Cass. civ., sez. III, sentenza 29/10/2003, n. 16228

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In tema di ermeneutica negoziale di un contratto agrario, per valutare la validità o meno di una clausola ( nella specie, afferente ad un contratto di colonì a "ad meliorandum" ) ad esso apposta occorre aver riguardo esclusivamente all'epoca in cui sia stata convenuta tale clausola con riferimento alla legge vigente al momento della conclusione del negozio, e non anche a norme intervenute successivamente.

Alla luce della netta contrapposizione tra il contratto di colonì a parziaria ed i contratti di colonì a "ad meliorandum", deve escludersi che le disposizioni del Patto Generale di colonì a parziaria per la provincia di Catania del 26 aprile 1935 possa trovare applicazione con riguardo alle colonì e "ad meliorandum".

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 29/10/2003, n. 16228
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16228
Data del deposito : 29 ottobre 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D V - Presidente -
Dott. M F - Consigliere -
Dott. F M - rel. Consigliere -
Dott. C D - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SZA
sul ricorso proposto da:
S L, S M C, S G, S P, S M, quali eredi di S C, elettivamente domiciliato in Roma, via Emilio Dei Cavalieri n. 11, presso l'avv. A F, difesi dall'avv. G C, giusta delega in atti;



- ricorrenti -


contro
T A;



- intimato -


nonché sul ricorso n. 8540/02 R.G., proposto da:
T A, elettivamente domiciliato in Roma, viale delle Milizia n. 22, presso l'avv. I T, difeso dall'avv. F D G, giusta delega in atti;

- controricorrente ricorrente incidentale -
contro
S L, S M C, S G, S P, S M;



- intimati -


avverso la sentenza della Corte d'appello di Catania, sezione specializzata agraria, n. 639/00 del 9 ottobre 2000 - 26 gennaio 2001 (R.G. 90/99), nonché avverso la sentenza Corte d'appello di Catania, sezione specializzata agraria, n. 809/00 dell'11 dicembre 2000 - 9 febbraio 2001 (R.G. 90/99);

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 18 giugno 2003 dal Relatore Cons. Dott. Mario Finocchiaro;

udito l'avv. G. Ciranna per parte ricorrente principale e l'avv. F. De Geronimo, per il ricorrente incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI

Vincenzo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale e la declaratoria di inammissibilità, o, in subordine, il rigetto del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso 9 novembre 1995 S C, premesso di avere condotto in colonia migliorataria una porzione del maggior fondo sito in agro di Catania, contrada Tamburino, di proprietà di T A, in forza di contratto scritto ventinovennale 27 febbraio, 1947, conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Catania, sezione specializzata agraria, T A chiedendone la condanna, da un lato, alla restituzione delle differenze, a credito, sulla quota di riparto dei frutti dall'annata agraria 1983-84 all'annata agraria 1993-94, atteso che i ricavi del fondo erano stati ripartiti in misura inferiore a quella legale del 66% della produzione lorda vendibile, dall'altro, al pagamento della indennità del caso per l'aumento di valore del fondo, a seguito dei miglioramenti effettuati, per la trasformazione dello stesso da nudo in agrumeto, in esecuzione del contratto di colonia raigliorataria, da ultimo, al rimborso delle somme illegittimamente trattenute per l'acquisto di acqua di irrigazione nel 1988 e 1990 ed al risarcimento dei danni per mancata fornitura di acqua nell'annata agraria 1993-94. Costituitosi in giudizio il convenuto resisteva alle avverse pretese, eccependo, preliminarmente, la prescrizione del diritto alla integrazione di quote anteriori all'annata agraria 1984-85. Faceva, altresì, presente il TRIGONA, che avendo la legge n. 203 del 1982 abrogato la previgente legge regionale n. 4 del 1964, la quota
colonica, a decorrere dall'annata agraria 1982-83 ammontava, per gli agrumeti, al 61% e non al 66% e che tutte le spese per la
coltivazione avrebbero dovuto dividersi secondo la percentuale di ripartizione dei prodotti, per cui l'eventuale credito del colono si sarebbe dovuto ridurre degli importi a suo debito in dipendenza della diversa ripartizione delle spese.
Al colono, evidenziava, ancora, il convenuto, non spettava alcun indennizzo per la eseguita trasformazione fondiaria e del pari erano infondate le ulteriori pretese dedotte da controparte. Svoltasi la istruttoria del caso l'adita sezione con sentenza 20 - 27 gennaio 1999 condannava il convenuto a pagare all'attore le differenze sulla quota colonica tra il 66% spettante per legge e quanto corrisposto dal concedente, oltre rivalutazione e interessi sugli importi via via rivalutati dalla scadenza di ciascuna annata agraria e oltre agli interessi composti dalla domanda, condannava, altresì, il concedente, al pagamento della indennità per i miglioramenti, maggiorata di rivalutazione e interessi legali. Gravata tale pronunzia in via principale dal soccombente TRIGONA e in via incidentale dallo SCUDERI, la corte di appello di Catania, sezione specializzata agraria, con sentenza non definitiva 9 ottobre 2000 - 26 gennaio 2001 in parziale riforma della decisione dei primi giudici dichiarava che sugli importi liquidati dal primo decidente a titolo di integrazione quote prodotto spettanti al colono non erano dovuti gli interessi anatocistici, confermando, nel resto, il detto capo della decisione.
Svoltasi una ulteriore fase istruttoria, la corte di appello di Catania, sezione specializzata agraria, con sentenza definitiva 11 dicembre 2000 - 9 febbraio 2001, in parziale riforma della decisione dei primi giudici, rigettava la domanda di indennizzo per miglioramenti proposta dallo SCUDERI, provvedendo, sulle spese dell'intero giudizio.
Per la cassazione di tali pronunzie, non notificate, hanno proposto ricorso, affidato, complessivamente, a 5 motivi, con atto 25 gennaio 2002 e illustrato da memorie, S L, S M C, S G, S P e S M, rispettivamente moglie e figli di S C, deceduto nelle more del giudizio.
Resiste, con controricorso e ricorso incidentale, affidato a un unico motivo e notificato il 4 marzo 2002 T A.
MOTIVI DELLA DECISIONE


