Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 28/09/2004, n. 19373

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Massime2

In tema di sgravi contributivi, grava sull'impresa che vanti il diritto al beneficio l'onere di provare la sussistenza dei necessari requisiti.

In tema di recupero di contributi previdenziali, allorquando non sia intervenuto un provvedimento di riconoscimento del diritto agli sgravi aggiuntivo o complementare, e non sia quindi necessario eliminare un atto illegittimo per profili attinenti al merito dell'azione amministrativa, occorrendo soltanto adottare atti di verifica, di rettifica o di riconsiderazione di situazioni giuridiche preesistenti, il potere dell'Istituto previdenziale di recupero di somme indebitamente percepite dal datore di lavoro o di contributi ancora dovuti può essere esercitato con la mera richiesta di provvedimenti di ingiunzione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 28/09/2004, n. 19373
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19373
Data del deposito : 28 settembre 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S G - Presidente -
Dott. D L M - Consigliere -
Dott. B B - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. S P - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
IN LIQUIDAZIONE IN CONCORDATO PREVENTIVO, in persona del liquidatore, A A, N CO, elettivamente domiciliati in

ROMA VIA VALNERINA

40, presso lo studio dell'avvocato MATTEO DELL'OLIO, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato F A, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA DELLA FREZZA

17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati P C, ANTONIETTA CORETTI, FABIO FONZO, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 496/02 del Tribunale di CATANIA, depositata il 06/02/02 R.G.N. 2572//97;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/06/04 dal Consigliere Dott. P S;

udito l'Avvocato DELL'OLIO;

