Cass. pen., sez. IV, sentenza 25/03/2019, n. 12860
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: VERGE ELENA nato a PANTUSOV0( RUSSIA) il 19/03/1976 avverso la sentenza del 30/11/2017 della CORTE APPELLO di CATANZAROvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere D D;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore D C che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. E' presente l'avvocato P G del foro di MESSINA in difesa di VERGE ELENA in sostituzione dell'avvocato B A del foro di COSENZA (delega orale) che riportandosi ai motivi del ricorso insiste per l'accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. In data 30/11/2017, la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cosenza, ha assolto E V dal reato ascritto al capo a) della rubrica perché il fatto non sussiste e, per l'effetto, ha rideterminato la pena per la residua imputazione, riconosciute le circostanze attenuanti di cui agli artt. 62-bis e 62, n. 4, cod. pen., equivalenti alle aggravanti e alla recidiva contestata, in anni uno di reclusione ed euro 300 di multa.
2. Il capo b) ascritto alla Verge contempla il reato di cui all'art. 624 e 625, comma 1, n. 7 cod. pen. perché, al fine di trarne profitto, si impossessava di alcune forme di formaggio sottraendole dagli scaffali -cui erano pubblicamente esposte - dell'esercizio commerciale Despar, sito presso il centro commerciale Metropolis di Rende. Con l'aggravante di aver commesso il fatto su cose esposte alla pubblica fede e con la recidiva reiterata specifica infraquinquennale. In Rende il 20/06/2017. 3. Avverso la citata sentenza, l'imputata interpone ricorso per cassazione basandolo su tre motivi.
3.1. Primo motivo: violazione di legge in relazione agli artt. 624 e 625, comma 1, n. 7, cod. pen. Non sussiste l'aggravante della pubblica fede perché un addetto alla sicurezza provvedeva ad individuare ed a fermare l'imputata mentre si accingeva ad abbandonare l'esercizio commerciale, ponendo in essere una sorveglianza specifica non limitata al mero sistema di videosorveglianza presente in loco. Una corretta valutazione della vicenda avrebbe consentito di riqualificare il fatto come furto semplice, procedibile a querela di parte, nel caso di specie mancante.
3.2. Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo all'art. 54 cod. pen. laddove la Corte di appello nega la configurabilità dell'esimente sostenendo che alle esigenze delle persone indigenti é possibile provvedere per mezzo degli istituti di assistenza sociale i quali farebbero venir meno gli elementi dell'attualità e della inevitabilità del pericolo grave alla persona. L'assunto, si sostiene, è smentito dalla giurisprudenza di legittimità la quale ha precisato che non è punibile per il reato di furto chi - come l'odierna ricorrente - per l'imprescindibile esigenza di alimentarsi, senza fissa dimora e occupazione, tenti di occultare e sottrarre da un
udita la relazione svolta dal Consigliere D D;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore D C che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. E' presente l'avvocato P G del foro di MESSINA in difesa di VERGE ELENA in sostituzione dell'avvocato B A del foro di COSENZA (delega orale) che riportandosi ai motivi del ricorso insiste per l'accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. In data 30/11/2017, la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cosenza, ha assolto E V dal reato ascritto al capo a) della rubrica perché il fatto non sussiste e, per l'effetto, ha rideterminato la pena per la residua imputazione, riconosciute le circostanze attenuanti di cui agli artt. 62-bis e 62, n. 4, cod. pen., equivalenti alle aggravanti e alla recidiva contestata, in anni uno di reclusione ed euro 300 di multa.
2. Il capo b) ascritto alla Verge contempla il reato di cui all'art. 624 e 625, comma 1, n. 7 cod. pen. perché, al fine di trarne profitto, si impossessava di alcune forme di formaggio sottraendole dagli scaffali -cui erano pubblicamente esposte - dell'esercizio commerciale Despar, sito presso il centro commerciale Metropolis di Rende. Con l'aggravante di aver commesso il fatto su cose esposte alla pubblica fede e con la recidiva reiterata specifica infraquinquennale. In Rende il 20/06/2017. 3. Avverso la citata sentenza, l'imputata interpone ricorso per cassazione basandolo su tre motivi.
3.1. Primo motivo: violazione di legge in relazione agli artt. 624 e 625, comma 1, n. 7, cod. pen. Non sussiste l'aggravante della pubblica fede perché un addetto alla sicurezza provvedeva ad individuare ed a fermare l'imputata mentre si accingeva ad abbandonare l'esercizio commerciale, ponendo in essere una sorveglianza specifica non limitata al mero sistema di videosorveglianza presente in loco. Una corretta valutazione della vicenda avrebbe consentito di riqualificare il fatto come furto semplice, procedibile a querela di parte, nel caso di specie mancante.
3.2. Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo all'art. 54 cod. pen. laddove la Corte di appello nega la configurabilità dell'esimente sostenendo che alle esigenze delle persone indigenti é possibile provvedere per mezzo degli istituti di assistenza sociale i quali farebbero venir meno gli elementi dell'attualità e della inevitabilità del pericolo grave alla persona. L'assunto, si sostiene, è smentito dalla giurisprudenza di legittimità la quale ha precisato che non è punibile per il reato di furto chi - come l'odierna ricorrente - per l'imprescindibile esigenza di alimentarsi, senza fissa dimora e occupazione, tenti di occultare e sottrarre da un
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