Cass. civ., sez. III, ordinanza 18/01/2023, n. 01379
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Testo completo
5 ORDINANZA sul ricorso 1250/2020 proposto da: C D M B, C D M E, C d M S quali eredi di G A M, elettivamente domiciliati in Roma Viale Bruno Buozzi 99 presso lo studio dell'avvocato G P F G che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato T T;
-ricorrente - •
contro
S Carlo Moise', elettivamente domiciliato in Roma Via Giambattista Vico 31 presso lo studio dell'avvocato S E che lo rappresenta e difende;
-controricorrente - nonchè
contro
Fondazione Ecclesiastica Istituto Marchesi Teresa, G e L Gi e Casa Generalizia Salesiana Denominata Direzione Generale Opere Don Bosco, elettivamente domiciliate in Roma Via App ia Nuova 37/A presso lo studio dell'avvocato C A che li rappresenta e difende con gli avvocati B G e R R, unitamente e congiuntamente tra loro;
-controricorrenti - avverso la sentenza n. 4353/2019 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 30/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/9/2022 dal Consigliere C G;
Rilevato che: 1250/2020 A G decedeva 5 giugno 1990 lasciando con testamento tutta la sua ampia eredità a Fondazione Ecclesiastica Istituto Marchesi Teresa G e L Gi;
G, A, G e Arma M G, dei quali era zio, agivano in più cause per acquisire l'eredita così perduta. Interveniva C M S, che acquistava i pretesi diritti successori di G, A e G G, e in seguito stipulava con A M G, il 4 dicembre 1992, un accordo in cui in cambio del 20% di quanto sarebbe stato recuperato egli si assumeva la gestione dei contenziosi e le relative spese. In data 8 giugno 2007 il S stipulava una transazione con la suddetta fondazione, ottenendone il 15% del valore dell'eredità - 100 milioni di euro -;
all'insaputa di ciò, Anna M G stipulava il 19 giugno 2007 una transazione con la stessa fondazione (sottoscritta anche dalla Casa Salesiana Opera Don Bosco per l'ipotesi che la fondazione venisse meno o fosse dichiarata nulla) chiudendo la sua controversia dietro il pagamento da parte della fondazione di C 2.360.000. Il S p-u-ntO) convenivkAnna M G davanti al Tribunale di Firenze, sezione distaccata di Pontassieve, chiedendo, in esecuzione dell'accordo del 4 dicembre 1992, Dv20'% di quanto da lei ricevuto dalla fondazione. La G si costituiva e veniva così ad apprendere l'esistenza della transazione stipulata tra il S e la fondazione medesima. Conseguentemente la G, con atto di citazione del 17 ottobre 2011, conveniva davanti al Tribunale di Milano il S, la fondazione e la Casa Salesiana per ottenerne il risarcimento dei danni nella misura di C 30.685.431,70, per quanto qui interessa basando la domanda risarcitoria nei confronti del S, oltre che su dolo incidente ex articolo 1443 c.c., riguardante la transazione del 19 giugno 2007, anche su inadempimento dell'accordo del 4 dicembre 1992. I convenuti resistevano e il Tribunale rigettava con sentenza del 20 giugno 2016. Presentavano allora appello gli eredi di Anna M G nelle more deceduta, cioè Beatrice, Emanuela e Stefano Cordero di Montezemolo;
resistevano il S, la fondazione e la Casa Salesiana. La Corte d'appello di Milano rigettava il gravame con sentenza del 30 ottobre 2019. I Cordero di Montezemolo hanno presentato ricorso, c:omposto di quattro motivi;
il S si è difeso con controricorso, e con un unico controricorso si sono difese pure la fondazione e la Casa Salesiana. I ricorrenti e il S hanno depositato memoria.
