Cass. civ., sez. I, ordinanza 14/04/2023, n. 09966

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, ordinanza 14/04/2023, n. 09966
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 09966
Data del deposito : 14 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 30665/2020 R.G. proposto da: T FO, TARANTINO DAMIANO GIUSEPPE, TARANTINO DOMENICO, T D, elettivamente domiciliati in

ROMA VIA MERULANA

247, presso lo studio dell'avvocato D G F (null) rappresentati e difesi dall'avvocato C C (CNGCRL70E14D862T) -ricorrente-

contro

U S, elettivamente domiciliato in ROMA VIA POMEZIA, 11, presso lo studio dell'avvocato G R M (GRSRFL69D16I234B) rappresentato e difeso dall'avvocato F A (FRMNTN64L08B085X) -controricorrente- avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 7115/2020 depositata il 12/03/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/11/2022 dal Csigliere R G C.

FATTI DI CAUSA

T S e la Tarantino Ccimi srl, nonché M A, T F C, T D G, T D e T D, quali fideiussori della Tarantino concimi srl, convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Lecce Unicredit spa e Unicredit Banca d'impresa spa in relazione al rapporto bancario di apertura di credito con affidamento mediante scopertura su c/c n.1575 e n.11524 -unitamente ai conti collegati nn.8186 e 54967- intercorrenti tra la Tarantino concimi srl e T S con Unicredit Banca d'impresa spa. In particolare si richiedeva, per quel che qui ancora rileva, che fossero accertate le nullità delle clausole contenute nei rapporti anzidetti e della fideiussione resa dai Tarantino, relative alla determinazione degli interessi debitori con riferimento alle condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza, nonché delle variazioni dell'interesse ultralegale e delle provvigioni di massimo scoperto, commissioni spese e remunerazioni a qualsiasi titolo pretese anche con riferimento alla capitalizzazione trimestrale di interessi e commissioni di massimo scoperto e, conseguentemente, che fosse determinato l'esatto ammontare del dovuto previo ricalcolo sulla base di apposita consulenza tecnica contabile, ulteriormente dichiarando la nullità di qualsiasi pretesa eccedente il tasso soglia nel periodo trimestrale di riferimento. Il Tribunale di Lecce accoglieva per quanto di ragione le domande proposte dalle parti e condannava la società Tarantino al pagamento di euro 266.966,04, oltre interessi. Disponeva altresì la condanna di Unicredit spa al pagamento in favore di T S della somma di euro 2.247.357,26, oltre interessi creditori al tasso legale dalla domanda al soddisfo. In accoglimento parziale dell'appello proposto dalla Unicredit nei confronti di M A (in qualità di erede universale di T S) e di quello incidentale della Merico, la Corte di appello di Lecce, con sentenza n.316/2014, depositata il 9 maggio 2014, riformava parzialmente la sentenza di primo grado e rideterminava in euro 2.813.744,15 - parimenti riconoscendo gli interessi - la somma dovuta da Unicredit in favore di M A, a titolo di ripetizione dei pagamenti indebitamente effettuati dal cliente della banca in ragione della nullità parziale delle condizioni generali di contratto. La Corte di Cassazione, con ordinanza n.7115/2020, pubblicata in data 12 marzo 2020, rigettava il ricorso principale proposto da M A n.q. contro la sentenza della Corte di appello di Lecce e respingeva altresì il ricorso incidentale della banca. Per quel che qui rileva, la Corte di Cassazione rigettava il terzo motivo del ricorso principale, articolato in due censure, con cui la ricorrente aveva denunciato l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nonché la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., sostenendo che il giudice di appello aveva erroneamente recepito, quanto alla determinazione del saldo dei conti correnti nn.8186 e 54967, le risultanze della consulenza contabile esperita dal CTU innanzi al Tribunale di Lecce e dell'integrazione disposta in sede di gravame, escludendo la capitalizzazione anche per gli interessi creditori in favore del