udito l'Avvocato FONZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

NAPOLETANO

Giuseppe che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con separati ricorsi - aventi analogo contenuto - depositati in cancelleria il 6 giugno 1996 la COMIL S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, proponeva opposizione tardiva avverso tre decreti ingiuntivi emessi in favore dell'I.N.P.S. il 10 marzo 1994 dal Pretore di Catania (recanti, rispettivamente, i numeri 570/94, 571/94 e 575/94), con i quali era stato ingiunto ad essa opponente il pagamento della somma complessiva di lire 53.477.788.265 relativa a sgravi contributivi indebitamente conguagliati, rimborsi già operati, sanzioni civili ed interessi, oltre alle ulteriori somme aggiuntive, interessi e spese (per periodi specificati nei singoli ricorsi per decreto ingiuntivo) deducendo: di avere appreso dell'esistenza di un istanza di fallimento proposta nei propri confronti dall'I.N.P.S. sulla base di tali titoli esecutivi di cui in realtà non aveva avuto tempestiva conoscenza per vizi delle relative notifiche;
che le somme ingiunte si riferivano al verbale di accertamento del 13.10.1992 con il quale era stata contestata l'applicazione di conguagli per sgravi contributivi indebiti per il periodo 1.1.1974/31.5.1992;
che erano state formulate rituali contestazioni avverso siffatto verbale ed era stata proposta opposizione all'ordinanza ingiunzione n. 24/93 emessa dall'I.N.P.S. sulla scorta del medesimo;
che le contestazioni mosse dagli ispettori verbalizzanti erano basate sul presupposto che essa opponente non potesse qualificarsi come ditta di nuova costituzione in quanto derivata dalla ditta individuale Rosario Parasiliti;
che detto presupposto era errato giacché, prima della costituzione della Rosario Parasiliti S.P.A. (poi divenuta CO.GE.PAR. S.p.A. e quindi COMIL S.p.A.), avvenuta in data 29.12.1973, con atto in notaio Tamburino, esisteva, sin dal 1939, la ditta individuale geom. Rosario Parasiliti, la quale, anche successivamente, aveva continuato a svolgere la propria attività con personale, strutture e patrimonio del tutto distinti dalla S.P.A.;
che tale situazione era stata esposta dall'opponente al momento della richiesta all'I.N.P.S. - con nota del 7.1.1982 - diretta alla concessione degli sgravi aggiuntivi e supplementari previsti dalla legge;
che successivamente a tale richiesta l'I.N.P.S. - anche a seguito di apposita ispezione - aveva riconosciuto il diritto ad usufruire degli sgravi in quanto azienda di nuova costituzione;
che di conseguenza essa opponente aveva legittimamente fruito degli sgravi anche perché aveva determinato un rilevante incremento occupazionale;
che, in subordine, andava esclusa - a mente dell'art. 3, comma 8, legge 8 agosto 1995 n. 335 in tema di variazione dell'inquadramento dei datori di lavoro, applicabile analogicamente al caso di specie - la facoltà dell'I.N.P.S. di procedere retroattivamente - a seguito di riesame d'ufficio - al recupero di contributi indebiti, risultando tale facoltà limitata al periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento,e ciò in quanto l'iniziale autorizzazione a fruire degli sgravi non era dipesa da inesatte dichiarazioni della società;
che, in ulteriore subordine, ricorreva nel caso di specie la prescrizione decennale e quinquennale (quest'ultima introdotta dall'art. 3 commi 9 e 10 della legge 335 del 1995) del credito azionato, posto che il primo atto interruttivo era costituito dalla notifica del verbale di accertamento del 13.10.1992;
che,comunque, ove fosse risultata dovuta la sorte capitale, non potevano reputarsi dovute anche le sanzioni civili - di cui contestava anche i criteri di calcolo - atteso che la fruizione degli sgravi era avvenuta in totale buona fede da parte della società;
che gli interessi legali potevano decorrere - secondo la regola generale della ripetizione dell'indebito nell'ipotesi di buona fede dell'accipiens - solo dalla domanda.
Chiedeva pertanto che il Pretore adito annullasse o revocasse i decreti opposti (previa sospensione dell'esecutorietà dei medesimi). Si costituiva l'I.N.P.S. (con separate memorie) contestando l'opposizione ed eccependone rimproponibilità, chiedendone, nel merito, l'integrale rigetto. Deduceva, in particolare, l'Istituto che i decreti ingiuntivi in oggetto avevano ormai acquisito autorità di cosa giudicata in quanto non tempestivamente opposti seppur validamente notificati, con le modalità di cui all'art. 140 c.p.c., presso la residenza del legale rappresentante della società opponente (indicato nei singoli ricorsi), essendo risultata impossibile la notifica presso la sede della società;
che l'esistenza dei decreti ingiuntivi in questione era ben nota all'opponente, quale, riscontrando una specifica diffida dell'I.N.P.S. ricevuta in data 29.12.1995, aveva precisato di non avere mai ricevuto siffatti decreti;
che il decreto ingiuntivo recante il n. 570/94 (a differenza di quelli recanti i nn. 571/94 e 575/94) non traeva origine dal verbale ispettivo del 13.10.1992 ne' aveva attinenza con le sanzioni irrogate con l'ordinanza-ingiunzione n. 24/93, bensì era relativo al verbale di accertamento ispettivo del 5.10.1992/ con cui era stata contestata alla CO.GE.PAR. S.P.A. un maggior conguaglio di sgravi per oneri sociali per il periodo 1.1.1979/30.4.1991 e che aveva dato origine all'ordinanza-ingiunzione n. 23/93, anch'essa oggetto di opposizione;
che il decreto ingiuntivo recante il n. 575/94 traeva origine (analogamente a quello n. 571/94) dal verbale ispettivo del 13.10.1992 ma era relativo ad una diversa posizione contributiva, in relazione alla quale era stata emessa l'ordinanza-ingiunzione n. 25/93, non opposta dalla società;
che comunque, nel merito, tutte le opposizioni risultavano infondate in quanto dagli accertamenti ispettivi era emerso che ne' la CO.GE.PAR. S.P.A. (nata dalla trasformazione della ditta individuale Parasiliti Giovanni) ne' la Rosario Parasiliti S.P.A. (nata dalla trasformazione della ditta individuale Rosario Parasiliti), poi divenute COMIL S.P.A., rivestivano il carattere di aziende di nuova costituzione aventi, in quanto tali, diritto a fruire di sgravi;
che, in particolare, la CO.GE.PAR. S.P.A. aveva espressamente comunicato l'intervenuta trasformazione della ditta individuale in società per azioni e che la stessa, solo in data 29.12.1983, aveva avanzato istanza per essere qualificata come azienda di nuova costituzione, esponendo dati del tutto difformi da quelli reali in ordine alla composizione del capitale sociale;
che l'I.N.P.S., fuorviato da tali indicazioni, aveva riconosciuto il diritto agli sgravi aggiuntivo e supplementare effettuando anche il rimborso a tale titolo di ingenti somme;
che dal riesame degli atti effettuato in sede di accertamenti ispettivi era emerso che CO.GE.PAR. S.P.A. aveva mantenuto un'assoluta continuità con la ditta individuale Parasiliti Giovanni;

