Cass. pen., sez. II, sentenza 29/04/2022, n. 16796

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 29/04/2022, n. 16796
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16796
Data del deposito : 29 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: GIORGI MARCO nato a ROMA il 19/04/1973 avverso l'ordinanza del 12/05/2021 della CORTE APPELLO di MILANOudita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI P;
sentite le conclusioni del PG STEFANO TOCCI il quale ha chiesto l'annullamento senza rinvio limitatamente al capo F) e rigetto nel resto e, in subordine, rimessione alle Sezioni Unite RITENUTO IN FATTO1. M G, imputato in ordine ai reati di associazione a delinquere finalizzata a commettere frodi in danno del Gestore Servizi Energetici (capo a), concorso in truffa aggravata in danno del Gestore Servizi Energetici (capo d), false attestazioni (cap6 se) e truffa in danno delle società EAM Solar Asa ed Ema Solar Holding. S.r.l. (capo f), propone ricorso per cassazione avverso l'ordinanza della Corte di appello di Milano 12 maggio 2021 che ha respinto l'istanza di revoca del sequestro conservativo emesso nell'ambito del procedimento penale a carico dello stesso. Nel provvedimento impugnato, la corte di appello ha rilevato che gli effetti del sequestro conservativo cessano solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza di proscioglimento, ex art. 317 comma 4 c.p.p. e che non risultando presentata idonea cauzione non poteva disporsi la chiesta restituzione.

2. Avverso detto provvedimento ricorre per cassazione M G, a mezzo difensore di fiducia deducendo, con un unico motivo articolato in più censure, violazione di legge in relazione agli artt. 316 commi 1 e 2 c.p.p. e 317 comma 4 c.p.p., art. 669-nonies comma 3 c.p.c., motivazione omessa o apparente in rapporto agli artt. 42 e 41 Cost. e 1 Protocollo n. 1 CEDU. Premesso che il ricorrente, già assolto in primo grado dal capo di imputazione di cui al capo a), con sentenza emessa dalla Corte di Appello di Milano in data 20 gennaio 2021, era stato assolto da tutte le imputazioni perché il fatto non sussiste (capo f) e perché il fatto non sussiste ovvero l'imputato non lo ha commesso per le ulteriori imputazioni, con revoca della confisca e delle statuizioni civili rileva che il provvedimento impugnato era illegittimo in quanto non aveva tenuto conto che la giurisprudenza di legittimità subordina il sequestro conservativo al permanere del fumus commissi delicti, verifica nella specie omessa. Osserva che secondo il sistema stabilito dal codice di procedura civile - cui rinviano le disposizioni del codice di procedura penale - il sequestro è caducato ogniqualvolta venga accertata con sentenza, ancorchè non passata in giudicato, la insussistenza del diritto a cautela del quale la misura cautelare è stata concessa. Rileva il ricorrente che il giudice del merito non aveva indicato le ragioni per le quali aveva ritenuto di mantenere il sequestro, pur essendo venuti meno, a seguito della sentenza assolutoria, i presupposti che lo avevano legittimato essendo stato il Di Giorgi prosciolto con la formula perché il fatto non sussiste con riguardo alle imputazioni di cui al capo f) che aveva legittimato la adozione del sequestro conservativo a favore delle parti civili EAM Solar Asa ed Ema Solar Holding. S.r.l. e con la formula per non avere commesso il fatto per le imputazioni residue di cui al capo d) che avevano giustificato l'adozione del provvedimento conservativo a favore della parte civile Gestore Servizi Energetici. Lamenta che la lettura riduttiva della normativa offerta dalla corte di appello si poneva in insanabile contrasto con i principi di tutela della proprietà e dalla libertà di iniziativa economica affermati dall' art. 42 e 41 della Carta Costituzionale nonché con i principi di cui all' art. 1 Protocollo n.

