Cass. pen., sez. III, sentenza 29/11/2022, n. 45249

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 29/11/2022, n. 45249
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 45249
Data del deposito : 29 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da P S, nato a Messina il 2/9/1976 avverso la sentenza del 17/3/2021 della Corte d'appello di Messina visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere G L;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale L C, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso;
udito per la parte civile Agenzia delle Entrate l'avv. S F, che ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e comunque il rigetto del gravame con conferma della sentenza di secondo grado impugnata, con condanna del ricorrente al pagamento dei compensi del grado di legittimità;
udito per il ricorrente l'avv. A B, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20 settembre 2019 il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Messina, a seguito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato il Notaio S P responsabile del reato di cui all'art. 11 del d.lgs. n. 74 2000 di cui al capo 1) della rubrica (commesso in Messina e altrove fino al 3 agosto 2017), condannandolo alla pena di un anno di reclusione e alle pene accessorie di cui all'art. 12, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 74 del 2000, assolvendolo dalle altre contestazioni della medesima ipotesi delittuosa perché il fatto non costituisce reato. Con la sentenza impugnata, pronunciata il 17 marzo 2021, la Corte d'appello di Messina, in accoglimento dell'appello principale del pubblico ministero e di quello incidentale della Agenzia delle Entrate, ha dichiarato l'imputato responsabile anche di tutte le altre contestazioni del medesimo reato di cui all'art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 (di cui ai capi 3, b, Bl, dl, e1, g, i, I, L2, L4), condannandolo alla pena complessiva di un anno e dieci mesi di reclusione e al risarcimento dei danni in favore della Agenzia delle Entrate, costituita parte civile.

2. Avverso tale sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l'Avvocato A B, che lo ha affidato a quattro motivi.

2.1. Con il primo motivo ha denunciato la violazione degli artt. 6 CEDU e 603, commi 3 e 3 bis e 179 cod. proc. pen., a causa della mancata rinnovazione, nel giudizio di appello, dell'esame dell'imputato, in quanto la riforma della sentenza assolutoria di primo grado si era fondata pressoché esclusivamente sulla rivalutazione della coerenza logica e della credibilità delle dichiarazioni rese nel corso del proprio interrogatorio da parte dell'imputato, allorquando questi aveva affermato di essere stato all'oscuro dei debiti tributari di F G fino al 2 agosto 2017. Tale riconsiderazione avrebbe imposto la rinnovazione dell'esame dell'imputato su punti giudicati come controversi e critici al fine di garantire il diritto di difesa dell'imputato medesimo e di non violare l'art. 6 CEDU, essendo stato affermato dalla Corte EDU che il giudice d'appello che intenda riformare in senso peggiorativo le sentenze assolutorie pronunciate dal giudice di primo grado ha l'obbligo di rinnovare l'esame dell'imputato quando le sue dichiarazioni non siano credute e la loro confutazione sia, come nel caso di specie, posta a fondamento della sentenza di condanna che ribalta l'esito assolutorio del giudizio di primo grado (si richiamano le sentenze nn. 20903/15, 20973/14, 20980/15 e 24505/15), tanto più quando, come nel caso in esame, la riforma della pronuncia assolutoria si fondi su ragioni che attengono all'elemento soggettivo del reato.La citazione dell'imputato per il giudizio d'appello non poteva dirsi sufficiente a consentire di ritenere assolto detto obbligo, in quanto sarebbe stata necessaria la sua espressa citazione d'ufficio per rinnovarne l'esame.

2.2. Con il secondo motivo ha denunciato la carenza e l'illogicità della motivazione nella parte relativa alla necessaria conoscenza da parte dell'imputato delle vicende giudiziarie del G e della loro incidenza nei suoi rapporti con il fisco, e anche a proposito della condotta tenuta dal ricorrente successivamente al 2 agosto 2017, allorquando aveva appreso dell'avvenuto sequestro delle quote sociali della GEFIN, riconducibili al G. Risulterebbe, in particolare, illogica l'affermazione, contenuta nella motivazione della sentenza impugnata, secondo cui la consapevolezza del pignoramento delle quote della GEFIN avrebbe dovuto indurre l'imputato a non partecipare alla assemblea straordinaria dei soci del 3 agosto 2017 e a non ricevere il relativo verbale, e ciò avrebbe dovuto indurlo ad astenersi anche dal ricevere gli atti precedentemente stipulati, a far tempo dal marzo 2016, in considerazione del clamore mediatico e delle notizie di stampa relative al G (non dimostrate e acquisite irritualmente attraverso l'allegazione documentale all'atto di impugnazione del pubblico ministero, in assenza di un'ordinanza di rinnovazione dell'istruttoria e nonostante l'effetto preclusivo derivante dalla ammissione al rito speciale). Tali argomenti non erano, peraltro, stati utilizzati allo scopo di valutare e accogliere l'impugnazione del pubblico ministero, bensì di rigettare l'appello proposto dall'imputato avverso la condanna per il reato di cui al capo 1), con la conseguente illogicità della affermazione della consapevolezza da parte dell'imputato della situazione debitoria del G anche in epoca antecedente e con riferimento alle altre contestazioni.

