Cass. civ., sez. V trib., sentenza 27/01/2022, n. 2358

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 27/01/2022, n. 2358
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 2358
Data del deposito : 27 gennaio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo



1. L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. dist. di Brescia, depositata il 23 aprile 2012, che, in accoglimento dell'appello della V.E. s.r.l., ha annullato l'avviso di accertamento con cui l'Ufficio aveva rideterminato le maggiori imposte dovute per l'anno 2005 e, conseguentemente, l'atto di contestazione con cui erano state irrogate le relative sanzioni.

Dall'esame della sentenza impugnata si evince che con tale avviso di accertamento l'Ufficio contestato l'omesso versamento dell'I.v.a., in relazione a cessioni di beni indicate in fatture prive dell'applicazione dell'imposta, in quanto erroneamente assoggettate al regime del reverse charge, l'indebita deduzione di costi per acquisti effettuati presso privati, ritenuti soggettivamente inesistenti, e per recupero di bolli, in quanto non documentati.



1.1. Il giudice di appello ha riferito che la Commissione provinciale aveva accolto il ricorso originario limitatamente al rilievo concernente l'omesso versamento dell'I.v.a., confermando la correttezza dei rilievi residui.

Ha, quindi, accolto il gravame della contribuente evidenziando che i costi dedotti, da un lato, fossero sussistenti, certi e inerenti, e dall'altro, che non erano riconducibili alla commissione di reati.

Ha, invece, disatteso l'appello erariale in ragione del fatto che l'Ufficio non aveva dimostrato l'assunto, ostativo dell'applicazione del regime del reverse charge, secondo cui le cessioni rilevate avrebbero avuto per oggetto beni che, per effetto delle lavorazioni eseguite dalla contribuente, avevano perso la loro originaria natura di rottami.



2. Il ricorso è affidato a sette motivi.



3. Resiste con controricorso la V.E. s.r.l..



4. Con nota del 15 dicembre 2020 l'Agenzia delle Entrate riferisce che la società, relativamente alla controversia relativa all'avviso di accertamento, ha avanzato regolare domanda di definizione agevolata delle liti ai sensi del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 6, conv., con modif., con L. 17 dicembre 2018, n. 136, e, pertanto, conclude per l'estinzione parziale del giudizio.



5. La V. E. s.r.l. deposita memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione



1. Dal contenuto dell'istanza dell'Agenzia delle Entrate e della documentazione alla stessa allegata si evince l'avvenuta definizione della lite in oggetto relativa alla contestata legittimità dell'avviso di accertamento.

Pertanto, in relazione all'impugnazione di tale atto, il giudizio deve essere dichiarato estinto, proseguendo con riferimento al giudizio relativo alla legittimità dell'atto di contestazione.



2. Ciò posto, con il primo motivo, in ordine alla ripresa fiscale per indebita deduzione di costo, l'Agenzia denuncia, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 324 e 329 c.p.c., e D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, artt. 49 e 56, per aver la Commissione regionale ritenuto che l'Ufficio avrebbe dovuto impugnare, con appello incidentale, il capo di sentenza che aveva accertato la sussistenza del requisito della certezza e determinatezza di tali costi.



2.1. Il motivo è infondato.

Riferisce il giudice di appello che la Commissione provinciale aveva negato la deduzione dei costi rilevati in ragione del fatto che, riferendosi ad operazioni soggettivamente inesistenti, erano riconducibili al compimento di delitti non colposi.

Esprime, sul punto, anche sulla scorta delle risultanze della sentenza penale del Tribunale di Bergamo pronunciata nei confronti del legale rappresentante della contribuente per i fatti in oggetto, che, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di prime cure, non sussista una relazione tra i beni e servizi oggetto delle operazioni soggettivamente inesistenti e la commissione di delitti non colposi.

Aggiunge, quindi, che, poichè la Commissione provinciale aveva accertato la sussistenza degli altri requisiti previsti per la deduzione dei costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti e tale accertamento non era stato oggetto di impugnazione con l'appello erariale, andava annullato il recupero erariale effettuato, non essendo possibile rimettere in discussione tale accertamento.

Ciò posto, si osserva che qualora un'eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, la devoluzione al giudice d'appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all'esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345 c.p.c., comma 2, (così, Cass. Sez. Un., 12 maggio 2017, n. 11799).

Pertanto, l'affermazione della Commissione regionale in ordine alla necessità di impugnare con l'appello la statuizione relativa alla sussistenza dei requisiti di cui al T.U. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109, e, in particolare, della certezza e determinatezza, si sottrae alla censura prospettata, in quanto coerente con il richiamato principio di diritto.

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