che del pari la Rosario Parasiliti S.P.A. (nata dalla trasformazione della ditta individuale Rosario Parasiliti) solo in data 7.1.1982 aveva avanzato domanda per il riconoscimento del diritto a fruire degli sgravi, in quanto azienda di nuova costituzione, sostenendo - infondatamente - che la ditta individuale aveva proseguito la propria attività, mentre dagli accertamenti ispettivi era emerso che tale società aveva mantenuto un'assoluta continuità con la ditta individuale, pur utilizzando una posizione contributiva di pertinenza di quest'ultima;
che legittimamente l'Istituto aveva proceduto, in via di autotutela, al recupero delle differenze contributive anche in considerazione dell'assenza di buona fede da parte della società opponente;
che non poteva trovare applicazione nella specie la disposizione di cui all'art. 3, comma 8 legge 8 agosto 1995 n. 335, non vertendosi in tema di variazione di inquadramento e trattandosi di norma non estensibile analogicamente ad ipotesi diverse;
che risultava infondata l'eccezione di prescrizione, posto che non poteva trovare applicazione il termine quinquennale in quanto la stessa norma che lo introduceva - art. 3 commi 9 e 10 della legge 335 del 1985-escludeva i casi in cui -come nella specie - fossero intervenuti
atti interruttivi della prescrizione ovvero fossero state intraprese procedure di recupero;
che risultavano altresì dovute le sanzioni civili in quanto costituenti una conseguenza automatica dell'omissione contributiva e svincolate da qualsiasi connessione con l'eventuale assenza di colpa dell'obbligato;
che gli interessi legali andavano riconosciuti dalla data del pagamento in quanto avvenuto a seguito dell'esposizione di dati non corrispondenti al vero. Successivamente, con separati ricorsi - depositati il 27 dicembre 1995 ed il 12 gennaio 1996 - la COMIL S.p.A. e N C, in proprio, proponevano opposizione alle ordinanze-ingiunzioni numero 23 e 24 del 1993 emesse dal dirigente della sede I.N.P.S. di Catania per gli importi -rispettivamente - di lire 2.270.000 e di lire 1.470.000 quali sanzioni amministrative relative all'omesso versamento dei contributi previdenziali.
Con tali opposizioni gli opponenti contestavano le conclusioni raggiunte dagli ispettori dell'I.N.P.S. con i verbali di accertamento del 5 e del 13 ottobre 1992, formulando le medesime doglianze ed eccezioni già poste a base dei ricorsi in opposizione ai decreti ingiuntivi di cui sopra e chiedendo le revoca o l'annullamento delle ordinanze ingiunzioni opposte.
Instauratosi il contraddittorio, l'I.N.P.S. chiedeva l'integrale rigetto di entrambe le opposizioni proponendo le medesime difese sopra riassunte. Con ordinanza resa in data 6 luglio 1996 veniva sospesa la provvisoria esecutorietà dei decreti opposti. Indi, acquisita la documentazione prodotta dalle parti e disposta la riunione dei procedimenti connessi (di opposizione ai decreti ingiuntivi e alle ordinanze-ingiunzioni), in assenza di attività istruttoria, con sentenza del 7 marzo 1997 il Pretore del lavoro di Catania dichiarava inammissibili le opposizioni proposte da N C in proprio avverso le ordinanze ingiunzioni n. 23/93 e 24/93;