Considerato che:
1.1 4 primo motivo denuncia, in riferimento all'articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame su fatto discusso e decisivo: vizio nell'interpretazione della comparsa di risposta del S. In primo grado, costituendosi, il S - espongono i ricorrenti - aveva concluso la comparsa di risposta chiedendo la rimessione per competenza territoriale della causa al Tribunale di Roma, e in subordine la sospensione ex articolo 295 c.p.c. fino al passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale Firenze, sezione di Pontassieve, in merito chiedendo poi il rigetto della domanda;
solo nella prima memoria di cui all'articolo 183, sesto comma, c.p.c. aveva poi introdotto un novum, vale a dire "l'asserito l'inadempimento della G ad asseriti obblighi informativi", da cui traeva eccezione di inadempimento, aggiungendo nelle conclusioni la domanda, posta in subordine, di dichiarare l'inadempimento della G agli obblighi della scrittura privata del 4 dicembre 1992. Per la novità di argomento e di eccezione ex articolo 1460 c.c., "le parti attrici ne contestavano l'inammissibilità, sia in primo grado sia in secondo grado", per introduzione tardiva, che rappresentavano pure nel secondo motivo d'appello. Quest'ultimo, peraltro, è stato disatteso dalla corte territoriale, mediante l'esame di un passo della comparsa di risposta che ha ritenuto abbia "chiarito nella memoria ex art. 183", invocando pure giurisprudenza di questa Suprema Corte - Cass. sez. 2, ord. 28 novembre 2017 n. 28385 - in ordine alla modificabilità della domanda ex articolo 183 c.p.c. quanto a petitum e/o causa petendi purché la modifica sia connessa alla vicenda sostanziale e non costituisca lesione della difesa di controparte o comunque non prolunghi i tempi processuali. I ricorrenti osservano nella presente censura che l'eccezione di inadempimento manifesta la "volontà del convenuto di contrapporre all'attore in modo non equivoco un suo previo inadempimento", e che il giudice d'appello ha ravvisato detta eccezione nelle seguenti parole che si rinvengono a pagina 9 della comparsa di risposta: "e reciprocamente dell'eventuale inadempimento della .. G all'obbligo di informare il Si/vera della conclusione della trattazione". Tuttavia il relativo paragrafo della comparsa di risposta - notano ancora i ricorrenti - verteva esclusivamente sull'illustrazione degli eventuali effetti sul giudizio milanese del giudizio di Pontassieve "con il solo ed unico fine di supportare la propria istanza di sospensione" ai sensi dell'articolo 295 c.p.c. (quale dimostrazione di questo asserto viene riportato integralmente il paragrafo C della comparsa di risposta);
pertanto, se la corte territoriale avesse rispettato le norme ermeneutiche relative agli atti processuali - id est le norme interpretative dei contratti, dotate di portata generale -, avrebbe dovuto, in forza dell'articolo 1363 c.c., "contestualizzare singole parole/frasi". Dunque il giudice d'appello aveva errato nel "non esaminare l'interezza dell'argomentazione e la sua finalità difensiva (ottenere la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. in attesa della sentenza toscana che
-ricorrente - •
contro
S Carlo Moise', elettivamente domiciliato in Roma Via Giambattista Vico 31 presso lo studio dell'avvocato S E che lo rappresenta e difende;
-controricorrente - nonchè
contro
Fondazione Ecclesiastica Istituto Marchesi Teresa, G e L Gi e Casa Generalizia Salesiana Denominata Direzione Generale Opere Don Bosco, elettivamente domiciliate in Roma Via App ia Nuova 37/A presso lo studio dell'avvocato C A che li rappresenta e difende con gli avvocati B G e R R, unitamente e congiuntamente tra loro;
-controricorrenti - avverso la sentenza n. 4353/2019 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 30/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/9/2022 dal Consigliere C G;
Rilevato che: 1250/2020 A G decedeva 5 giugno 1990 lasciando con testamento tutta la sua ampia eredità a Fondazione Ecclesiastica Istituto Marchesi Teresa G e L Gi;
G, A, G e Arma M G, dei quali era zio, agivano in più cause per acquisire l'eredita così perduta. Interveniva C M S, che acquistava i pretesi diritti successori di G, A e G G, e in seguito stipulava con A M G, il 4 dicembre 1992, un accordo in cui in cambio del 20% di quanto sarebbe stato recuperato egli si assumeva la gestione dei contenziosi e le relative spese. In data 8 giugno 2007 il S stipulava una transazione con la suddetta fondazione, ottenendone il 15% del valore dell'eredità - 100 milioni di euro -;
all'insaputa di ciò, Anna M G stipulava il 19 giugno 2007 una transazione con la stessa fondazione (sottoscritta anche dalla Casa Salesiana Opera Don Bosco per l'ipotesi che la fondazione venisse meno o fosse dichiarata nulla) chiudendo la sua controversia dietro il pagamento da parte della fondazione di C 2.360.000. Il S p-u-ntO) convenivkAnna M G davanti al Tribunale di Firenze, sezione distaccata di Pontassieve, chiedendo, in esecuzione dell'accordo del 4 dicembre 1992, Dv20'% di quanto da lei ricevuto dalla fondazione. La G si costituiva e veniva così ad apprendere l'esistenza della transazione stipulata tra il S e la fondazione medesima. Conseguentemente la G, con atto di citazione del 17 ottobre 2011, conveniva davanti al Tribunale di Milano il S, la fondazione e la Casa Salesiana per ottenerne il risarcimento dei danni nella misura di C 30.685.431,70, per quanto qui interessa basando la domanda risarcitoria nei confronti del S, oltre che su dolo incidente ex articolo 1443 c.c., riguardante la transazione del 19 giugno 2007, anche su inadempimento dell'accordo del 4 dicembre 1992. I convenuti resistevano e il Tribunale rigettava con sentenza del 20 giugno 2016. Presentavano allora appello gli eredi di Anna M G nelle more deceduta, cioè Beatrice, Emanuela e Stefano Cordero di Montezemolo;
resistevano il S, la fondazione e la Casa Salesiana. La Corte d'appello di Milano rigettava il gravame con sentenza del 30 ottobre 2019. I Cordero di Montezemolo hanno presentato ricorso, c:omposto di quattro motivi;
il S si è difeso con controricorso, e con un unico controricorso si sono difese pure la fondazione e la Casa Salesiana. I ricorrenti e il S hanno depositato memoria.
