Cass. civ., sez. III, sentenza 12/09/2019, n. 22729

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L'azione risarcitoria diretta contro il magistrato per il fatto costituente reato commesso nell'esercizio delle sue funzioni, prevista dall'art. 13 della legge n. 117 del 1988, è ammessa solo nelle ipotesi in cui sia intervenuta sentenza di condanna del magistrato passata in giudicato, ovvero nel caso in cui la domanda stessa, in quanto inserita nel processo penale mediante costituzione di parte civile, possa essere oggetto di decisione (del giudice penale) contestualmente all'accertamento del verificarsi del reato, ricorrendo un'eccezionale ipotesi di pregiudizialità necessaria dell'accertamento penale del fatto reato, atteso che la mera deduzione della configurabilità come reato del comportamento attribuito al magistrato eluderebbe le finalità di garanzia approntate dal legislatore a difesa della funzione giurisdizionale e non già del singolo soggetto che la esercita; pertanto, nel giudizio di rinvio conseguente alla cassazione della sentenza penale ai sensi dell'art. 622 c.p.p., difettano i presupposti per far valere la responsabilità risarcitoria diretta del magistrato, posto che l'accertamento penale del fatto reato non è surrogabile con l'accertamento compiuto dal giudice civile ai fini della pronuncia sulla domanda risarcitoria, stante l'autonomia strutturale e funzionale del giudizio di rinvio.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 12/09/2019, n. 22729
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 22729
Data del deposito : 12 settembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

IN CALCE ORIGINALE ANNOAZIONE 22729-2019 Oggetto REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO BANCA LA CORTE SUPREM DI CASSAZIONE R.G.N. 13342/2017 Cron. 22729 TERZA SEZIONE CIVILE C.I.Rep. Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Ud. 18/04/2019Presidente Dott. GMO TRAVAGLINO Dott. D SI Consigliere PU Consigliere Dott. MRIO CNA Dott. F FI Consigliere - Rel. Consigliere Dott. MRILENA GORGONI ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 13342-2017 proposto da: INTESA SANPAOLO SPA in persona del Procuratore Dott. D C, elettivamente domiciliata in ROM, VIA DI VILLA GZIOLI 15, presso lo studio dell'avvocato B G, che la rappresenta e difende;
- ricorrente 2019 contro 988 ROSSI ANTONIO;
intimato- nonchè da 1 RETE FERROVIARA ITALIANA SPA in persona dell'avvocato A R I, elettivamente domiciliata in ROM, VIALE UMBERTO TUPINI 113, presso lo studio dell'avvocato N C che la rappresenta e difende;
- ricorrente

