Cass. pen., sez. I, sentenza 30/12/2022, n. 49711

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 30/12/2022, n. 49711
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 49711
Data del deposito : 30 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: GUARINI LUIGI nato a TARANTO il 01/04/1967 avverso l'ordinanza del 20/09/2021 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTOudita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO A;
lette le conclusioni del PG. ALESSANDRO CIMMINO che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza indicata nel preambolo la Corte di appello di Lecce sezione distaccata di Taranto ha rigettato l'istanza con cui L G aveva chiesto: - rideterminarsi, in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 40 del 2019, le pene inflittegli con sentenze emesse il 22 gennaio 2007 ed il 5 giugno 2012, rispettivamente dallo stesso Ufficio giudiziario e dal G.i.p del Tribunale di Taranto;
- riconoscersi il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con quattro sentenze emesse da: 1) Tribunale di Taranto in data 16 dicembre 1992 (condanna per i reati di cui agli artt. 110, 56 e 629 cod. pen. nonché detenzione illegale di armi ed esplosivi, violazione tutte commesse il 24 agosto 1992);
lì 2) Corte di appello di Lecce sezione distaccata di Taranto in data 30 novembre 1995 (condanna per detenzione illegale di armi e munizioni nonché per ricettazione violazioni commesse il 12 settembre 1994);
3) Corte di assise di appello di Taranto in data 30 giugno 2010 (condanna per il reato di associazione di stampo mafioso commesso dal gennaio 1994 al novembre 2004 a pena che, in virtù del riconoscimento della continuazione, assorbe quella della sentenza sub 2);
4) Corte di appello di Lecce in data 24 giugno 2011 (condanna per violazione degli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e per piè reati di estorsione). Secondo la Corte territoriale, la richiesta di rideterminazione della pena è infondata posto che il fatto - reato oggetto dalla sentenza del 22 gennaio 2007 era stato commesso e giudicato durante la vigenza del di., 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, nella I., 21 febbraio 2006, n. 49. Tale provvedimento normativo aveva mitigato la pena per il reato di cui all'art. 73 d.P.R, n. 309 del 1990, avente ad oggetto la detenzione e cessione di droghe cosiddette pesanti, abbassando il limite edittale a sei anni di reclusione. Il delineato regime più favorevole era venuto meno a seguito della sentenza della Consulta n. 32 del 2014, che aveva ripristinato l'originaria pena edittale minima, pari ad otto anni di reclusione. Ne segue che la pena base di otto anni inflitta a G, con la sentenza in esecuzione, costituiva il frutto della scelta del giudice di infliggere una pena superiore al minimo edittale all'epoca vigente, pari a sei anni. L'aumento a titolo di continuazione inflitto per il reato di cui all'art. 73 d.P.R, n. 309 del 1990, oggetto della sentenza in data 5 giugno 2012, è anch'esso coerente con il minimo edittale della pena previsto all'epoca della pronuncia in caso di riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di lieve entità per le violazioni relative alla detenzione di droghe pesanti. Non aveva fondamento neanche la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione in quanto: - i fatti di cui alla sentenza sub 1) - considerata la già intervenuta unificazione di quelli oggetto della sentenza sub 2) e 3) - sono stati commessi due anni prima rispetto all'inizio della partecipazione di G all'associazione mafiosa oggetto di della sentenza sub 3) (il clan Martinese), quando cioè non era possibile una loro programmazione unitaria;
- l'associazione dedita al narcotraffico di cui alla sentenza sub 4) è del tutto diversa, per compagine, ambito territoriale e ed poca di attività rispetto a quella della sentenza sub 3), sicché non è ravvisabile alcun collegamento tra le due organizzazioni, anche con riferimento ai reati scopo.

2. Ricorre per cassazione G, per il tramite del difensore di fiducia articolando due motivi 2.1. Con il primo deduce, in relazione alla denegata rideterminazione della pena, violazione di legge processuale nonché vizio di motivazione. Lamenta che il giudice dell'esecuzione abbia erroneamente ritenuto che nella fase temporale in cui sono state emesse le sentenze in data 22 gennaio 2007 e 5 giugno 2012 il minimo edittale applicabile per il reato di cui all'art. 73 d.P.R. d.P.R. n. 309 del 1990, commesso in relazione alle droghe pesanti fosse quello più favorevole di 6 anni, introdotto soltanto dalla pronuncia di incostituzionalità n 32 del 2014 e non quello di 8 anni. A tale conclusione può pervenirsi solo attribuendo ai giudici della cognizione un orientamento interpretativo "pioneristico e precursore".
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