Considerato che:
1.1 4 primo motivo denuncia, in riferimento all'articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame su fatto discusso e decisivo: vizio nell'interpretazione della comparsa di risposta del S. In primo grado, costituendosi, il S - espongono i ricorrenti - aveva concluso la comparsa di risposta chiedendo la rimessione per competenza territoriale della causa al Tribunale di Roma, e in subordine la sospensione ex articolo 295 c.p.c. fino al passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale Firenze, sezione di Pontassieve, in merito chiedendo poi il rigetto della domanda;
solo nella prima memoria di cui all'articolo 183, sesto comma, c.p.c. aveva poi introdotto un novum, vale a dire "l'asserito l'inadempimento della G ad asseriti obblighi informativi", da cui traeva eccezione di inadempimento, aggiungendo nelle conclusioni la domanda, posta in subordine, di dichiarare l'inadempimento della G agli obblighi della scrittura privata del 4 dicembre 1992. Per la novità di argomento e di eccezione ex articolo 1460 c.c., "le parti attrici ne contestavano l'inammissibilità, sia in primo grado sia in secondo grado", per introduzione tardiva, che rappresentavano pure nel secondo motivo d'appello. Quest'ultimo, peraltro, è stato disatteso dalla corte territoriale, mediante l'esame di un passo della comparsa di risposta che ha ritenuto abbia "chiarito nella memoria ex art. 183", invocando pure giurisprudenza di questa Suprema Corte - Cass. sez. 2, ord. 28 novembre 2017 n. 28385 - in ordine alla modificabilità della domanda ex articolo 183 c.p.c. quanto a petitum e/o causa petendi purché la modifica sia connessa alla vicenda sostanziale e non costituisca lesione della difesa di controparte o comunque non prolunghi i tempi processuali. I ricorrenti osservano nella presente censura che l'eccezione di inadempimento manifesta la "volontà del convenuto di contrapporre all'attore in modo non equivoco un suo previo inadempimento", e che il giudice d'appello ha ravvisato detta eccezione nelle seguenti parole che si rinvengono a pagina 9 della comparsa di risposta: "e reciprocamente dell'eventuale inadempimento della .. G all'obbligo di informare il Si/vera della conclusione della trattazione". Tuttavia il relativo paragrafo della comparsa di risposta - notano ancora i ricorrenti - verteva esclusivamente sull'illustrazione degli eventuali effetti sul giudizio milanese del giudizio di Pontassieve "con il solo ed unico fine di supportare la propria istanza di sospensione" ai sensi dell'articolo 295 c.p.c. (quale dimostrazione di questo asserto viene riportato integralmente il paragrafo C della comparsa di risposta);
pertanto, se la corte territoriale avesse rispettato le norme ermeneutiche relative agli atti processuali - id est le norme interpretative dei contratti, dotate di portata generale -, avrebbe dovuto, in forza dell'articolo 1363 c.c., "contestualizzare singole parole/frasi". Dunque il giudice d'appello aveva errato nel "non esaminare l'interezza dell'argomentazione e la sua finalità difensiva (ottenere la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. in attesa della sentenza toscana che
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