati alle condizioni carcerarie, le indicazioni provenienti dalla domanda estradizionale paiono troppo generiche e decisamente insufficienti per esprimere una valutazione fattuale sulle caratteristiche del percorso penitenziario cui verrà sottoposta la persona da Я estradare, così necessitando secondo le richieste formulate in udienza dal - generale ufficio requirente - l'esercizio di un'integrazione istruttoria al riguardo.

3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell'art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e successive modifiche, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.

4. Il difensore dell'estradando ha depositato memoria a sostegno della inammissibilità o comunque del rigetto del ricorso deducendo che: - è assente la necessaria certezza che all'estradando non sia applicata la pena di morte prevista per il reato di omicidio dal codice penale pakistano, non trovando applicazione la richiamata ordinanza n. VI del 2019 in mancanza di un trattato, così sussistendo la causa ostativa di cui all'art. 698, comma 2, cod. proc. pen.; - quanto al pericolo di trattamenti inumani, le fonti internazionali più accreditate descrivono le condizioni carcerarie dei detenuti negli istituti penitenziari del Pakistan come altamente degradanti, facendo riferimento a torture, abusi, violenze, condizioni igieniche pessime, sovraffollamento, discriminazioni, ecc.; - quanto al rispetto dei principi del giusto processo nulla è stato garantito dalla richiesta di estradizione;
-quanto all'esistenza di istituti simili alla liberazione anticipata e/o commutazione della pena, in caso di condanna alla pena dell'ergastolo, l'estradando potrebbe essere condannato anche alla "reclusione a vita come taʼzir" (art. 302, lett. b), cod. pen. pakistano) e nulla al riguardo è garantito dalla richiesta di estradizione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

2. La Corte di appello di Trieste ha dichiarato non sussistenti le condizioni per l'accoglimento della domanda di consegna a fini processuali di AD AS alle Autorità del Pakistan ostandovi l'art. 698, comma 2, cod. proc. pen., secondo il quale, qualora il reato per cui è richiesta la consegna sia punito astrattamente con la pena di morte, non può essere disposta la consegna in assenza di una decisione giudiziaria irrevocabile che escluda l'applicazione della pena capitale nel caso concreto, essendo insufficienti generiche assicurazioni da parte dello Stato Я richiedente. I Giudici di merito hanno altresì posto in rilievo che nella domanda estradizionale si riportano gli articoli del vigente codice penale pakistano e, in particolare, l'art. 302, lett. c), a mente del quale la pena prevista per il reato di "Qatl-i-amd" (omicidio) è quella della reclusione di qualsiasi tipo per un periodo che può estendersi fino a 25 anni in quanto, secondo le ingiunzioni dell'Islam, la punizione "qisas" - traducibile nella nota "legge del taglione" - non è applicabile. Sulla base di quanto evidenziato nella stessa domanda, all'estradando si applica 4 la disposizione dell'art. 302, lett. c), cod. pen. pakistano come integrato dalla ordinanza presidenziale n. VI del 2019, secondo la quale "A condizione che

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