Cass. civ., SS.UU., sentenza 15/07/2009, n. 16504

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La domanda con cui una società, incaricata di gestire beni per conto e nell'interesse dello Stato con separazione dal resto del suo patrimonio, chieda, dopo essere stata sottoposta alla procedura di concordato preventivo con cessione dei beni, di accertarsi che alcuni di essi, appresi dal liquidatore giudiziale, non sono fra quelli oggetto di cessione ai creditori, non rientra nella giurisdizione della Corte dei Conti, ma in quella del giudice ordinario, a prescindere dal fatto che, in funzione del predetto accertamento, sia stata chiesta l'ammissione di una consulenza tecnica d'ufficio, il cui eventuale espletamento non è in grado di modificare l'oggetto della causa, che non si identifica affatto con un giudizio di rendiconto riguardante la gestione dei beni per conto dello Stato. (Principio enunciato dalla S.C. in riferimento alla rivendicazione da parte della Federazione italiana dei consorzi agrari dei beni risultanti dalle operazioni di cui agli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 1235 del 1948, ratificato dalla legge n. 561 del 1956, applicabile "ratione temporis").

Le domande con cui il debitore assoggettato alla procedura di concordato preventivo con cessione dei beni intenda far accertare che una parte del patrimonio acquisito dal liquidatore giudiziale non è compresa nell'attivo societario contemplato dal concordato stesso (trattandosi nella specie di beni della Federazione italiana dei consorzi agrari costituenti un patrimonio a gestione separata, in quanto risultanti da operazioni condotte nell'interesse e per conto dello Stato, ai sensi degli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 1235 del 1948, ratificato dalla legge n. 561 del 1956, applicabile "ratione temporis") e chieda perciò la condanna del medesimo liquidatore alla relativa restituzione, sono proponibili nelle forme dell'azione ordinaria di cognizione; infatti, al pari dalla controversia promossa da un terzo che rivendichi su determinati beni un diritto incompatibile con la loro cessione ai creditori in funzione liquidatoria, l'analoga contestazione mossa dal debitore non rinviene, nella disciplina concordatizia, un espresso o inequivoco divieto di attuarsi se non mediante il sistema di tutela interno rappresentato dai decreti del giudice delegato, adottabili ex artt. 26 e 164 legge fall. e reclamabili avanti al tribunale, non inerendo tali rimedi ad un sistema speciale ed esclusivo.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 15/07/2009, n. 16504
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16504
Data del deposito : 15 luglio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo presidente -
Dott. P E - Presidente di Sezione -
Dott. P R - Presidente di Sezione -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. R R - rel. Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. B E - Consigliere -
Dott. L T M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI S.C.A.R.L. IN LIQUIDAZIONE (*00431860584*), in persona del Commissario Governativo liquidatore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITTORIO VENETO 108, presso lo studio dell'avvocato R C, che la rappresenta e difende, per procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro
LIQUIDAZIONE CONCORDATIZIA DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI S.C.A.R.L. (P.I. *00890521008*) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI 24, presso lo studio dell'avvocato G G, che la rappresenta e difende, per procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI S.C.A.R.L. IN LIQUIDAZIONE, come sopra rappresentata e difesa;

- controricorrente al ricorso incidentale -
- avverso la sentenza n. 2382/2007 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 28/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/07/2009 dal Consigliere Dott. RORDORF RENATO;

