Cass. civ., SS.UU., sentenza 08/04/2009, n. 8615
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiMassime • 1
In tema di procedimento disciplinare a carico dei magistrati, la valutazione della gravità dell'illecito, anche in ordine al riflesso del fatto oggetto dell'incolpazione sulla stima del magistrato, sul prestigio della funzione esercitata e sulla fiducia nell'istituzione, e la determinazione della sanzione adeguata - nel caso di specie, la rimozione - rientrano negli apprezzamenti di merito attribuiti alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, il cui giudizio è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua e immune da vizi logico-giuridici.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo - Primo Presidente f.f. -
Dott. ELEFANTE Antonino - Presidente di sezione -
Dott. PREDEN Roberto - Presidente di sezione -
Dott. PICONE Pasquale - Consigliere -
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - rel. Consigliere -
Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere -
Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere -
Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere -
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
E1, elettivamente domiciliato in LOCALITA1, presso lo studio dell'avvocato NOME2, che
lo rappresenta e difende per procura in atti;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
- intimati -
avverso la sentenza n. 70/2008 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, depositata il 07/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 10/03/2009 dal Consigliere Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio;
udito l'Avvocato NOME2;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PIVETTI Marco, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il dott. E1, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di LOCALITA2, veniva condannato, con sentenza della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, alla sanzione della perdita di anzianità per mesi sei in relazione al ritardo pluriennale contestato fino all'11/2/2004 nel deposito della motivazione di nove sentenze pronunciate dal tribunale di LOCALITA3. Con successiva sentenza del 15/6/2007 della stessa Sezione Disciplinare il dott. E1 veniva condannato alla perdita di anzianità per mesi due in relazione al permanere del ritardo nel deposito delle motivazioni relative a tre delle predette nove sentenze pronunciate il 5/7/1999, l'8/7/1999 e il 22/5/2000. In data 11/1/2008 il Ministro della Giustizia, premesso di aver promosso azione disciplinare in relazione agli ultimi ritardi accennati, chiedeva la misura cautelare della sospensione del dott. E1 dalle funzioni e dallo stipendio.
Nelle more il dott. E1 depositava le tre motivazioni in questione.
La richiesta cautelare veniva rigettata dalla Sezione Disciplinare. Il dott. E1 veniva rinviato a giudizio disciplinare per rispondere delle infrazioni nel dettaglio descritte nelle formulate incolpazioni - commesse per il periodo successivo al 12/10/2006 - precisate ed integrate dal Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione a seguito di quanto emerso ed accertato nel corso delle indagini.
Con sentenza 7/7/2008 la Sezione Disciplinare del C.S.M. dichiarava il dott. E1 responsabile delle incolpazioni ascrittegli e gli infliggeva la sanzione disciplinare della rimozione. Osservava la Sezione Disciplinare:
che nella materia disciplinare non era configurabile l'illecito continuato a modello dell'articolo 81 c.p. essendo il profilo deontologico autonomo rispetto a quello eventuale di natura criminale;
che nel perpetuarsi di un comportamento irregolare, anche dopo una contestazione disciplinare, andava ravvisata una condotta autonomamente rilevante;
che ciò era evidente nella materia dei ritardi ben potendo il ritardo di sette o otto anni nel deposito di una sentenza essere fatto diverso da quello realizzato, contestato ed accertato nel periodo intermedio per aver dato luogo ad un disvalore ulteriore per la ulteriore gravità prodotta dopo altra già valutata;
che l'effetto di un'azione disciplinare esercitata a fronte di un ritardo in atto poneva fine ad un illecito per cui il comportamento successivo era dal punto di vista giuridico cagione di ulteriore e distinto disvalore autonomamente giustiziabile;
che pertanto la precedente sentenza emessa nei confronti del dott. E1 con la quale era stato constatato alla data della promossa azione il consistente ritardo nel deposito delle tre sentenze indicate nel capo di imputazione - non impediva la valutazione disciplinare della lesione prodotta autonomamente dal tempo ulteriormente ed inutilmente trascorso dopo di essa;
che infatti il ritardo di otto anni era fatto diverso dal ritardo di sei anni riguardante lo stesso atto giudiziario, trattandosi di comportamento - relativo ad una situazione di già avvenuta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma deontologica - da ritenere caratterizzato dalla novità rispetto a tale situazione;
che i fatti di causa erano provati ed ammessi;
che la violazione deontologica, conseguente alla violazione dei termini di deposito, era evidente;
che la grave negligenza non era scusabile;
