Cass. pen., sez. VI, sentenza 24/03/2022, n. 10629
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Testo completo
seguente SENTENZA sul ricorso proposto da MA RE, nato a Bagno a [...] il [...] avverso la sentenza del 10/06/2021 della Corte d'appello di Firenze. Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Maria Silvia Giorgi;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro Molino, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe la Corte d'appello di Firenze confermava la sentenza pronunciata in data 8 ottobre 2020 dal Tribunale di Firenze, che aveva condannato RE MA, concesse le attenuanti generiche, alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione e al risarcimento dei danni a favore della parte civile, in ordine al delitto di calunnia, per avere presentato in data 1° marzo 2014 una denuncia di smarrimento di dieci assegni del conto corrente della società MA S.p.A., tra i quali quelli nn. 7651899521 e 7651899522 da lui viceversa sottoscritti e consegnati a IA PI, legale rappresentante della società AMI s.r.l. a pagamento di un contratto di consulenza. La Corte, premesso che alla luce degli elementi probatori già in atti non appariva necessario procedere alla richiesta di parziale rinnovazione istruttoria (assunzione delle testimonianze di PI e CA, nonché acquisizione di produzioni documentali), riteneva accertata la responsabilità dell'imputato, valorizzando il dato storico della presentazione della denunzia di smarrimento dopo la consegna dei due assegni a PI. Le dichiarazioni rese dalla parte offesa avevano altresì trovato parziale riscontro nella -pure ritenuta complessivamente inattendibile- versione dell'imputato, il quale aveva riferito di avere espressamente richiesto alla persona offesa di non mettere all'incasso gli assegni in quanto il conto presentava una notevole scopertura, oltre che nelle dichiarazioni del teste LI. MA era quindi perfettamente consapevole delle conseguenze penali dell'azione a carico della persona cui i titoli erano stati consegnati. La Corte, in considerazione della natura, entità e modalità di esecuzione dei fatti, riteneva l'entità della pena, come determinata dal primo giudice, conforme ed adeguata ai fatti, confermando altresì le statuizioni civili della sentenza impugnata, né riteneva applicabile la invocata scriminante ex art. 54 cod. pen. non essendo ravvisabile un danno grave alla persona, pure nella sua più lata concezione.
2. Il difensore di MA ha presentato ricorso per cassazione avverso la citata sentenza d'appello e ne ha chiesto l'annullamento, censurandone con plurimi motivi:
2.1. la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al rigetto dell'istanza di rinnovazione parziale del dibattimento presentata con i nuovi motivi di appello. Tale richiesta era diretta a confutare la correttezza della decisione, assunta già in primo grado, di procedere all'acquisizione della querela della persona offesa PI ex art. 512 cod. proc. pen. in considerazione della sopravvenuta ridotta capacità mnestica del teste, che lo avrebbe reso incapace di testimoniare. In tal senso la FE aveva richiesto sia di disporre accertamenti peritali ex art. 196 cod. proc. pen., sia di produrre documentazione da cui evincere che PI, nonostante la pretesa riduzione delle sue capacità mnestiche e cognitive, aveva continuato a svolgere attività imprenditoriale, con ciò contraddicendo la asserita