1. I vari ricorsi avverso la stessa sentenza devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c.. Non può, peraltro, accogliersi l'istanza (formulata dalla difesa di parte TRIGONA) di riunione di tali ricorsi ad altri, di impugnazione di altre sentenze, emesse dalla stessa corte di appello di Catania, sezione specializzata agraria, e relativi a giudizi, vertenti tra altre parti, in cause totalmente autonome, rispetto alla presente, anche se implicanti l'esame di problematiche di diritto analoghe a quelle di cui ora si discute.


2. Parte TRIGONA eccepisce, in limine, la inammissibilità del ricorso di controparte atteso che gli attuali ricorrenti, pur dichiarando di ricorrere nella asserita qualità di eredi di S C non avrebbero offerto alcuna prova di tale pretesa qualità.

3. L'eccezione deve disattendersi.
Nel rispetto della prescrizione di cui all'art. 372 c.p.c. i ricorrenti principali hanno, infatti, provveduto a depositare - mediante elenco notificato alla controparte - sia certificato di morte di S C, sia 4 dichiarazioni sostitutive di atto notorio, attestanti che i gli attuali ricorrenti (S L, S M C, S G, S P e S M) sono gli eredi di S C.


4. Motivi di ordine logico, a questo punto dell'esposizione, impongono di esaminare con precedenza, rispetto ai motivi svolti con il ricorso principale, il ricorso incidentale.
Con lo stesso parte controricorrente - ricorrente incidentale lamenta "violazione art. 151 disp. att. c.p.c. e art. 360 c.p.c. per insufficiente motivazione".
Si osserva, in particolare, che con il quinto motivo di appello era stata denunziata la omessa riunione (a norma dell'art. 151 disp. att. c.p.c.) dei procedimenti proposti, da altri coloni, nello stesso
giorno, (assistiti) dallo stesso difensore, con le stesse domanda, provocando una ingiustificata dilatazione dei costi del giudizio e che la corte di appello ha disatteso la doglianza sul rilievo che la disposizione de qua (art. 151 disp. att. c.p.c.) non è applicabile al giudizio agrario.
In realtà, evidenzia il ricorrente incidentale, l'art. 151 in esame è contenuto nel capo 5^ (del titolo terzo, delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile) dedicato alla "disposizioni relative alle controversie di lavoro ed a quelle di previdenza e di assistenza" e l'art. 9 della l. 14 febbraio 1990, n.29 dispone che le tutte controversie in materia di contratti agrari
sono "assoggettate al rito di cui agli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile" (cioè al rito dettato per le
"controversie in materia di lavoro") per cui non si comprendono i motivi della mancata applicazione della disposizione in esame al giudizio in questione.


5. Indipendentemente dal pur pertinente rilievo che l'art. 151 disp. att. c.p.c. fa riferimento non ai giudizi soggetti alla disciplina di
cui agli artt. 409 e ss. c.p.c. ma, espressamente, alle (sole) "controversie in materia di previdenza e di assistenza" (per cui non pare sufficiente che una controversia sia soggetta allo stesso rito delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e di assistenza perché alla stessa siano integralmente riferibili tutte le disposizioni processuali dettate per queste ultime, cfr., Cass. 12 settembre 2000, n. 12028, nonché Cass. 28 marzo 2000, n. 3732), la censura è inammissibile.
Deve ribadirsi, infatti, al riguardo - in conformità a una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice - che la mancata riunione di cause in materia di lavoro o previdenza o assistenza obbligatorie connesse anche soltanto per identità delle questioni, a norma dell'art. 151 disp. att. c.p.c., non è deducibile di per sè in Cassazione sia perché la mancata osservanza della disposizione non è prevista dalla legge come causa di nullità processuale estesa agli atti successivi, sia perché la decisione relativa alla riunione implica valutazioni discrezionali relativamente, alla prevista esclusione dell'obbligo di riunione nell'ipotesi in cui questa renda troppo gravoso o comunque ritardi eccessivamente il processo (che, come tale, non richiede espressa e specifica motivazione) (Cass. 21 dicembre 2001, n. 15152;
Cass. 25 maggio 2001, n. 7173;
Cass. 1 settembre 1995, n. 9243;
Cass. 25 maggio 1995, n. 5754. Sempre al riguardo cfr., altresì, C. Cost. 15 novembre 1989, n. 508). Sempre al riguardo, va considerato, infine, che le finalità cui è diretta la citata norma - di economia processuale e di uniformità delle decisioni relative a casi identici - possono utilmente essere perseguite anche attraverso la trattazione di più cause riunibili nella medesima udienza e davanti allo stesso giudice, verificandosi in tale evenienza una situazione sostanzialmente assimilabile a quella del simultaneus processus in senso tecnico (Cass. 21 dicembre 2001, n. 16152, cit.).

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