1. CEDU che stabilisce il principio di protezione della proprietà.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Va premesso che il codice di procedura penale individua il sequestro conservativo quale misura cautelare reale la cui finalità è quella di impedire che l' imputato - ed eventualmente il responsabile civile, se presente - possa disporre, materialmente e giuridicamente, dei propri beni mobili e immobili, nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento (art. 316, 10 comma, c.p.p.): invero, la dispersione di tali beni, sotto qualsiasi forma, potrebbe compromettere le ragioni creditorie del danneggiato e dello Stato. L' art. 317 comma 4 c.p.p., espressamente, prevede "gli effetti del sequestro cessano quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione". A differenza del sequestro preventivo (art. 321 comma 3 c.p.p.), il codice di rito non prevede testualmente la possibilità di revocare la cautela conservativa qualora vengano a mancare le condizioni di applicabilità. Si stabilisce, tuttavia, che «il sequestro e revocato dal giudice se l'imputato o il responsabile civile offre, in qualunque stato e grado del processo di merito, cauzione idonea» a garantire i crediti relativi alle somme dovute all' erario e al risarcimento dei danni derivanti da reato (art. 319, 30 comma, c.p.p.). Allo stesso modo, peraltro, deve provvedere il giudice del riesame, se la cauzione sia offerta con tale mezzo di impugnazione e risulti proporzionata «alle cose sequestrate» (art. 319,2° comma, c.p.p.). A fronte del detto silenzio normativo, la giurisprudenza di legittimità non ha assunto un orientamento univoco. Secondo quello che pare l'indirizzo minoritario e più risalente nel tempo, la richiesta di revoca del sequestro conservativo per mancanza dei presupposti «genetici» sarebbe proponibile in virtù della considerazione che tutte le misure cautelari sono contrassegnate «da una coessenziale strumentalità» al soddisfacimento di un periculum in mora e dalla provvisorietà, venendo meno in mancanza dei presupposti condizionanti la validità del sequestro stesso (cosi Sez. 6, Sentenza n. 1778 del 19/05/1998 Rv. 211715;
Sez. 6, Sentenza n. 13624 del 25/02/2003 Rv. 224496. In senso conforme Sez. 2, Sentenza n. 72215 del 10/01/2007 Rv. 235965 la quale ha affermato che non è abnorme il provvedimento con cui il tribunale, sul presupposto della pronuncia della sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto, benché non ancora definitiva, dispone il dissequestro dei beni oggetto di sequestro conservativo, dal momento che dalla disposizione normativa, secondo cui gli effetti del sequestro cessano solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, non può desumersi che, se non si siano attivati gli ordinari strumenti di impugnazione, il giudice non abbia il potere di disporre la revoca, per il caso in cui accerti il venir meno dei presupposti per il mantenimento del vincolo, con particolare riferimento al "fumus boni iuris". Sulla stessa scia si colloca Sez. 2, Sentenza n. 46626 del 20/11/2009 Rv. 245466 secondo cui il giudice che dispone il sequestro conservativo deve valutare che il vincolo sia mantenuto nei limiti in cui la legge lo consente e verificare la ragionevole proporzionalità fra crediti da garantire ed ammontare del debito, dovendo ritenersi applicabile anche nel procedimento penale l'art. 496 cod. proc. civ., che consente al giudice, ove risulti l'esorbitanza dei beni originariamente staggiti rispetto all'ammontare del credito, la riduzione del pigno ra mento. Viceversa, l'altro indirizzo giurisprudenziale più recente e condivisibile, desume dall'assenza di una specifica previsione, la precisa volontà del legislatore di considerare il sequestro conservativo «irrevocabile». In tal senso è stato affermato che la misura cautelare del sequestro conservativo, prima della definitività della sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, é suscettibile di revoca solo nel caso in cui venga offerta idonea cauzione e non anche per il venir meno dei presupposti che ne hanno legittimato l'adozione;
con la conseguenza che la mancata impugnazione del relativo provvedimento impositivo, ai sensi dell'ad. 318 cod. proc. pen., preclude la possibilità della sua caducazione da parte del giudice procedente, fino alla irrevocabilità della sentenza di assoluzione. (Sez. 3, Sentenza n. 44578 del 07/06/2016 Ud. (dep. 24/10/2016) Rv. 267930 - 01. In senso conforme vanno richiamate: Sez. 5, Sentenza n. 40407 del 17/04/2012 Rv. 254631;
Sez. 5, Sentenza n. 45929 del 04/10/2005 Rv. 233216;
Sez. 3, Sentenza n. 35396 del 14/07/2010 Cc. (dep. 30/09/2010) Rv. 248368. Va pure segnalato che la Corte di Cassazione con, la sentenza n. 21132 del 04/04/2017 Rv. 270675, ha affermato che laddove per alcuni capi non sia più giuridicamente possibile un'evoluzione del procedimento a favore della parte civile - in presenza di una sentenza di proscioglimento per prescrizione dichiarata già in primo grado, oggetto di impugnazione da parte dell'imputato ai soli fini di una assoluzione nel merito - potrà ammettersi la revoca, sostanzialmente equiparandosi tale situazione a quella prevista dalla norma. Il secondo orientamento è quello che, ad avviso del Collegio, appare maggiormente condivisibile in quanto in linea con le disposizioni sopra richiamate secondo cui "gli effetti del sequestro cessano quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione": la disposizione non solo indica che la sede propria delle pronunce di proscioglimento o di non luogo a procedere è costituita unicamente dal processo principale, ma rivela, altresì, che la misura cautelare patrimoniale perde efficacia soltanto quando tali sentenze siano divenute irrevocabili. E tale interpretazione si ricollega alla stretta correlazione fra tale misura cautelare di carattere patrimoniale ed il procedimento principale nel quale si innesta, rientrando nella esclusiva competenza funzionale del giudice del processo principale l'accertamento, con il crisma dell'irrevocabilità, della fondatezza o non dell'imputazione e delle eventuali cause sopravvenute di non punibilità, compresa l'estinzione del reato dedotto nell'imputazione stessa: una volta costituito il vincolo del sequestro conservativo, nel procedimento incidentale non pare possibile dichiarare l'inefficacia della misura in base a decisioni vedenti sul merito dell'imputazione o sull'esistenza di cause sopravvenute di non punibilità. Va osservato che il sequestro conservativo penale, previsto dall'ad. 316 c.p.p., corrisponde ad una misura di garanzia patrimoniale attuata mediante la creazione di un vincolo di indisponibilità sui beni dell'imputato che ha una duplice funzione in quanto è diretto ad evitare la dispersione delle garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese del procedimento e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato (comma 1), nonché delle garanzie delle obbligazioni civili derivanti dal reato (comma 2). In effetti con riferimento a quest'ultima finalità il fondamento giustificativo del sequestro conservativo trae titolo dall'inserimento dell'azione civile nel processo penale, essendo qualificato, sotto il profilo funzionale, dallo scopo di assicurare l'effettività dell'adempimento delle obbligazioni restitutorie e risarcitorie derivanti dalla sentenza di condanna, in modo da prevenire condotte poste in essere dall'imputato o dal responsabile civile, nelle more del processo penale, nell'intento di vanificare la responsabilità patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c. e, quindi, sembra essere possibile il richiamo alle disposizioni del codice di procedura civile il quale all' art. 669- nonies comma 3 c.p.c., stabilisce il sequestro è caducato ogniqualvolta venga accertata con sentenza, ancorchè non passata in giudicato la insussistenza del diritto a cautela del quale la misura cautelare è stata concessa . Ma tenuto conto della diversa natura del sequestro conservativo in ambito penale e della cennata duplice finalità non è possibile mutuare, come prospetta parte ricorrente, le norme del codice di procedura civile a fronte di una disciplina ad hoc contenuta nel codice di rito, posto che peraltro l' art. 317 comma 3 del codice di rito si limita a stabilire che il sequestro preventivo è eseguito dall' ufficiale giudiziario "con le forme del codice di procedura civile" e null' altro aggiunge non potendosi, quindi, sic et simpliciter richiamare principi del processo civile. La tesi cui si ritiene di aderire è conforme ad a quanto indicato in motivazione nella sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 34623 del 26/06/2002 Cc. Rv. 222262 ove è stato sottolineato che il sequestro conservativo, al contrario delle misure cautelari personali, è "misura irrevocabile", precisando che non poteva "ritenersi condivisibile l'indirizzo espresso con sentenza della VI sez. 19.5.1998, Russo, secondo cui, pur ribadendosi che il sequestro conservativo non possa essere revocato se non nelle ipotesi di cui all'art. 319 c.p.p., l'antinomia derivante da giudicati contrastanti sulla medesima vicenda processuale, può essere superata proprio applicando l'effetto estensivo stabilito dall'art. 587 c.p.p. e, nello specifico, richiamato dall'art. 627, quinto comma, c.p.p., e che, in particolare, ciò possa accadere allorché i destinatari impugnanti abbiano ottenuto una pronuncia di annullamento del sequestro conservativo perché inficiato da un vizio genetico". Il consolidarsi dell'orientamento - cui questo Collegio ritiene dare continuità - « fatto proprio anche dalle Sezioni Unite, rendono non opportuno un provvedimento ex art. 618 c.p.p. sollecitato dal P.G. Deve, infine, evidenziarsi che la normativa in questione, interpretata secondo le linee ermeneutiche da ultimo richiamate - giova ribadirlo in linea con il chiaro dettato normativo frutto in una precisa scelta discrezionale del legislatore - non appare confliggere, contrariamente a quanto lamentato da parte ricorrente, con principi costituzionali.Sia perché proprio il principio della libertà di iniziativa economica privata, come formulato dall'art. 41 Cost., impone la soccombenza dell'interesse privato, pur costituzionalmente tutelato, all'utilità sociale (sussistendo nella specie chiari interessi pubblicistici) sia perchè non sussiste contrasto con il principio costituzionale di cui all'art. 42 Cost., in quanto a parte la durata limitata della tutela cautelare si impone il sacrificio del diritto di proprietà del privato per realizzare un interesse generale costituzionalmente protetto, afferente l' amministrazione della giustizia. Né sussiste il paventato contrasto con norme sovranazionali. La Corte EDU, nel provvedimento del 16/06/2015 nel caso Mazzoni
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