Cass. civ., sez. II, sentenza 21/05/2020, n. 09371

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 21/05/2020, n. 09371
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 09371
Data del deposito : 21 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente SENTENZA sul ricorso 28309-2017 proposto da: COSTANTINI GRAZIANO, GORGONI LORENZO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI SAN

VALENTINO

21, presso lo studio dell'avvocato F C, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato R D V;

- ricorrenti -

contro

BANCA D'ITALIA, elettivamente domicilialu in ROMA, VIA f

NAZIONALE

91, presso lo studio dell'avvocato D L L, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato D M;

- controricorrente -

avverso il decreto della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 26/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/02/2019 dal Consigliere R S;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale C S che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato D V R difensore dei ricorrenti che ha chiesto l'accoglimento del ricorso e deposita sentenza del Tribunale di Siena;
udito l'Avvocato M D, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso. 21.2.2019 n. 13 RG 28309-2017 L G e G C c Banca d'Italia

FATTI DI CAUSA

1. Con note del 3 dicembre 2012 la Banca d'Italia ha contestato formalmente ai consiglieri di amministrazione della Banca Monte dei Paschi di Siena (di seguito indicata come la Monte dei Paschi) - e per quanto qui rileva in particolare a L G e a G C, all'epoca dei fatti componenti del "comitato per la remunerazione" esistente nell'ambito di detto organo amministrativo - la violazione delle disposizioni in materia di politiche e prassi di remunerazione e incentivazione emanate dall'organo di vigilanza in data 30 novembre 2011 in base all'art. 53 primo comma lett. d) t.u.b. Analoga contestazione, oltre che violazione degli obblighi di informazione nei confronti dell'organo di vigilanza, è stata rivolta, in base anche all'art. 52 t.u.b., ai sindaci.

2. Le contestazioni sono seguite a una lettera del 9 luglio 2012 con cui la Banca d'Italia aveva richiesto analitica informativa in merito all'ammontare e ai criteri per la determinazione dei compensi riconosciuti ad Antonio Vigni, cui era stato fornito riscontro con lettera pervenuta il 5 settembre 2012. Dalla delibera del consiglio d'amministrazione del 12 gennaio 2012 era emerso che, su parere del comitato per la remunerazione, il consiglio stesso aveva autorizzato la risoluzione del rapporto di lavoro del direttore generale Antonio Vigni con la corresponsione della somma di euro 4 milioni a titolo di incentivo per agevolare detta risoluzione e quale integrazione del t.f.r., in aggiunta a ogni competenza di fine rapporto e spettanza maturata per legge e contratto nazionale di lavoro. La banca si era inoltre impegnata a tenere il direttore generale "immune da azioni, anche di terzi, in relazione al suo operato di direttore generale". - 1/17 — oltre frontespizio Secondo la Banca d'Italia, anche alla luce delle notorie criticità della situazione tecnica del gruppo Monte dei Paschi di Siena, derivanti da scelte degli ultimi anni non ispirate a criteri di sana e prudente gestione, che avevano reso necessario il ricorso ad aiuti di Stato, i riconoscimenti effettuati al cessato direttore generale non avevano tenuto conto dei criteri e parametri di cui alle predette disposizioni del 30 marzo 2011, che prevedono che i compensi pattuiti in caso di conclusione anticipata del rapporto debbano essere collegati alla performance e ai rischi assunti, al livello delle risorse patrimoniali, nonché ai risultati conseguiti, mediante clausole di malus, a fronte invece di pagamento in contanti in unica soluzione;
inoltre la remunerazione variabile è, per le banche che beneficino di interventi pubblici, limitata in percentuale del risultato netto di gestione, non dovendo essere pagata agli esponenti aziendali salvo che ciò non sia giustificato.

3. Alle note di addebito del 3 dicembre 2012 avendo L G e G C controdedotto con note del 21 gennaio 2013, la commissione per l'esame delle irregolarità all'interno della Banca d'Italia si è espressa il 25 febbraio 2013 con parere favorevole a una proposta sanzionatoria, che è stata formulata dal servizio rapporti esterni e affari generali con nota del 19 luglio 2013, sentito l'avvocato generale della Banca d'Italia. Il direttorio della Banca d'Italia ha adottato il provvedimento sanzionatorio nella seduta del 23 luglio 2013, applicando a L G e a G C la sanzione pecuniaria amministrativa nella misura massima edittale pari a euro 129.110 ciascuno, tenuto conto delle specifiche responsabilità degli stessi nel comitato (analoga sanzione essendo applicata ad altro componente del comitato, a fronte di una sanzione di euro 90.000 nei confronti dei consiglieri non componenti il comitato e dei sindaci, con archiviazione nei confronti dei consiglieri non partecipanti alla delibera). - 2/17 - oltre frontespizio 4. Con ricorso notificato il 29 ottobre 2013 innanzi al t.a.r. per il Lazio in Roma L G e G C hanno impugnato il provvedimento;
a seguito di dichiarazione di difetto di giurisdizione per effetto della sentenza della corte costituzionale n. 94 del 9 aprile 2014, gli opponenti hanno proseguito il giudizio innanzi alla corte d'appello di Roma. Sulla resistenza della Banca d'Italia, con decreto depositato il 26 aprile 2017 la corte d'appello ha respinto l'opposizione.