rigettava le opposizioni proposte dalla COMIL S.P.A. avverso le medesime ordinanze ingiunzioni, nonché quelle proposte avverso i decreti ingiuntivi emessi in favore dell'INPS il 10.3.1994 recanti i numeri 570/94, 571/94 e 575/94, dichiarandoli esecutivi e compensando le spese di giudizio.
Avverso la predetta pronuncia proponevano appello la COMIL S.P.A. e il Napoli, chiedendo, in riforma dell'impugnata sentenza, l'accoglimento integrale delle proposte opposizioni, con la conseguente revoca dei decreti ingiuntivi e l'annullamento delle ordinanze impugnate.
L'INPS ribadiva l'infondatezza del proposto gravame, chiedendone il rigetto. Con sentenza del 22 gennaio-6 febbraio 2002, l'adito Tribunale di Catania, rigettava l'appello. Osservava che la COMIL - così come ritenuto dal Pretore - non era società di nuova costituzione, ne' vi era stato, comunque, un incremento occupazionale, giustificativo dell'avvenuto conguaglio, mancando, in ogni caso, la prova di detto incremento, il cui onere incombeva sulla società. Aggiungeva che non sussisteva, ai fini della esclusione delle somme aggiuntive, buona fede nell'operato conguaglio, e che, comunque, le somme aggiuntive erano conseguenza automatica dell'inadempimento. Soggiungeva che ben poteva l'INPS agire con effetto retroattivo per il recupero dei contributi, in assenza di provvedimenti di riconoscimento del diritto agli sgravi e quindi di un correlato atto di revoca. Chiariva che l'eccezione di prescrizione era infondata, trattandosi di termine decennale e che correttamente il Pretore aveva ritenuto inammissibili le opposizioni di Cosimo Napoli alle ordinanze ingiunzioni, perché proposte tardivamente, così come tardive erano le giustificazioni addotte solo nel giudizio d'appello.
Per la cassazione di tale decisione ricorrono la COMIL S.P.A. e N C con cinque motivi. Resiste l'INPS con controricorso. La COMIL ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità del controricorso, dedotta dalla parte ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., per essere lo stesso privo di esposizione sommaria dei
fatti di causa, in violazione di quanto disposto nell'art. 370 c.p.c. Invero - come puntualizzato da questa Corte - nel giudizio per Cassazione, sono necessari per l'ammissibilità del controricorso gli elementi indispensabili per la sua identificazione (l'indirizzo alla Corte, l'indicazione delle parti e della sentenza impugnata) e per la validità della costituzione nel processo (la sottoscrizione di un avvocato iscritto all'albo munito di procura e l'indicazione della procura), mentre sono rimessi alla prudente valutazione della parte l'esposizione, più o meno analitica, dei fatti della causa e delle ragioni dedotte per contrastare i motivi addotti. Ne consegue che il precetto del secondo comma dell'art. 370 cod. proc. civ. (per il quale "al controricorso si applicano le norme degli artt. 365 e 366, in quanto è possibile") è sostanzialmente rispettato anche quando il controricorso non contenga l'autonoma "esposizione sommaria dei fatti della causa" (art. 366, n. 3, cod. proc. civ,), ma faccia semplicemente riferimento -come avvenuto nella specie- ai fatti esposti nella sentenza impugnata, ovvero alla narrazione di essi contenuta nel ricorso, anche se il richiamo sia soltanto implicito (Cass. S.U. 4 febbraio 1997 n. 1049). Tanto chiarito e, passando all'esame del primo motivo di ricorso, va subito osservato che lo stesso non può trovare accoglimento. Con detto motivo, infatti, i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 18, 4^ co. D.L. 30.8.68, n. 918, conv. in L. 25.10.1968, n. 1089;
1, 1^ co., D.L. 5.7.1971, n. 429, conv. in L. 4.8.1971, n. 589;
2112, 2247 ss., 2342 ss. c.c., 196 c.p.c.;

