Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 22/06/2004, n. 11641

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 22/06/2004, n. 11641
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11641
Data del deposito : 22 giugno 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P G - Presidente -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. G C - Consigliere -
Dott. V G - rel. Consigliere -
Dott. B B - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA - già FERROVIE DELLO STATO (SOCIETÀ DI TRASPORTI E SERVIZI PER AZIONI), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA PLINIO

21, presso lo studio dell'avvocato F T P C/O S A L F, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;



- ricorrenti -


contro
R L, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA AGRI

1, presso lo studio dell'avvocato P N, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 1189/01 della Corte d'Appello di TORINO, depositata il 05/02/02 - R.G.N. 232/2001;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/02/04 dal Consigliere Dott. G V;

udito l'Avvocato TOSI;

udito l'Avvocato N;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. S F che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 27 ottobre 2000 il Tribunale di Torino condannava la s.p.a. Ferrovie dello Stato a pagare a L R la somma di lire 4.105.948, oltre interessi legali sino al saldo, a titolo di differenze sul compensi per lavoro straordinario diurno feriale e festivo relativi al periodo al periodo 1 gennaio 1993/31 luglio 1998, compensando le spese di lite.
A seguito di gravame della società, la Corte d'appello di Torino, con sentenza del 5 febbraio 2002 rigettava l'appello e condannava l'appellante al pagamento delle spese del grado di giudizio. Nel pervenire a tale conclusione la Corte premetteva che il contratto collettivo 1990/1992 delle Ferrovie dello stato distingueva tra retribuzione base (art. 33), retribuzione normale (art. 35) e retribuzione convenzionale (art. 36).
La nozione di retribuzione convenzionale era più ristretta di quella di retribuzione normale perché composta dallo stipendio mensile tabellare comprensivo delle classi di stipendio, dall'indennità integrativa speciale, nella misura in vigore dal 1 gennaio di ogni anno, nonché dal rateo di tredicesima mensilità corrisposta nell'anno precedente, escludendo di contro alcune voci che rientravano nel concetto di retribuzione normale (quali aumenti periodici biennali, anche convenzionali, eventuale assegno personale pensionabile, eventuale EDR, indennità quadri, indennità di utilizzazione, rateo del premio di esercizio).
Il compenso per lavoro straordinario era poi determinato sulla base della retribuzione convenzionale. Più precisamente, la misura del compenso orario straordinario era determinata dal 1 gennaio di ciascun anno applicando alcune maggiorazioni (21% per straordinario diurno feriale, 40% per quello diurno festivo o notturno feriale,62% per quello notturno festivo) sulla retribuzione convenzionale(art. 44 c.c.n.l.). Sulla base dell'indicata normativa, era pacifico che le Ferrovie avevano provveduto a determinare le nuove misure del compenso per lavoro straordinario con decorrenza dal 1 gennaio 1990, 1 gennaio 1991 e 1 gennaio 1992 in relazione al variare degli elementi della retribuzione convenzionale. Ed era altrettanto pacifico che successivamente la misura del compenso per lavoro straordinario non era stata aggiornata dalle Ferrovie (quantunque fossero intervenuti miglioramenti retributivi relativi alle voci comprese nella retribuzione convenzionale) per cui lo straordinario era stato sempre pagato nella misura determinata per il 1992.
Tutto ciò era accaduto per il 1993 per effetto del blocco del compenso nella misura del 1992, disposto dall'art. 7 comma 5 d.l. 19 settembre 1992 n. 384, convertito in l. 14 novembre 1992 n. 438, e
per gli anni successivi sia a seguito di tale norma - i cui effetti erano stati prorogati sino al 1996 con l'art. 3, comma 36, l. 24 dicembre 1993 n. 537 e ulteriormente sino al 1999 con l'art. 1, comma 66, l. 23 dicembre 1996 n. 662 - sia a seguito della contrattazione