uditi gli avvocati ROSSANO Claudio, GIACOBBE Giovanni;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico, che ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso incidentale (A.G.O.), rinvio per il resto ad una sezione semplice. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 26 luglio 1999 la Federazione Italiana dei Consorzi Agrari Soc. Coop. a r.l., in liquidazione (in prosieguo indicata come Federconsorzi), in persona del commissario governativo che ne aveva la legale rappresentanza, citò in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma il liquidatore giudiziale che era stato nominato nell'ambito della procedura di concordato preventivo per cessione dei beni cui la stessa Federconsorzi era assoggettata.
La società attrice, premesso che in base al D.Lgs. n. 1235 del 1948 essa era obbligata ad eseguire per conto dello Stato operazioni inerenti all'ammasso di merci e prodotti ritenuti indispensabili per l'approvvigionamento nazionale, tenendo separata la relativa gestione da quella concernente ogni altra sua attività, e premesso altresì che proprio in ragione di questo speciale regime di separazione i beni pertinenti all'anzidetta gestione non avevano formato oggetto della cessione ai creditori contemplata nella sentenza di omologazione del concordato preventivo, lamentò che una parte di detti beni fosse stata invece trattenuta dal liquidatore del concordato. Chiese perciò che il liquidatore fosse condannato a consegnare alla Federconsorzi, in persona del commissario governativo, attività per un controvalore di L. 95.493.543.370 (o della diversa somma eventualmente risultante all'esito del giudizio). Il liquidatore giudiziale, costituitosi in causa, oltre a sollevare eccezioni circa l'indeterminatezza e la conseguente invalidità della citazione ed a contestare nel merito la fondatezza della pretesa formulata dalla società attrice, eccepì il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, assumendo che la controversia, in quanto concernente la verifica di un'attività gestoria di beni svolta per conto e nell'interesse dello Stato, rientra nella competenza giurisdizionale della Corte dei conti.
Tanto l'eccezione di nullità della citazione quanto quella di difetto di giurisdizione furono disattese dal tribunale, che però dichiarò improponibile la domanda della Federconsorzi affermando che tale domanda, in quanto mirante a determinare il patrimonio effettivamente ceduto ai creditori, avrebbe dovuto esser proposta nell'ambito della procedura concorsuale di concordato preventivo per esser poi decisa secondo le regole poste della L. Fall., art. 26. Siffatta pronuncia, investita da contrapposti gravami, fu integralmente confermata dalla Corte d'appello di Roma con sentenza resa pubblica il 28 maggio 2007. Anche detta corte reputò infatti che la domanda di parte attrice non peccasse d'indeterminatezza e che, in quanto volta unicamente ad ottenere la distrazione dal novero dei beni ceduti ai creditori concordatari di quelli facenti parte del patrimonio separato gestito dalla società per conto dello Stato, essa non implicasse l'instaurazione di un giudizio di rendiconto, esulando perciò senz'altro dalla giurisdizione della Corte dei conti per rientrare in quella del giudice ordinario. A parere della corte romana, tuttavia, la medesima domanda, essendo destinata a riflettersi sull'entità dei beni ceduti ai creditori e sulla loro sufficienza a soddisfare il fabbisogno del concordato, avrebbe dovuto necessariamente essere proposta con ricorso al giudice delegato, per poi eventualmente formare oggetto di reclamo al collegio a norma L. Fall., art. 26, (richiamato dal successivo art. 164), e non avrebbe potuto invece essere azionata nelle forme del giudizio ordinario di cognizione.
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso per tre motivi la Federconsorzi, come sopra rappresentata. Il liquidatore giudiziale del concordato si è difeso con controricorso ed ha altresì proposto un ricorso incidentale condizionato, articolato anch'esso in tre motivi, al quale la Federconsorzi ha, a propria volta, replicato con controricorso. Entrambe le parti hanno poi depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi proposti avverso il medesimo provvedimento debbono essere preliminarmente riuniti, secondo quel che dispone l'art. 335 c.p.c.. 1.1. Benché le questioni prospettate nel ricorso incidentale, di per sè considerate, rivestano carattere logicamente preliminare, il collegio ritiene di dover procedere anzitutto all'esame del ricorso principale, in ossequio al più recente orientamento di questa corte secondo cui il ricorso incidentale condizionato della parte totalmente vittoriosa che investa questioni pregiudiziali processuali o preliminari di merito dev'essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali o preliminari, rilevabili d'ufficio, non siano state valutate nel giudizio di merito. Quando dette questioni abbiano invece già formato oggetto della pronuncia impugnata, il loro esame presuppone che la relativa impugnazione sia ammissibile, ma, per risultare tale, essa deve essere sorretta da un adeguato interesse della parte, riscontrabile solo nel caso in cui il ricorso principale si mostri fondato (sez. un. 6 marzo 2009, n. 5456;
30 ottobre 2008, n. 26018;
31 ottobre 2007, n. 23019
).

1.2. All'esame del ricorso principale non ostano neppure le eccezioni preliminari d'inammissibilità sollevate dalla difesa del liquidatore giudiziale.
Non è fondata, in particolare, l'eccezione d'inammissibilità del ricorso per difetto del requisito di autosufficienza, potendo tale difetto semmai concernere alcune specifiche argomentazioni difensive di parte ricorrente, ma non per questo incidere sull'ammissibilità del ricorso nel suo insieme. Il ricorso infatti - come si vedrà - consta anche di doglianze basate su circostanze di fatto e processuali da reputarsi pacifiche, i cui essenziali lineamenti sono comunque delineati in misura sufficiente da consentire a questa corte di emettere le necessarie pronunce in punto di diritto. Lo stesso è a dirsi per l'eccezione d'inammissibilità concernente la mancata specifica indicazione dei documenti sui quali il ricorso si fonda, dovendosi ripetere che nessuna questione documentale in concreto si pone.
Neppure è possibile parlare d'inammissibilità del ricorso per difetto d'interesse a coltivarlo. Tale carenza d'interesse, secondo la difesa della controricorrente, dipenderebbe dal non essere stata specificamente impugnata anche la statuizione con cui la corte d'appello (come già in precedenza il tribunale) aveva rifiutato di dare ingresso alla consulenza tecnica d'ufficio richiesta dalla Federconsorzi. Ma, oltre a non essere dimostrato (nè in questa sede dimostrabile) che senza l'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio la domanda proposta dall'attrice risulterebbe necessariamente inaccoglibile nel merito, sta di fatto che nell'impugnata sentenza non è ravvisabile un capo di decisione autonomo riferito all'inammissibilità della menzionata indagine tecnica.
La corte d'appello ha dichiarato improcedibile la domanda della Federconsorzi per ragioni preliminari di rito e tanto basta ad escludere che possa attribuirsi valore di vera e propria autonoma decisione ad affermazioni incidentalmente fatte dalla stessa corte in tema di attività istruttorie: attività il cui espletamento era comunque evidentemente precluso dalla declaratoria d'improponibilità della domanda. Non è perciò configurabile sul punto alcun giudicato interno che faccia venir meno l'interesse della Federconsorzi al ricorso.
Nessuna ragione d'inammissibilità del ricorso è, infine, desumibile da mere eventuali imprecisioni riscontrabili nella rubrica dei singoli motivi che non ne impediscono l'esatta comprensione ne' l'individuazione delle norme che si assumono violate.

2. Si può dunque procedere all'esame del ricorso principale, il cui primo motivo, nel denunciare la violazione degli artt. 99 e 163 c.p.c., artt. 948 e 2907 c.c., L. Fall., artt. 46, 160, 164, 165, 181
e 185, mira a sostenere che ha errato la corte d'appello nell'escludere la possibilità che l'azione di

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