Cass. pen., sez. VI, sentenza 20/03/2023, n. 11756
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da M G, nato a Fondi il 25/9/1982 avverso l'ordinanza emessa il 27/9/2022 dal Tribunale di Roma;visti gli atti, l'ordinanza impugnata e il ricorso;udita la relazione del consigliere P D G;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale G R, che ha chiesto il rigetto del ricorso;udito l'avv. M C F, anche in qualità di sostituto dell'avvocato M P, il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Roma, pronunciando in sede di appello cautelare, rigettava l'impugnazione proposta nell'interesse di Mosa avverso l'ordinanza con la quale era stata disposta l'interdizione dai pubblici uffici, in relazione alla contestazione del reato di induzione indebita. In particolare, al Mosa si contestava di aver esercitato indebite pressioni sul dirigente comunale C C, affinchè questi provvedesse all'annullamento in autotutela del provvedimento di decadenza della concessione marittima di cui era titolare la Lega Navale, ente assistito dal Mosa quale avvocato. L'induzione indebita veniva realizzata dal Mosa - che all'epoca era presidente del nucleo di valutazione del Comune di Terracina - prospettando al C un giudizio favorevole nei suoi confronti, indicando proprio nell'accoglimento del provvedimento richiesto uno dei parametri che sarebbero stati valorizzati a suo favore. 2. Il ricorrente ha formulato tre motivi di impugnazione. 2.1. Con il primo motivo, deduce violazione dell'art. 309, commi 9 e 10 cod. proc. pen., con conseguente inefficacia della misura interdittiva. Rappresenta il ricorrente di aver proposto istanza di riesame avverso l'ordinanza con la quale veniva applicata la misura cautelare interdittiva, sicchè il Tribunale avrebbe dovuto pronunciarsi nel termine di 10 giorni, ovvero, qualora avesse ritenuto che il riesame doveva riqualificarsi in appello cautelare, avrebbe dovuto adottare un apposito provvedimento in tal senso. Nel silenzio del Tribunale sul punto, ritiene il ricorrente che l'impugnazione cautelare sia soggetta alla disciplina del riesame e, quindi, anche alla previsione di inefficacia della misura nel caso di mancata decisione nei termini di legge. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione di legge in relazione all'art. 319-quater cod. pen., nonché la motivazione apparente contenuta nell'ordinanza impugnata in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Si sostiene, infatti, che nel caso di specie occorreva un vaglio rafforzato dell'effettiva efficacia intimidatoria della condotta tenuta dal Mosa, posto che il soggetto indotto era a sua volta un pubblico ufficiale, dal quale è lecito attendersi una capacità di resistenza maggiorata. La valutazione del quadro indiziario, inoltre, riposerebbe su una motivazione meramente apparente, come emerge fin dall'erronea individuazione del ruolo ricoperto dal Mosa, il quale componeva non già l'Organismo interno di valutazione, bensì presiedeva il Nucleo di valutazione per gli enti locali. In ogni caso, il Mosa operava in un organo collegiale, nel quale la valutazione sul raggiungimento degli obiettivi e sull'operato dei dirigenti comunali avveniva sulla base di un giudizio espresso a maggioranza, senza che il Presidente di tali organismi avesse un ruolo ulteriore e maggiormente incisivo.
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