collettiva (l'art. 5 punto 6 del contratto collettivo del 18 novembre 1994 aveva, infatti, stabilito che "rimangono invariati gli importi scaturenti dall'applicazione dell'art. 44 del c.c.n.l. 1990/1992;
e l'art. 85 c.c.n.l. del 6 febbraio 1998 aveva ribadito che "le misure orarie del compenso per lavoro straordinario sono confermate negli importi attualmente vigenti"). Era altresì incontestato che al 1 gennaio 1990 il compenso orario per lavoro straordinario (determinato contrattualmente con la maggiorazione del 21% sulla retribuzione convenzionale) era superiore al compenso orario maggiorato del 10%. Di contro dal 1 gennaio 1993 - essendo nel frattempo aumentate varie voci della retribuzione normale - il compenso orario per lavoro straordinario era divenuto addirittura inferiore al compenso orario normale e tale forbice era andata via via progressivamente ad accrescersi. O, il primo giudice aveva ritenuto che il blocco, era limitato alla intera voce retributiva e non ai soli meccanismi automatici di indicizzazione ed aveva rilevato altresì che le parti collettive nei rinnovi contrattuali del 1994 e del 1998 avevano aderito al blocco vigente sino al 31 dicembre 1998. Infine, lo stesso giudice aveva respinto la domanda di nullità degli artt. 36 e 44 del contratto collettivo del 1992 ritenendo la pattuizione contrattuale non contrastante con norme imperative ed, aveva, conseguentemente disatteso la domanda del lavoratore. Tale interpretazione della disciplina collettiva non poteva però essere condivisa in ragione della lettera dell'art. 7, comma 5, del d. lgs. 384/1992 e di guanto specificato sul punto dal giudice delle leggi con sentenza 17 giugno 1999 n. 242. Nella motivazione di tale sentenza era precisato, infatti, come norme simili a quella di cui al già citato art. 7, comma 5 "sarebbero in contrasto con l'art. 36 della Costituzione se consentissero di retribuire una ora di lavoro straordinario in misura inferiore rispetto ad un ora di quello ordinario". Vi era quindi da parte dei giudici della Corte una chiara presa di posizione sulla portata dell'art. 36 Cost. nel senso che questa norma impone di retribuire il lavoro straordinario più di quello ordinario. In altri termini, una opzione ermeneutica in linea con il dettato costituzionale non poteva che condurre alla conclusione che la norma dell'art. 7, comma 5, d.l. 384/1992 aveva riguardo unicamente ai meccanismi automatici di indicizzazione e soltanto su questi poteva produrre effetti di blocco. Ciò che era stato bloccato, in effetti, non era il complessivo ammontare del compenso per lavoro straordinario ma solo la quota costituita dall'indennità integrativa speciale sicché per le altre voci incidenti sulla misura del compenso per lavoro straordinario non esisteva alcun blocco e la contrattazione risultava libera. Avverso la sentenza della Corte d'appello di Torino la Rete Ferroviaria Italiana s.p.a propone ricorso per Cassazione, articolato su due motivi, illustrati anche con memoria. Resiste con controricorso L R. MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Con il primo motivo del ricorso la s.p.a..
Ferrovie dello Stato deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 7, comma 5, del d.l. 19 settembre 1992 n. 384, convertito nella legge 14 novembre 1992 n. 438, dell'art. 3, comma 36, legge 24 dicembre 1993 n. 537, dell'art. 1, coma 66, della legge 23 dicembre 1996 n. 662. In particolare ribadisce, pur a fronte dell'interpretazione data
dalla sentenza impugnata ai pronunziati della Corte Costituzionale e dei giudici di legittimità, che una valutazione della corrispondenza al dettato Costituzionale delle norme della contrattazione collettiva non può sfuggire ad una valutazione più complessiva di adeguatezza delle retribuzioni corrisposte ai lavoratori pur in presenza del blocco della determinazione delle aliquote di straordinario verificatosi in virtù dell'art. 7, comma 5, del d.l. 19 settembre 1992 n. 384 e di quelle disposizioni che ne hanno protratto
l'efficacia nel tempo. Non poteva poi trascurarsi di considerare che l'art. 5 punto sei del c.c.n.l. 1994/1995 e l'art. 85 del c.c.n.l. avevano inteso modificare la precedente disciplina pattizia, perché le parti sociali prevedendo, appunto, che rimanevano invariati "gli attuali importi scaturenti dall'applicazione dell'art. 44 del c.c.n.l. del 1990-1992", si erano indotti a "rinegoziare" proprio in