correntista e, sotto altro profilo, omettendo la detrazione dal saldo del conto corrente delle spese di tenuta dello stesso. In particolare, la Corte rilevava, per un verso, l'inammissibilità del vizio di carenza motivazionale, prevedendo l'art. 360 c.1 n.5 c.p.c. unicamente l'omesso esame di un fatto decisivo.Quanto alla prima censura esposta nel terzo motivo la Corte riteneva che, in ragione della nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi, il giudice era tenuto a calcolare gli interessi senza operare alcuna capitalizzazione. Aggiungeva la Corte che tale conclusione discendeva dalla nullità della capitalizzazione trimestrale per violazione dell'art. 1283 c.c., applicabile sia agli interessi a debito che a quelli a credito del cliente, ove anche per essi fosse prevista la suddetta capitalizzazione trimestrale, posto che l'art. 1283 c.c. non opera al riguardo alcuna distinzione. Sotto altro profilo, la Corte riteneva la seconda censura esposta nel terzo motivo inammissibile per difetto di autosufficienza, poiché non risultava in alcun modo che la Corte territoriale, una volta affermata la nullità per indeterminatezza della clausola circa le spese di tenuta del conto corrente, avesse poi omesso di escludere tali spese dal saldo del conto corrente medesimo. T F, D G, D e D, quali procuratori generali di M A, in qualità - quest'ultima - di erede universale di T S, hanno proposto ricorso per revocazione contro la pronuncia della Corte di Cassazione indicata in epigrafe. Unicredit S.p.A. si è costituita con controricorso. Le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c. La causa è stata posta in decisione all'udienza camerale del 18 novembre 2022. RAGIONI DELLA DECISIONE I ricorrenti deducono con l'unico motivo di ricorso per revocazione, ai sensi dell'art. 395, c.1 n.4 c.p.c., l'esistenza di un duplice errore di fatto in cui sarebbe incorsa la Corte di Cassazione nel rigettare il terzo motivo del ricorso principale. Per un primo aspetto, la Corte di Cassazione avrebbe per errore di fatto supposto l'esistenza di una previsione negoziale circa la capitalizzazione trimestrale degli interessi creditori che, per contro, sarebbe smentita dall'art. 7, c.1 del modulo contrattuale regolante i rapporti bancari intestati a T S, laddove si prevedeva che "I rapporti di dare ed avere vengono chiusi, contabilmente, in via normale, a fine dicembre di ogni anno, portando in conto gli interessi e le commissioni nella misura stabilita, nonché le spese postali, telegrafiche e simili e le spese di tenuta e chiusura del conto ed ogni eventuale altra, con valuta data di regolamento. I conti che risultino, anche saltuariamente, debitori vengono invece chiusi contabilmente, in via normale, trimestralmente e cioè a fine marzo, giugno, settembre e dicembre, applicando agli interessi dovuti dal correntista e alle competenze di chiusura, valuta data di regolamento del conto." Pertanto, la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito, dichiarata dal Tribunale di Lecce, non avrebbe dovuto indurre - la Corte di appello prima e la Cassazione poi - ad escludere l'applicazione della capitalizzazione annuale degli interessi creditori, effettuata dalla banca nel corso di tutti gli impugnati rapporti bancari, essendo tale prassi - secondo i ricorrenti - un fatto non controverso nei gradi di merito. Orbene, tale censura è inammissibile. Deve infatti escludersi, nel caso di specie, il prospettato errore percettivo ipotizzato dai ricorrenti, ove si consideri che con la decisione impugnata la Corte di cassazione, rispondendo alla censura specificamente prospettata dai ricorrenti, si è limitata a riaffermare la propria giurisprudenza in tema di nullità della clausola di capitalizzazione degli interessi maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'art. 1283 c.c., a prescindere tanto dalla periodicità degli interessi (trimestrale o annuale), quanto dalla circostanza che si tratti di interessi a debito o a credito del cliente, ritenendo così infondata la censura che lamentava l'erronea considerazione, da parte del giudice di merito della nullità della clausola rispetto agli interessi creditori. E sul punto ha quindi ritenuto che la nullità della capitalizzazione trimestrale per violazione dell'art.1283 c.c. dovesse valere sia per gli interessi a debito che per quelli a credito del cliente, ove anche per essi fosse prevista la suddetta capitalizzazione trimestrale, posto che l'art. 1283 c.c. non opera al riguardo alcuna distinzione. Orbene, la ricorrente intende contestare inammissibilmente, in sede di revocazione, tale valutazione in diritto compiuta dalla Corte. Anche la seconda censura relativa all'ulteriore prospettato errore di percezione è inammissibile. Ed invero, secondo gli odierni ricorrenti questa Corte avrebbe erroneamente supposto l'inesistenza di un fatto processuale, rappresentato dall'omessa esclusione - da parte della Corte di appello - delle spese di tenuta del conto corrente dal saldo del conto medesimo. Evenienza che emergerebbe dall'avvenuta ricezione, nella sentenza di appello, dei criteri indicati dal CTU nei rilievi finali depositati in primo grado, in spregio alle statuizioni contenute nella sentenza di primo grado e della stessa Corte di appello con riferimento all'affermata nullità per indeterminatezza della clausola inerente alle spese di tenuta del conto. La censura è inammissibile. Ed invero, l'ordinanza impugnata ha reputato la seconda censura dedotta con il terzo motivo di ricorso inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto non risultava in alcun modo che la Corte di appello, affermata la nullità per indeterminatezza della clausola circa le spese di tenuta del conto corrente, avesse poi omesso di escludere tali spese dal saldo del conto corrente medesimo. E tanto ha ritenuto sulla base di una valutazione della statuizione contenuta sul punto nella sentenza di appello, come tale insindacabile con tale mezzo impugnatorio.Ora, in tema di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione la prospettazione dell'errore revocatorio presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull'affermazione dell'esistenza o inesistenza di un fatto che la realtà processuale, quale documentata in atti, induce ad escludere o ad affermare e non anche quando - come nella specie - la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall'area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (v. Cass. n. 14608/2007;
Cass. n.13915/2005;
Cass. n.7064/2002). Ne consegue l'impossibilità di configurare errore revocatorio nel giudizio espresso dalla sentenza di legittimità impugnata sulla violazione del principio di autosufficienza in ordine ad uno dei motivi di ricorso, ritenuta per omessa indicazione e trascrizione dei documenti non ammessi dal giudice d'appello -cfr. Cass. n.10040/2022, Cass. n.20635/2017, Cass. n.17179/2020-. Peraltro, si è pure evidenziato che l'errore revocatorio deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, e non può consistere, per converso, in un preteso inesatto apprezzamento dejle rLsultanz9 procgssuali, 2A44: 4-1,Q-tt:k 2., 1A--e-LjT70 vertendosi, in tal caso,)' . nell'ipotesi dell'errore di giudizio, denunciabile con ricorso per cassazione, entro i limiti di cui all'art. 360, c.1 n.5, c.p.c. (v. Cass. n.3652/2006, Cass. n.10040/2022). Orbene, sulla base dei principi sopra ricordati, la censura qui esaminata tende proprio a porre in discussione l'apprezzamento delle risultanze processuali operato da questa Corte sul fatto che non risultava dagli atti che la Corte di appello avesse tenuto conto delle spese di tenuta conto, senza espungerle dal saldo del conto corrente. In sostanza i ricorrenti intendono, inammissibilmente, rimettere in discussione la valutazione operata dalla Corte nell'ordinanza impugnata.Alla stregua delle superiori considerazioni il ricorso è dunque inammissibile. Le spese seguono la soccombenza. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi dell'art. 13, comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell'art.
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