contro

INTESA SANPAOLO SPA in persona del Procuratore Dott. C, elettivamente domiciliata in ROM,DAVIDE VIA DI VILLA GZIOLI 15, presso lo studio dell'avvocato B G, che la rappresenta e м difende;
MSUCCI OTAVIO elettivamente domiciliato in ROM, VIA VITTORIA COLONNA 18 presso lo studio dell'avvocato ITALO BENIGNI che lo rappresenta e difende;
controricorrente avverso la sentenza n. 7392/2016 della CORTE D'APPELLO di ROM, depositata il 06/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/04/2019 dal Consigliere Dott. MRILENA GORGONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALESSANDRO PEPE che ha concluso per l'accoglimento del 3 4 5 Rete Ferroviaria e 1 2 3 Banca Intesa;
2 udito l'Avvocato ROBERTO CATALANO per udito l'Avvocato ITALO BENIGNI;
udito l'Avvocato N C;
3 delega;
е RG n. 13342-2017 PU del 18 aprile 2019 FATTI DI CAUSA Il Tribunale di Roma, V sez. pen., con sentenza n. 19423/2007, a seguito di esposto alla Procura della Repubblica depositato da Intesa San Paolo S.P.A., dichiarava A R e O M responsabili del reato continuato di truffa aggravata e tentata truffa aggravata, li condannava, rispettivamente, alla pena di quattro anni di reclusione e di euro 1.500,00 di multa e all'interdizione. per cinque anni dai pubblici uffici, e di due anni di reclusione e di euro 1.000,00 di multa, nonché al risarcimento dei danni, da liquidarsi, in separato giudizio nei confronti delle parti civili: San Paolo IMI S.P.A., Banco di Napoli S.P.A. e Rete Ferroviaria Italiana S.P.A. Il Tribunale riteneva che A R, quale legale di quindici dipendenti delle Ferrovie dello Stato che avevano maturato un credito risarcitorio pari a circa 18 milioni di lire nei confronti del datore di lavoro, e O M, nel ruolo di vice pretore onorario con funzioni di giudice dell'esecuzione presso la Pretura di Avellino, con artifici e raggiri, avessero indotto in errore i terzi pignorati, Banco di Napoli, San Paolo Imi e Poste Italiane, circa l'effettiva spettanza ed entità dei crediti azionati nei loro confronti e conseguito un ingiusto profitto con corrispondente danno del debitore e dei terzi. Ad A R veniva ascritto anche il reato di tentata estorsione nei confronti dell'Istituto San Paolo Imi. La Corte d'Appello di Roma, con sentenza del 12/02/1999, riformava la decisione di prime cure, dichiarando di non doversi procedere nei confronti di entrambi gli imputati per i reati loro ascritti perché estinti per prescrizione, confermava, ai fini che qui interessano, la sentenza del Tribunale di Roma limitatamente alle statuizioni civili, ritenendo che le condotte degli imputati, pur prive ormai di rilevanza penale, costituissero fatti illeciti produttivi di danno in via diretta e immediata per le parti civili, ma non effettuava alcuna valutazione sui motivi di appello con cui entrambi gli imputati avevano contestato le prove dichiarative sulla base delle quali era stata affermata la sussistenza della responsabilità per i reati loro ascritti. A R e O M ricorrevano entrambi per la cassazione di tale sentenza. 3 his RG n. 13342-2017 PU del 18 aprile 2019 Intervenivano le Sezioni Unite della Corte di Cassazione penale, su istanza di rimessione della seconda sezione penale, le quali, con sentenza n. 155/12, annullavano, ai sensi dell'art. 622 c.p.p., il provvedimento impugnato, limitatamente agli effetti civili, e rinviavano alla Corte d'Appello di Roma, in sede civile, perché procedesse a nuovo esame degli aspetti di merito relativi alla sussistenza della induzione in errore di coloro che avevano partecipato alle procedure esecutive per conto delle persone offese e di coloro che del patrimonio delle persone offese potevano legittimamente disporre "in ordine alla sussistenza del concorso di entrambi gli imputati nelle condotte di truffa o di abuso e delle prove dichiarative su cui si era basata l'affermazione di responsabilità di A Rossi per la realizzazione del tentativo di estorsione ai danni di San Paolo IMI". Intesa San Paolo S.P.A. e Rete Ferroviaria Italiana S.P.A. riassumevano dinanzi alla Corte d'Appello di Roma il giudizio di rinvio, chiedendo la conferma della condanna solidale di A R ed O M al risarcimento dei danni. La Corte d'Appello di Roma, con sentenza n. 6821/16, depositata il 6/12/2016, rigettava le domande risarcitorie proposte da Intesa San Paolo S.P.A. e dalla Rete Ferroviaria Italiana S.P.A., disponeva la restituzione di quanto fatto oggetto di provvedimento di sequestro e di confisca agli aventi diritto e compensava tra le parti le spese di lite. In particolare, il giudice del rinvio, negando la ricorrenza della prova del dolo in capo ad O M, giudice dell'esecuzione, escludeva che la sua condotta, per quanto gravemente colpevole, avesse integrato gli estremi della fattispecie legale di cui all'art. 323 c.p. e, di conseguenza, negava che A Rossi avesse posto in essere una condotta qualificabile come concorso nel medesimo reato. Quanto al reato di truffa giudicava non vero che A R avesse messo in atto artifici atti ad indurre autonomamente in errore i debitori, avendo egli agito all'interno del processo di esecuzione, nel contraddittorio con le parti e sotto la direzione del giudice dell'esecuzione. Negava, altresì, che A R, rappresentando all'Istituto di credito che, in difetto di spontaneo pagamento PD 4 RG n. 13342-2017 PU del 18 aprile 2019 avrebbe agito in via esecutiva, avesse tentato una estorsione, mancando l'elemento oggettivo dell'ingiustizia del profitto. Rigettava la richiesta risarcitoria di Rete Ferroviaria Italiana S.P.A. con riguardo all'illecito civile ex art. 2043 c.c., ritenendo che il giudice civile del rinvio, nel caso di accoglimento del ricorso per cassazione della parte civile, avrebbe dovuto attenersi, ai fini dell'accertamento del nesso di causa, alle regole di giudizio del diritto penale, essendo in questione, ai sensi dell'art. 185 c.p., il riconoscimento del danno da reato. Intesa San Paolo S.P.A. ricorre per cassazione avverso la sentenza del giudice di rinvio, articolando nove motivi, corredati di memoria. Resistono con autonomo controricorso O M e Rete Ferroviaria Italiana S.P.A. Anche Rete Ferroviaria Italiana S.P.A. propone ricorso per cassazione, affidandosi a sei motivi, illustrati da memoria. Ad esso resistono con autonomo controricorso O M, A Rossi. RAGIONI DELLA DECISIONE Ricorso di Intesa San Paolo S.P.A.

1. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 110 e 323 c.p. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. L'errore imputato alla Corte d'Appello è quello di avere sbrigativamente negato che fosse stato provato l'atteggiamento psicologico doloso di Ottaviano M, escludendo che la sua condotta integrasse gli estremi della fattispecie legale di cui all'art. 323 c.p., nonostante egli: a) avesse trattato, nel corso della stessa udienza, 35 procedure di liquidazione ed avesse emesso, nella stessa data, 35 ordinanze di assegnazione, tra loro identiche, a favore di altrettante associazioni di fatto, costituite ad hoc, riportanti nomi di santi per un valore complessivo di sette miliardi di lire;
b) non avesse riunito le 35 procedure esecutive. Mr ら RG n. 13342-2017 PU del 18 aprile 2019 2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 110 e 640 c.p. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la sentenza impugnata negato la configurabilità del concorso nel reato di truffa nei confronti di A R, dato che l'attività ascrittagli era stata posta in essere all'interno del processo di esecuzione, quindi, in un processo giurisdizionale svoltosi nel contraddittorio con le parti e sotto la direzione del giudice. Inoltre, la Corte territoriale aveva rilevato che i terzi pignorati non avevano proposto alcun tipo di opposizione esecutiva per arginare la proliferazione di procedure, omettendo, tuttavia, di considerare che i precetti erano stati notificati dopo due o tre giorni dalla notifica di ben 1225 ordinanze in forma esecutiva e che il terzo pignorato, il quale non si identifica con il soggetto passivo dell'esecuzione, non è normalmente legittimato a proporre opposizione.

3. Con il terzo motivo la società denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 56 c.p. e dell'art. 629 c.p. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo il giudice del rinvio escluso, in difetto dell'elemento oggettivo dell'ingiustizia del profitto, la ricorrenza della tentata estorsione imputata ad A R. La tesi della ricorrente è che dalle deposizioni riportate nel ricorso, e soprattutto da quella di Meoli e di Venezia, rispettivamente, vicedirettore e direttore della filiale di Avellino, si evincesse chiaramente la tentata estorsione da parte di A R. Inoltre, la Corte territoriale avrebbe dovuto tener conto che la pretesa, normalmente legittima di una somma di denaro, assume i caratteri dell'illecito e configura il reato di estorsione, tentata o consumata, quando, per la sua palese sproporzione e per essere accompagnata dalla riserva di far valere le proprie

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