2.3. Con il terzo motivo ha denunciato la violazione dell'art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000, con riferimento alla conferma della affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui al capo 1), in quanto la stessa Corte d'appello aveva riconosciuto che l'erosione del capitale sociale, con il conseguente azzeramento del valore delle quote sociali della GEFIN appartenenti al G, si era verificata già nella assemblea ordinaria del 24 luglio 2017, nella quale era stata deliberata la rettifica del bilancio consuntivo e accertata la perdita del capitale sociale, cosicché l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata, della cooperazione del Notaio nel corso della successiva assemblea straordinaria del 3 agosto 2017 alla sottrazione delle quote sociali all'azione esecutiva della Agenzia delle Entrate, risultava errata, non potendo realizzarsi il pericolo per le ragioni di credito tributarie necessario per la configurabilità del reato contestato, stante il già intervenuto azzeramento del capitale sociale, anteriormente alla suddetta assemblea straordinaria dei soci del 3 agosto 2017, il cui ordine del giorno prevedeva esclusivamente la ricostituzione del capitale sociale eroso dalle perdite, ai sensi dell'art. 2482 ter cod. civ. Ha censurato anche l'affermazione, posta a conferma della affermazione di responsabilità del ricorrente in relazione al reato di cui al capo 1), secondo cui l'imputato avrebbe dovuto rendersi conto della falsità del bilancio integrativo al 30 giugno 2017 e della fittizietà delle perdite nello stesso indicate, posto che il Notaio aveva appreso della esistenza delle perdite solamente con la notifica del pignoramento, il 2 agosto 2017, e che non gli era imposta una attività di verifica circa le perdite esposte in bilancio, in relazione alle quali non aveva poteri o doveri di controllo, che competono esclusivamente agli organi sociali di controllo.

2.4. Con il quarto motivo ha denunciato la violazione degli artt. 591 e 595 cod. proc. pen., a causa della errata considerazione della memoria con appello incidentale della parte civile, depositata il 12 dicembre 2019, quando era già decorso il termine perentorio di cui all'art. 585 cod. proc. pen. per presentare appello principale avverso la sentenza di assoluzione, cosicché quanto esposto dalla parte civile non poteva essere ricondotto a un tempestivo atto di impugnazione, essendo consentita l'impugnazione incidentale al solo imputato, a seguito della modifica dell'art. 595 cod. proc. pen. da parte dell'art. 4 della I. n. 11 del 2018, con la conseguenza che l'impugnazione incidentale proposta dalla parte civile doveva essere dichiarata inammissibile in quanto proposta da soggetto non legittimato, ai sensi dell'art. 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Risulta fondato solamente il quarto motivo di ricorso.

2. Va, preliminarmente, rammentato che, in materia di ribaltamento della sentenza assolutoria, la giurisprudenza di legittimità (v., da ultimo, Sez. 4, n. 46210 del 02/10/2019, G, Rv. 277870, relativa proprio a una ipotesi di mancata rinnovazione dell'esame dell'imputato in giudizio conclusosi con il ribaltamento dell'esito assolutorio di quello di primo grado, svoltosi con rito abbreviato), ha stabilito che incombe sul giudice di appello l'onere di offrire una motivazione rafforzata che si confronti con gli argomenti posti a sostegno della sentenza di assoluzione. Tale onere è generale e riguarda anche i casi in cui il compendio probatorio non abbia una struttura dichiarativa, ma si fondi su prove di altra natura (prova scientifica, intercettazioni, perquisizioni, sequestri etc). Nella sentenza di condanna che ribalti la decisione assolutoria di primo grado devono dunque essere confutate in via specifica tutte le ragioni poste a sostegno della decisione assolutoria di primo grado, dimostrando puntualmente l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti ivi contenuti, in quanto la motivazione, sovrapponendosi a quella della sentenza riformata, deve dare compiuta ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati (così Sez. Un, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231674;
in senso conforme, tra le tante, Sez. 2, n. 5231 del 13/12/2018 - dep. 2019, Prundaru, Rv. 276050). Si tratta di un percorso ermeneutico che trova significative conferme nella giurisprudenza della Corte EDU, che, con giurisprudenza consolidata, ha ritenuto non rispettoso delle garanzie convenzionali il processo che si risolva in un ribaltamento dell'assoluzione sulla base di un compendio probatorio cartolare che si presenta deprivato rispetto a quello disponibile in primo grado, in quanto carente dell'audizione diretta dei testimoni già uditi, dei quali si pretende di rivalutare la attendibilità intrinseca e la credibilità dei contenuti accusatori, senza fare ricorso alla percezione diretta dell'evento dichiarativo (Dan v. Moldavia, Corte Edu, 5 luglio 2011;
Manolachi v. Romania, Corte EDU, III sez., 5 marzo 2013;
Flueras v. Romania, Corte Edu, III sez., 9 aprile 2013;
Corte Edu,
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