nonché omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su punti decisivi (art. 360, n. 3, 4, 5, c.p.c.), evidenziano, innanzitutto, il poco significativo richiamo, nella impugnata decisione, ad una massima di questa Corte, destinato a fare intendere "a mala pena" i termini della controversia, riguardante la spettanza, ai sensi delle disposizioni riportate in rubrica: dello sgravio contributivo "aggiuntivo", o "ulteriore", concesso "nella misura del 10% delle retribuzioni" corrisposto "al solo personale assunto posteriormente alla data del 30.9.1968 e risultante superiore al numero complessivo dei lavoratori occupati dall'azienda nei tenitori del Mezzogiorno alla data medesima" (art. 18, 4^ co., D.L. 918/1968, conv. in L. 1089);
dello sgravio "supplementare", cioè dell'elevazione al 20%, "per il personale assunto dal 10.1.1971", "d-nnando", "in ordine di assunzione", "un numero pari a quello dei licenziati dopo la stessa data" (D.L. 429/1971, conv. in L. 589/1971). Sottolineano, ancora, i ricorrenti che, per entrambi gli sgravi, secondo tale massima (e altre) "occorre avere riguardo al concetto di azienda in senso oggettivo", "senza tener conto di tutte le eventuali variazioni intervenute nella titolarità dell'impresa, come accade nelle ipotesi di trasferimento, trasformazione o fusione di aziende", "nelle quali si verifichi il mero passaggio di personale alla nuova impresa senza che il numero complessivo dei lavoratori occupati risulti aumentato" (Sez. lav., 6-8-1996, n. 7183), mentre anche in presenza di una "variazione intervenuta nelle componenti oggetti ve dell'azienda" occorre una "indagine approfondita riguardo alla struttura aziendale, nelle sue componenti salienti", per "trame una valutazione complessiva, affermativa o negativa della novità rispetto all'azienda preesistente" (Sez. lav., 10-7-1996, n. 6285). Sennonché - e di ciò si dolgono i ricorrenti -, nella sentenza mancherebbero indicazioni, anche con riferimento all'impresa "oggettiva", sul "saldo occupazionale", in essa, rispetto alla data stabilita per lo sgravio "ulteriore", come sulla sua evoluzione dopo quella rilevante per il "supplementare". La censura non è condivisibile.
Invero, il Tribunale, accertata, con congrua e corretta motivazione, la natura derivata della società e, quindi, definito il relativo ambito di indagine, ha escluso l'incremento occupazionale di cui trattasi anche, e soprattutto, sul rilievo del mancato assolvimento, da parte dei ricorrenti, del relativo onere probatorio. In tal modo, si è adeguato al consolidato orientamento di questa Corte, alla cui stregua, la prova dei requisiti della sussistenza del diritto a fruire di benefici contributivi è a carico di chi vanta il diritto (per tutte, Cass. 4 marzo 1997 n. 1879). In definitiva, secondo l'incensurabile accertamento giudiziale, incremento occupazionale non c'è stato, o comunque non è stato provato dall'azienda.
Con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1147, 2033 c.c.;
4 e 6 D.L. 30-12-1987, n. 536, conv. in L. 29-02-1988 n. 48;
3 L. 24-11-1981, n. 689, deducono
che - contrariamente a quanto statuito dal Giudice d'appello - la Società non doveva essere condannata al pagamento delle somme aggiuntive, perché in "buona fede".
Anche tale motivo di doglianza risulta infondato, avendo il Tribunale correttamente giudicato sul punto, sulla base di un duplice ordine di considerazioni.
Per un verso, ha, infatti, tenuto a precisare, con coerente ed esaustiva motivazione, che, nel caso di specie, era emerso in modo chiaro ed inequivocabile che solo il comportamento della società - la quale aveva dichiarato all'Ente la natura di "azienda nuova" - era all'origine della distorta applicazione degli sgravi. Per altro verso, ha richiamato ed applicato i principi affermati al riguardo da questa Corte, la quale ha più volte avuto modo di precisare che, in tema di contributi previdenziali, l'obbligo relativo alle somme aggiuntive che il datore di lavoro è tenuto a versare in caso di omesso o tardivo pagamento dei contributi suddetti (c.d. sanzioni civili) costituisce una conseguenza automatica dell'inadempimento o del ritardo, in funzione di rafforzamento dell'obbligazione contributiva, legalmente predeterminata con presunzione iuris et de iure, del danno cagionato all'ente previdenziale;
pertanto, non è consentita alcuna indagine sull'elemento soggettivo del debitore della contribuzione al fine dell'esclusione o della riduzione dell'obbligo suddetto (Cass. 24-06- 2000, n. 8644). Parimenti infondato appare il terzo motivo, con il quale, denunciandosi violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 c.c.;
3, 8 e 20 comma, L. 8 agosto 1995 n. 335;
