Cass. civ., sez. V trib., sentenza 29/09/2022, n. 28432
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Testo completo
ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 23795/2015 R.G. proposto da: BANCA ESPERIA SPA, elettivamente domiciliat a in Roma Piazza D’Aracoeli 1, presso lo studio Maisto e Associati, rappresentat a e difesadall’avvocato G M e dall’avvocato M C. -ricorrente -
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, elettivamente domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato (ADS80224030587) che la rappresenta e difende. -controricorrente - avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA, n. 813/2015, depositata il 06/03/2015. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20/09/2022 dal consigliere R G. Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale T B che ha chiesto il rigetto del ricorso. Udito l’avvocato M T in sostituzione dell’avvocato G M e dell’avvocato M C, i quali hanno fatto istanza di discussione orale della causa (art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137). Udito l’avvocato G R per l’Avvocatura Generale dello Stato.
FATTI DI CAUSA
1.Banca Esperia Spa impugnò dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (“C.T.P.”) di Milano l’atto di irrogazione di sanzioni per violazione dell’obbligo di comunicazione di movimentazioni finanziarie (per euro 39.000.000) verso l’estero, in relazione ad un’operazione posta in essere da Confcommercio nel febbraio del 2005. 2. La C.T.P., con sentenza n. 2158/02/2014, accolse il ricorso limitatamente all’applicazione dello ius superveniens (legge n. 97 del 2013) che riduceva la sanzione del 25 per cento dell’importo non comunicato alla sanzione compresa nella cornice edittale tra il 10 per cento e il 25 per cento in ragione della gravità del fatto e, in concreto, rideterminò la pena pecuniaria nella misura del 15 per cento.
3. La Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) della Lombardia ha rigettato l’appello principale della banca, nonché quello incidentale dell’amministrazione finanziaria, che lamentava la riduzione da parte del giudice di primo grado della sanzione dal 25 per cento al 15 per cento.
4. La contribuente ricorre, con otto motivi, illustrati con una memoria, per la cassazione della sentenza di appello;
l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. C on il primo motivo di ricorso [« 1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 5 del d.l. 28 giugno 1990, n. 167, nonché dell’art. 1767 del c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, del c.p.c., con riguardo all’assenza nel caso di specie dell’obbligo di mantenere evidenza del trasferimento di denaro e di effettuare la relativa segnalazione»], la ricorrente censura la sentenza impugnata che ha affermato che la banca aveva l’obbligo di mantenere evidenza del trasferimento di euro 39.000.000 senza considerare che, nella specie, si trattava di un trasferimento effettuato a titolo di deposito cauzionale gratuito (infruttifero), inidoneo a generare un reddito tassabile in Italia e, perciò, non soggetto alla disciplina sul monitoraggio fiscale di cui all’art. 1, d.l. 28 giugno 1990, n. 167. 1.1. Il motivo non è fondato. Per l’art. 1, comma 1, d.l. n. 167 del 1990, convertito dalla legge 04 agosto 1990, n. 227, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti: «Le banche, le società di intermediazione m obiliare e l ’ Ente poste italiane mantengono evidenza, anche mediante rilevazione elettronica, dei trasferimenti da o verso l’estero di denaro, titoli o certificati in serie o di massa, di importo superiore a 20 milioni, effettuati, anche attraverso movimentazione di conti o mediante assegni postali, bancari e circolari, per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali e di società semplici e associazioni equiparate ai sensi dell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, residenti in Italia. Tali evidenze riguardano le generalità o la denominazione o la ragione sociale, il domicilio, il codice fiscale del soggetto residente in Italia per conto o a favore del quale è effettuato il trasferimento, nonch é la data, la causale e l’importo del trasferimento medesimo e gli estremi identificativi degli eventuali conti di destinazione.». Il successivo terzo comma stabilisce che le suaccennate evidenze sono tenute a disposizione dell’amministrazione finanziaria per cinque anni e sono trasmesse alla stessa secondo le determinate modalità (cfr. infra punto 3.1.). Ciò premesso, l’affermazione della C.T.R. per la quale l’intermediario finanziario ha un obbligo di segnalazione generalizzato, oltre ad avere una solida base testuale nella parola “trasferimenti”, che designa un’attività ben più ampia dell’investimento al quale riduttivamente allude la ricorrente, collima con la ratiodell’obbligo di segnalazione in capo allo stesso intermediario finanziario, che consiste nell’agevolare i poteri di controllo del fisco sui flussi monetari verso l’estero. D’altro canto, è bene rilevare che la tesi della banca, per la quale nella specie si tratterebbe di un deposito cauzionale infruttifero, non trova riscontro nei fatti di causa, è negata dall’ufficio ed è messa in dubbio dal giudice tributario di appello che, al riguardo, si esprime in termini anòdini (cfr. pag. 4 della sentenza ove si afferma: «Anche tralasciando la natura fruttifera o meno del deposito, di fatto contestata dall’amministrazione»).
2. Con il secondo motivo [« 2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 27 luglio 2000, n. 212 e dell’art. 16, comma 2, del d.lgs. 18 dicembre 1997, 472, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, del c.p.c., con riferimento all’omessa allegazione all’atto impugnato di un documento, non conosciuto né ricevuto dal contribuente, richiamato in motivazione»], la ricorrente censura la sentenza di appello che ha respinto l’eccezione di nullità dell’atto impugnato a causa dell’omessa allegazione ad esso del contratto preliminare di compravendita di azioni societarie (rappresentative dell’intero capitale sociale di Ariane Holding SA) tra la Garlsson (“Garlsson”) Real Estate SA e Confcommercio (richiamato nella motivazione dell’atto di contestazione e dell’atto di irrogazione della sanzione), in relazione al quale il presidente di Confcommercio aveva effettuato un bonifico, su un conto estero intestato alla Garlsson, di euro 39.000.000, versata a titolo di deposito cauzionale (circostanze, queste, desumibili dagli atti di causa), trascurando che poteva anche darsi che il contenuto di tale contratto avrebbe fatto emergere circostanze rilevanti al fine di escludere in capo alla banca la sussistenza dell’obbligo di comunicazione del trasferimento finanziario all’estero, previsto dall’art. 1, d.l. n. 167 del 1990. 2.1. Il motivo è inammissibile. La censura non soddisfa il requisito dell’autosufficienza in quanto, in assenza di trascrizione, nel testo del ricorso per cassazione, dei passi rilevanti del provvedimento di irrogazione della sanzione, questa Corte non è posta nella condizione di verificare se la motivazione dell’atto impugnato poggi o meno sul preliminare di compravendita della partecipazione azionaria del quale la banca lamenta l’omessa allegazione. Del resto, la critica presta il fianco alla considerazione che la banca si limita a sollevare il dubbio che una qualche circostanza, non meglio precisata, desumibile dal contenuto del preliminare di compravendita della partecipazione azionaria, avrebbe fatto venire meno l’obbligo della ricorrente di comunicare al fisco il trasferimento monetario verso l’estero. Sicché, in breve, non è nemmeno possibile verificare l ’ effettiva rilevanza che il contratto preliminare richiamato assume nella indicazione dei “ presupposti di fatto e delle ragioni di diritto” dell’atto sanzionatorio (su questi aspetti, cfr. ex multis Cass. 18/12/2009, n. 26683;
Cass.19/01/2010, n. 729;
Cass. 03/10/2014, n. 20928. Cass. 10/02/2016, n. 2614, a proposito del limitrofo argomento della motivazione per relationem dell’atto impositivo, secondo la disciplina anteriore all’art. 7, della legge n. 212 del 2000, enuncia il principio, che vale anche per l’attuale disciplina, per cui «la legittimità dell’avviso postula la conoscenza o la conoscibilità da parte del contribuente dell’atto richiamato, purché il suo contenuto serva ad integrare la motivazione dell’atto impositivo, con esclusione quindi dei casi in cui essa sia già sufficiente e il richiamo ad altri atti abbia pertanto solo valore narrativo o il contenuto di ulteriori atti sia già riportato nell’atto noto. Ai fini dell’annullamento il contribuente deve quindi provare non solo che gli atti ai quali fa riferimento l’atto impositivo o quelli cui
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, elettivamente domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato (ADS80224030587) che la rappresenta e difende. -controricorrente - avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA, n. 813/2015, depositata il 06/03/2015. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20/09/2022 dal consigliere R G. Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale T B che ha chiesto il rigetto del ricorso. Udito l’avvocato M T in sostituzione dell’avvocato G M e dell’avvocato M C, i quali hanno fatto istanza di discussione orale della causa (art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137). Udito l’avvocato G R per l’Avvocatura Generale dello Stato.
FATTI DI CAUSA
1.Banca Esperia Spa impugnò dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (“C.T.P.”) di Milano l’atto di irrogazione di sanzioni per violazione dell’obbligo di comunicazione di movimentazioni finanziarie (per euro 39.000.000) verso l’estero, in relazione ad un’operazione posta in essere da Confcommercio nel febbraio del 2005. 2. La C.T.P., con sentenza n. 2158/02/2014, accolse il ricorso limitatamente all’applicazione dello ius superveniens (legge n. 97 del 2013) che riduceva la sanzione del 25 per cento dell’importo non comunicato alla sanzione compresa nella cornice edittale tra il 10 per cento e il 25 per cento in ragione della gravità del fatto e, in concreto, rideterminò la pena pecuniaria nella misura del 15 per cento.
3. La Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) della Lombardia ha rigettato l’appello principale della banca, nonché quello incidentale dell’amministrazione finanziaria, che lamentava la riduzione da parte del giudice di primo grado della sanzione dal 25 per cento al 15 per cento.
4. La contribuente ricorre, con otto motivi, illustrati con una memoria, per la cassazione della sentenza di appello;
l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. C on il primo motivo di ricorso [« 1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 5 del d.l. 28 giugno 1990, n. 167, nonché dell’art. 1767 del c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, del c.p.c., con riguardo all’assenza nel caso di specie dell’obbligo di mantenere evidenza del trasferimento di denaro e di effettuare la relativa segnalazione»], la ricorrente censura la sentenza impugnata che ha affermato che la banca aveva l’obbligo di mantenere evidenza del trasferimento di euro 39.000.000 senza considerare che, nella specie, si trattava di un trasferimento effettuato a titolo di deposito cauzionale gratuito (infruttifero), inidoneo a generare un reddito tassabile in Italia e, perciò, non soggetto alla disciplina sul monitoraggio fiscale di cui all’art. 1, d.l. 28 giugno 1990, n. 167. 1.1. Il motivo non è fondato. Per l’art. 1, comma 1, d.l. n. 167 del 1990, convertito dalla legge 04 agosto 1990, n. 227, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti: «Le banche, le società di intermediazione m obiliare e l ’ Ente poste italiane mantengono evidenza, anche mediante rilevazione elettronica, dei trasferimenti da o verso l’estero di denaro, titoli o certificati in serie o di massa, di importo superiore a 20 milioni, effettuati, anche attraverso movimentazione di conti o mediante assegni postali, bancari e circolari, per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali e di società semplici e associazioni equiparate ai sensi dell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, residenti in Italia. Tali evidenze riguardano le generalità o la denominazione o la ragione sociale, il domicilio, il codice fiscale del soggetto residente in Italia per conto o a favore del quale è effettuato il trasferimento, nonch é la data, la causale e l’importo del trasferimento medesimo e gli estremi identificativi degli eventuali conti di destinazione.». Il successivo terzo comma stabilisce che le suaccennate evidenze sono tenute a disposizione dell’amministrazione finanziaria per cinque anni e sono trasmesse alla stessa secondo le determinate modalità (cfr. infra punto 3.1.). Ciò premesso, l’affermazione della C.T.R. per la quale l’intermediario finanziario ha un obbligo di segnalazione generalizzato, oltre ad avere una solida base testuale nella parola “trasferimenti”, che designa un’attività ben più ampia dell’investimento al quale riduttivamente allude la ricorrente, collima con la ratiodell’obbligo di segnalazione in capo allo stesso intermediario finanziario, che consiste nell’agevolare i poteri di controllo del fisco sui flussi monetari verso l’estero. D’altro canto, è bene rilevare che la tesi della banca, per la quale nella specie si tratterebbe di un deposito cauzionale infruttifero, non trova riscontro nei fatti di causa, è negata dall’ufficio ed è messa in dubbio dal giudice tributario di appello che, al riguardo, si esprime in termini anòdini (cfr. pag. 4 della sentenza ove si afferma: «Anche tralasciando la natura fruttifera o meno del deposito, di fatto contestata dall’amministrazione»).
2. Con il secondo motivo [« 2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 27 luglio 2000, n. 212 e dell’art. 16, comma 2, del d.lgs. 18 dicembre 1997, 472, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, del c.p.c., con riferimento all’omessa allegazione all’atto impugnato di un documento, non conosciuto né ricevuto dal contribuente, richiamato in motivazione»], la ricorrente censura la sentenza di appello che ha respinto l’eccezione di nullità dell’atto impugnato a causa dell’omessa allegazione ad esso del contratto preliminare di compravendita di azioni societarie (rappresentative dell’intero capitale sociale di Ariane Holding SA) tra la Garlsson (“Garlsson”) Real Estate SA e Confcommercio (richiamato nella motivazione dell’atto di contestazione e dell’atto di irrogazione della sanzione), in relazione al quale il presidente di Confcommercio aveva effettuato un bonifico, su un conto estero intestato alla Garlsson, di euro 39.000.000, versata a titolo di deposito cauzionale (circostanze, queste, desumibili dagli atti di causa), trascurando che poteva anche darsi che il contenuto di tale contratto avrebbe fatto emergere circostanze rilevanti al fine di escludere in capo alla banca la sussistenza dell’obbligo di comunicazione del trasferimento finanziario all’estero, previsto dall’art. 1, d.l. n. 167 del 1990. 2.1. Il motivo è inammissibile. La censura non soddisfa il requisito dell’autosufficienza in quanto, in assenza di trascrizione, nel testo del ricorso per cassazione, dei passi rilevanti del provvedimento di irrogazione della sanzione, questa Corte non è posta nella condizione di verificare se la motivazione dell’atto impugnato poggi o meno sul preliminare di compravendita della partecipazione azionaria del quale la banca lamenta l’omessa allegazione. Del resto, la critica presta il fianco alla considerazione che la banca si limita a sollevare il dubbio che una qualche circostanza, non meglio precisata, desumibile dal contenuto del preliminare di compravendita della partecipazione azionaria, avrebbe fatto venire meno l’obbligo della ricorrente di comunicare al fisco il trasferimento monetario verso l’estero. Sicché, in breve, non è nemmeno possibile verificare l ’ effettiva rilevanza che il contratto preliminare richiamato assume nella indicazione dei “ presupposti di fatto e delle ragioni di diritto” dell’atto sanzionatorio (su questi aspetti, cfr. ex multis Cass. 18/12/2009, n. 26683;
Cass.19/01/2010, n. 729;
Cass. 03/10/2014, n. 20928. Cass. 10/02/2016, n. 2614, a proposito del limitrofo argomento della motivazione per relationem dell’atto impositivo, secondo la disciplina anteriore all’art. 7, della legge n. 212 del 2000, enuncia il principio, che vale anche per l’attuale disciplina, per cui «la legittimità dell’avviso postula la conoscenza o la conoscibilità da parte del contribuente dell’atto richiamato, purché il suo contenuto serva ad integrare la motivazione dell’atto impositivo, con esclusione quindi dei casi in cui essa sia già sufficiente e il richiamo ad altri atti abbia pertanto solo valore narrativo o il contenuto di ulteriori atti sia già riportato nell’atto noto. Ai fini dell’annullamento il contribuente deve quindi provare non solo che gli atti ai quali fa riferimento l’atto impositivo o quelli cui
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