Cass. pen., sez. VII, ordinanza 04/05/2021, n. 16881

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 04/05/2021, n. 16881
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16881
Data del deposito : 4 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: TRABELSI ABDULMONAM nato il 05/09/1977 avverso la sentenza del 31/10/2019 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTAdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere D C;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 31 ottobre 2019 la Corte di appello di Caltanissetta, in parziale riforma di quella con cui, il 20 novembre 2018, il Tribunale della stessa città ha dichiarato A T responsabile dei reati di devastazione ed interruzione di pubblico servizio, lo ha assolto dal secondo per insussistenza dell'addebito e, qualificato il primo ai sensi dell'ad. 423 cod. pen., ha rideterminato la pena in cinque anni di reclusione.

2. A T propone, con il ministero dell'avv. Sinuhe Curcuraci, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed alla misura della pena inflitta.

3. Il ricorso è inammissibile perché vedente su motivo manifestamente infondato. Il ricorrente deduce la contraddittorietà della motivazione adottata dai giudici di merito per escludere l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche ed applicare una sanzione non rispondente all'effettivo coefficiente di gravità del fatto oggetto di addebito. Così facendo, invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e più favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merito hanno fornito una lettura aliena dal vizio ipotizzato. Premesso che è pacifico, in giurisprudenza, che «In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli;
degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione» (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va attestato che la Corte di appello ha, con statuizione univoca ancorché implicita, ritenuto che l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche è preclusa dall'obiettiva gravità dei fatti, dalle complessive circostanze dell'azione, dalla non indifferente offesa cagionata della condotta criminoso e dal contegno processuale dell'imputato il quale, dopo avere ammesso l'addebito, ha immotivatamente ritrattato le precedenti dichiarazioni. Un iter argomentativo, quello sviluppato dalla Corte di appello, che, pur sintetico, si mantiene all'interno della fisiologica discrezionalità e non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ribadito, sollecita un intervento che il giudice di legittimità non può compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali. Allo stesso modo, incensurabile appare la determinazione della pena base in ossequio ai criteri previsti dall'art. 133 cod. pen. ed in misura intermedia tra il minimo ed il massimo edittale. Le precedenti conclusioni non sono smentite dall'obiezione difensiva che si appunta sulle considerazioni che la Corte di appello ha svolto all'atto di qualificare il fatto illecito in una fattispecie di reato meno grave rispetto a quella contestata e già ritenuta dal giudice di primo grado, che non appaiono in alcun modo contraddittorie rispetto alle valutazioni dedicate al trattamento sanzionatorio, discorrendosi, in un caso, del corretto inquadramento giuridico della condotta e, nell'altro, dell'effettivo coefficiente di offensività del comportamento, come riqualificato.
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