5. A sostegno della decisione la corte territoriale ha considerato: - che non fosse stato violato il termine di 90 gg per la contestazione, non potendo decorrere detto termine - come invocato dai trasgressori - dal 2 novembre 2011, data in cui la Monte dei Paschi aveva informato la Banca d'Italia dell'avvenuta rimodulazione dell'assetto retributivo del direttore generale, posto che l'illecito non era riconducibile a detta rimodulazione, bensì alla delibera di riconoscimento delle somme, successiva e portata a conoscenza della Banca d'Italia solo il 5 settembre 2012;
- che, poiché le sanzioni irrogate ai sensi della disciplina del t.u.b. in gioco non hanno natura sostanzialmente penale, la non punibilità dei fatti contestati alla luce della successiva disciplina introdotta dal d. Igs. n. 72 del 2015 non avrebbe vigenza retroattiva per favor rei;
- che il principio del contraddittorio e del diritto di difesa, per non aver potuto interloquire il trasgressore con il direttorio della Banca d'Italia che aveva esaminato la proposta sanzionatoria, erano salvaguardati - anche ai sensi dell'art. 6 della c.e.d.u. come interpretato nella sentenza della corte di Strasburgo 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri c. Italia - dall'essere assicurato nel sistema italiano un ricorso in opposizione di piena giurisdizione;
- che le doglianze relative a presunte illegittimità della sanzione in relazione all'essere stato corrisposto un importo inferiore alle spettanze contrattuali e all'essere almeno inizialmente sprovvista la - 3/17 — oltre frontespizio Banca d'Italia del potere di dare disposizioni in materia costituirebbero un fuor d'opera, posto che la contestazione concerneva l'essere stato corrisposto un importo in contanti in unica soluzione, senza malus o claw back, nonché assunto a carico della banca l'obbligo di tenere indenne il direttore generale da responsabilità, in netto contrasto con i meccanismi previsti volti a legare incentivi alla performance, con correzioni ex post;
comunque la somma corrisposta, in base al tenore testuale dell'accordo, si aggiungeva alle spettanze contrattuali, mentre la potestà regolamentare della Banca d'Italia si fondava sull'art. 53 t.u.b. anche prima dell'introduzione della lett. d) a seguito della legge comunitaria del 2010;
- che l'entità della sanzione correlata al massimo edittale si giustificava alla luce dell'entità delle somme corrisposte, in periodo nel quale - a prescindere dal se la banca beneficiasse già di aiuti di Stato - era evidente la sua crisi.

6. Per la cassazione del provvedimento hanno proposto ricorso L G e G C su dieci motivi. Ha resistito la Banca d'Italia con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione da parte del decreto impugnato dell'art. 14 della I. n. 689 del 1981. Secondo i ricorrenti la Banca d'Italia è stata edotta della questione sin da quando le è pervenuta la nota della Monte dei Paschi datata 2/11/2011 che ha informato dell'avvenuta rimodulazione del trattamento retributivo del direttore generale, mentre la contestazione degli addebiti è avvenuta il 3/12/2012, oltre il termine di novanta giorni previsto dalla detta norma;
nel frattempo la Monte dei Paschi avrebbe confidato nella legittimità del proprio operato. Il motivo è infondato. - 4/17 - oltre frontespizio Come già rilevato dalla corte territoriale, la contestazione non concerne l'eventuale non conformità alla disciplina di settore del contratto con il direttore generale, quale rimodulato, bensì l'accordo di risoluzione consensuale quale approvato dal consiglio d'amministrazione il 12/1/2012. Se la corte d'appello ha già ben notato come l'accertamento della violazione non potrebbe mai essere antecedente alla violazione stessa, consumatasi con il contratto del gennaio 2012, vi è da aggiungere che è destituito di fondamento l'assunto dei ricorrenti secondo il quale "il contratto di lavoro ... disciplinava puntualmente i termini di risoluzione del rapporto" (p. 11 del ricorso). Fermo restando che altro, eventualmente, è contrattualizzare un futuro illecito (che comunque, quindi, non si consuma al momento della previsione), altro è commetterlo (e quindi consumarlo, ciò che lo rende accertabile), fatto sta che la risoluzione consensuale del rapporto ha comportato ben altre erogazioni rispetto a quelle contrattualmente previste (veniva erogata con la delibera del 12/1/2012, oltre ai benefici contrattuali, l'ulteriore somma lorda di euro 4 milioni "a titolo di incentivo per agevolare la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro e quale integrazione del trattamento di fine rapporto, oltre alle competenze di fine rapporto, al t.f.r. maturato e ad ogni altra spettanza prevista dalla legge e dal contratto nazionale di lavoro per i dirigenti di aziende di credito", nonché veniva rilasciata garanzia idonea a tenerlo "immune da azioni, anche di terzi, in relazione al suo operato di direttore generale"). In nessun modo, quindi, la commissione dell'illecito può essere fatta retroagire al contratto quale rimodulato.
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