nonché omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione, si deduce l'erroneo riconoscimento all'INPS del potere di agire retroattivamente nel recupero contributivo in oggetto, alla luce, soprattutto, del contenuto dell'art. 3, comma 20, L. 335/95, in forza del quale, per la parte che qui rileva, "gli adempimenti amministrativi e contributivi relativi a periodi di paga anteriore alla data dell'accertamento ispettivo non possono essere oggetto di contestazioni in successive verifiche ispettive, salvo quelle derivanti da comportamenti omissivi o irregolari del datore o conseguenti a denunce del lavoratore". Al riguardo è sufficiente osservare che il Tribunale, del tutto correttamente, ha rilevato che, in assenza di provvedimenti di riconoscimento del diritto agli sgravi aggiuntivo e supplementare, non ricorreva, nella specie, un'ipotesi di autoannullamento di precedenti atti di tal fatta, ma solo un'azione volta al recupero di somme indebitamente percepite dalla società e dei contributi ancora dovuti.
Ha rimarcato, altrettanto correttamente, che la tesi della necessità di un apposito atto di revoca, motivato e limitato negli effetti temporali, si fondava proprio sulla errata individuazione dello strumento giuridico cui l'Istituto previdenziale aveva fatto ricorso. Ha chiarito, sul punto, che, laddove non si verta in tema di eliminazione di atto illegittimo in ordine ai profili attinenti al merito dell'azione amministrativa, ma dell'adozione di atti di verifica, di rettifica e di riconsiderazione di situazioni giuridiche preesistenti, come nella specie, connaturata al potere di amministrazione attiva di rivedere una posizione contributiva contro legem, non occorreva l'esercizio di un formale potere di revoca, potendo il potere dell'Istituto estrinsecarsi anche nella mera richiesta di provvedimenti di ingiunzione. Ha, infine, tenuto a precisare che il riconoscimento dell'effetto retroattivo del potere di autotutela dell'INPS non confliggeva, nella specie - così come prospettato dalla COMIL S.P.A. -, con la previsione di cui all'art. 3 comma 8 della l. n. 335/95, in quanto norma relativa ai provvedimenti
di variazione d'inquadramento, e dunque a fattispecie diversa, non applicabile in via analogica al caso in esame;
ed, inoltre, che - come già rilevato dal Giudice di prime cure - la disposizione richiamata escludeva espressamente i casi in cui gli inquadramenti iniziali fossero stati determinati da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro;
di talché risultava, per quanto premesso, comunque inconferente il richiamo al predetto disposto.
Trattasi di valutazioni ed affermazioni conformi a diritto e, per ciò, non meritevoli di censura.
Ancora infondato si appalesa il quarto motivo di censura, con cui i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1219. 1934 s.s., 2943 c.c.;
3, 9^ e 10^ comma, 1: 8 agosto 1995 n. 335, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), invocano la prescrizione quinquennale dei contributi, pur in presenza di atti interruttivi anteriori alla entrata in vigore della legge 335/95. In proposito, giova richiamare il costante orientamento di questa Corte, per il quale, in tema di prescrizione del diritto ai contributi di previdenza di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, l'art. 3, comma decimo, della legge n. 335 del 1995 va interpretato nel senso che il richiamo in esso contenuto ai termini di prescrizione di cui al comma nono del medesimo articolo deve intendersi riferito al termine decennale previgente e non al termine ridotto quinquennale decorrente dal primo gennaio 1996 - stante l'evidente intento del legislatore di favorire l'istituto di assicurazione sociale nel caso in cui lo stesso abbia posto in essere atti interrottivi o iniziato procedure nei confronti dei soggetti debitori (ex plurimis, Cass. 5 marzo 2001 n. 3213): atti interruttivi o procedure, la cui esistenza, del resto, non viene, nella specie, negata dai ricorrenti. Con il quinto motivo, infine, i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 437 c.p.c.;

18 ss, 22, L. 24 novembre 1981 n. 689, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), si dolgono -con riferimento alla posizione di N C ed al profilo di impugnazione relativo al capo di sentenza dichiarativa della inammissibilità, per tardività, delle opposizioni proposte dal predetto avverso le ordinanze n. 23/93 e 24/93 - che il Giudice a quo abbia ritenuto che la dedotta mancata notifica delle ordinanze non fosse stata mai eccepita nel precedente grado di giudizio. Anche tale censura non può trovare accoglimento, non indicando, i ricorrenti, in quale atto sia stata dedotta la mancata notifica delle ordinanze al fine di escludere la ritenuta relativa novità della questione. Invero - come ripetutamente affermato da questa Corte -, qualora il ricorrente in sede di legittimità' si dolga della mancata trattazione nella sentenza di appello di una eccezione in senso sostanziale, ha l'onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 20 agosto 2003 n. 12255). Il ricorso va, pertanto, rigettato con condanna della società ricorrente al pagamento, in favore dell'INPS, delle spese di questo giudizio, nella misura indicata in dispositivo.
Ricorrono giusti motivi per compensare le spese tra N C e l'Istituto resistente.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi