Cass. pen., sez. III, sentenza 13/12/2022, n. 47039
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da A A, nata a Fiesole il 26-08-1981, avverso la sentenza del 03-07-2020 della Corte di appello di Firenze;visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;uCita la relazione svolta dal consigliere F Z;ucito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. P M, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. ucito l'avvocato G S, difensore di fiducia della ricorrente, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 26 novembre 2014, la Corte di appello di Firenze confermava la decisione del 17 giugno 2011, con la quale il Tribunale di Firenze, per quanto in questa sede rileva, aveva condannato A A alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi 6 di reclusione e 200 euro di multa, in quanto ritenuta colpevole del reato di cui agli art. 56-624-625 n. 4 cod. pen.;tale reato era stato a lei contestato per aver compiuto, insieme ad A S, atti idonei diretti in modo non equivoco a impossessarsi di vari generi alimentari dal supermercato "Coop", per un importo pari a 347,48 euro, realizzando il fatto con destrezza, ovvero mediante l'utilizzo dello strumento del cd. "salva tempo" (battendo cioè il prezzo di merce per 50 euro, occultando i restanti prodotti), non riuscendo tuttavia nell'intento in quanto la sua condotta veniva notata dal personale antitaccheggio;in Firenze il 16 ottobre 2010. Con sentenza del 17 gennaio 2018, la Quarta Sezione della Corte di Cassazione annullava la sentenza della Corte territoriale, limitatamente alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 625 n. 4 cod. pen., rinviando alla Corte territoriale al fine di verificare l'eventuale sussistenza dell'ulteriore aggravante di cui all'art. 625 n. 2, seconda parte, cod. pen. In sede di rinvio, con sentenza del 3 luglio 2020, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, esclusa l'aggravante di cui all'art. 625 n. 2 cod. pen., riduceva la pena a carico dell'imputata nella misura di mesi 2 di reclusione ed euro 100 di multa, confermando nel resto. 2. Avverso la seconda sentenza della Corte di appello toscana, la A, tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando tre motivi. Con il primo, la difesa deduce la violazione dell'art. 152 comma 2 cod. pen., osservando che la querela sporta nell'ottobre 2020 doveva ritenersi rimessa, in quanto la stessa non è stata accompagnata dalla minima vitalità processuale o extraprocessuale idonea a confermare la volontà punitiva iniziale del querelante;si precisa al riguardo che la difesa ha depositato due missive alla persona offesa, la prima del 28 maggio 2020 ricevuta dalla Coop. di Firenze dove è stato perpetrato il furto, in cui si chiedeva la disponibilità a rimettere la querela, manifestando l'intenzione di offrire il risarcimento del danno;e la seconda, del 18 giugno 2020, contenente l'offerta reale di mille euro a titolo di risarcimento danni. Entrambe le richieste non generavano alcuna reazione da parte della persona offesa, rimasta silente, atteggiamento questo rivelatore della volontà di rimettere la querela, stante il lungo arco temporale del giudizio. Con il secondo motivo, la ricorrente si duole del mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, rilevando che la Corte di appello ha omesso di considerare che la perdita di 300 euro per una società che fattura quasi 5 m:liardi di euro all'anno non può certo costituire un danno significativo, tanto più in ragione del fatto che i beni vennero immediatamente recuperati e non uscirono mai dal patrimonio della Coop, procedendosi infatti per furto tentato. Con il terzo motivo, è stata eccepita la violazione dell'art. 162 ter cod. pen., avendo la Corte territoriale errato nel ritenere che l'offerta reale, per essere ritenuta valida, doveva essere trasmessa alla sede legale della Coop. e non all'Unità legale dove è avvenuto il fatto e dove lavorava il direttore che ha sporto la querela, non essendosi considerato che deve essere ritenuto domicilio valido ogni luogo in cui la Coop lavora, e quindi ciascuna dislocazione aziendale, compresa quella in cui vi è prova della ricezione dell'offerta risarcitoria. Del resto, aggiunge la difesa, la fattispecie di cui all'art. 162 ter cod. pen. non stabilisce che l'offerta reale, per essere valida, deve rispettare tassativamente le forme degli art. 1208 ss. cod. civ., ma si limita a richiamare l'ipotesi normativa senza specificare eventuali sanzioni di carattere processuale per il richiedente che non osservi rigidamente il precetto di cui al richiamato art. 1208 cod. civ.
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