ragione degli incrementi retributivi sui minimi tabellari e dei miglioramenti normativi idonei ad ammortizzare il possibile progressivo decremento della paga per lavoro straordinario indirettamente determinato dalla legge (art. 7, comma 5, d.l. n. 384/1992) e dal contratto collettivo che ne riproduceva il contenuto.
In altri termini la valutazione circa la corrispondenza al dettato costituzionale delle suddette norme contrattuali non poteva sfuggire ad una valutazione più complessiva di adeguatezza delle retribuzioni corrisposte ai ferrovieri, pur in presenza del blocco della determinazione delle aliquote di straordinario verificatosi in virtù dell'art. 7, comma 5, d.l. 19 settembre 1992 n. 384 e di quelle che ne avevano protratto l'efficacia nel tempo. Non si era infine data una interpretazione corretta del dato normativo ne' si era attribuita la dovuta rilevanza alla circostanza che nella fattispecie in oggetto si fosse in presenza di norme eccezionali e transitorie e che, sul versante costituzionale, una norma che a regime stabilisca la remunerazione del lavoro straordinario in misura inferiore alla remunerazione del lavoro ordinario, è cosa affatto diversa da una norma che invece lo stabilisca in via transitoria ad eccezionale salvaguardia di altri diritti costituzionalmente garantiti. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente società ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto applicabile alle fattispecie in esame il disposto dell'art. 2108 c.c., facendo scaturire dalla relativa violazione la nullità delle previsioni contrattuali con la consequenziale determinazione della maggiorazione per lavoro straordinario da parte del giudice alla stregua del disposto dell'art. 2099, comma 2, c.c.. Al riguardo la ricorrente deduce che esiste per i ferrovieri, in deroga al r.d.l n. 692/1992, un sistema legale compiuto e differenziato di individuazione dell'orario di lavoro massimo costituito dai limiti posti dalla legge n. 591/1969 (che ha fissato la durata settimanale del lavoro del personale di esercizio in 44 ore dal 1 maggio 1969, in 42 ore dal 1 agosto 1970 ed in 40 ore dal 1 gennaio 1972;
e per il personale di macchina la durata massima di 40 ore dal 1 agosto 1970 e di 38 ore dal 1 gennaio 1972, stabilendo poi per entrambe le categorie la possibilità di superare i limiti fino ad un massimo di 48 ore in sede di formazione degli orari e dei turni a condizione che venga garantito un riposo compensativo a prolungamento del riposo settimanale) ribaditi dai D.P.R. nn. 1372/1971 e 374/1983, ed esiste una norma di legge l'art. 32 l. n. 34/1970 ("È considerato straordinario ai fini della corresponsione
del relativo compenso, il lavoro ordinato ed eseguito, per motivi di ordine temporale ed eccezionale, oltre la durata giornaliera del lavoro ordinario prescritto. Tale lavoro straordinario non può essere comandato, di regola, per una durata superiore a due ore per giornata di lavoro") - che individua lo straordinario legale nel superamento dei limiti dell'orario ordinario.
Emergeva poi dal combinato disposto degli artt. 44 e 50 del contratto collettivo del 1992/1994 che il lavoro straordinario contrattuale (ovvero, il cd. lavoro supplementare) era quello prestato oltre le 36 ore sicché detto lavoro doveva reputarsi compreso tra le suddette 36 ore ed il limite massimo previsto dalla normativa di settore. Al termine "lavoro straordinario" doveva quindi attribuirsi il significato di "lavoro supplementare", per il quale, secondo la giurisprudenza - a differenza di quanto accade per lo straordinario legale - non è richiesto alcun compenso aggiuntivo. Per concludere le disposizioni dell'art. 2108 c.c. non poteva trovare applicazione per essere il rapporto di lavoro delle Ferrovie dello Stato disciplinato in tutto e per tutto da leggi speciali sicché non poteva giungersi in alcun modo ad una nullità parziale delle clausole del contratto collettivo con la loro sostituzione per il mancato rispetto di limiti - ritenuti insuperabili - posti dalla legge.

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