che il dott. E1, dopo la precedente condanna, non aveva reagito positivamente non avendo compreso che il suo obbligo era quello di concludere il suo lavoro senza cagionare altra lesione alla giurisdizione;
che mancava la giustificazione della gravità del ritardo non potendo l'incolpato allegare le difficoltà dell'ufficio milanese o invocare a sua difesa il problema di far convivere con la sua attuale quotidianità la risalente necessità - dallo stesso cagionata - di stesura di tre motivazioni;
che in definitiva andava constatata una forte incompatibilità soggettiva del dott. E1 ad esprimere, nella vicenda esaminata, un rispetto anche minimo della funzione giudiziaria;
che a fronte di tale gravità e nella constatata inutilità di sanzioni intermedie, già due volte inflitte, andava irrogata quella della rimozione dall'Ordine Giudiziario. Avverso la detta sentenza il dottor E1 ha proposto ricorso per Cassazione affidato a sei motivi illustrati da memoria. Il Ministro della Giustizia e il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il dott. E1, denunciando vizi di motivazione circa il rapporto temporale tra le tre ultime sentenze depositate e la contestazione di una nuova azione disciplinare, deduce che la sentenza impugnata nega un fatto incontestabile, ossia che il deposito delle sentenze 103/99 e 105/99 è intervenuto 84 giorni dopo la pronuncia della seconda sentenza disciplinare e 137 giorni prima della emissione della comunicazione dell'esercizio dell'azione disciplinare, nonché 125 giorni prima della richiesta di sospensione cautelare. Tale fatto dimostra che, al contrario di quanto affermato nella sentenza impugnata, esso incolpato ha "reagito positivamente". Il vizio di motivazione è ravvisabile anche con riferimento al deposito della sentenza n. 488 - ultima delle tre residue sentenze penali in arretrato - che consta di ben 775 pagine ed avente ad oggetto i reati associativi di cui all'art. 416 bis c.p. Si tratta di un lavoro giudiziario non svolgibile nel solo intervallo di tempo intercorso tra inizio dell'azione disciplinare e deposito della motivazione e, cioè, in soli 67 giorni assicurando anche la copertura delle concomitanti funzioni requirenti presso la Procura della Repubblica di LOCALITA2. Il lavoro giudiziario di eliminazione di arretrato nel deposito delle motivazioni di sentenze è proseguito con costanza - e con impegno del periodo feriale - anche dopo la sentenza di condanna del 15/6/2007.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione del principio di correlazione tra incolpazione contestata e sentenza di condanna, nonché vizi di motivazione, sostenendo che dal testo del capo di imputazione come rettificato dal Pubblico Ministero - il periodo di ritardo in contestazione è pari, con riferimento ai precedenti giudicati disciplinari, a 250 giorni per le sentenze 103 e 105 del 1999 e a 523 giorni per la sentenza n. 488/00. La motivazione della sentenza impugnata solleva un insolubile dubbio: se è stato considerato per la condanna un periodo di ritardo diverso e maggiore rispetto a quello contestato in quanto computato dalle date di scadenza del termine per il deposito di cui all'art. 544 c.p. alle date di effettivo deposito. La motivazione è insufficiente per chiarire se il periodo di ritardo di otto anni sia stato valutato come un unico fatto giudicabile o come una serie di tre fatti due dei quali già giudicati ed uno solo giudicabile, ma tutti riconducibili ad una vicenda unitaria di progressivo rientro di un arretrato nel deposito delle motivazioni di dieci sentenze.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia vizi di motivazione circa il diniego della posticipazione della immissione in possesso delle funzioni di sostituto procuratore a LOCALITA2. Deduce il dott. E1 che non è stata valutata la prova documentale a discarico in atti costituita dalla richiesta in data 16/5/2002 di posticipazione per sei mesi della immissione in possesso delle funzioni di procuratore della repubblica di LOCALITA2 e dalle note presidenziali aventi ad oggetto i ritardi nel deposito di sentenze e il parere negativo alla richiesta di posticipato possesso. Il mancato accoglimento di tale richiesta ha avuto negativa e sensibile influenza sulla tempistica del piano di rientro avendo costretto esso ricorrente a provvedere in condizioni non facili a causa della concomitanza delle nuove funzioni requirenti. Sul punto la motivazione della sentenza impugnata è gravemente omissiva.
Con il quarto motivo il dott. E1 denuncia vizi di motivazione circa l'inflizione della più grave sanzione disciplinare sostenendo che il criterio valutativo di riferimento per la scelta della sanzione espulsiva si identifica nell'incompatibilità della funzione giudiziaria che deve essere totale ed assoluta. A tal fine la valutazione deve essere informata - come più volte affermato nella giurisprudenza disciplinare - al principio della globalità: devono cioè essere prese in considerazione tutte le circostanze oggettive e soggettive e tutte le funzioni espletate e non solo quelle oggetto di incolpazione. Va altresì valutata la credibilità morale e professionale che il magistrato incolpato gode nella c.d. "legai community". Il giudice disciplinare deve motivare congruamente la scelta della sanzione espulsiva indicando le ragioni giustificative della irrogazione della