Cass. civ., sez. V trib., sentenza 09/05/2023, n. 12422

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 09/05/2023, n. 12422
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12422
Data del deposito : 9 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso N. 12797/2017R.G. proposto da: AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI,in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata -ricorrente -

contro

ENIPOWER s.p.a. , in persona del procuratore F E , elettivamente domiciliata in Roma, Via Antonio Allegri da Correggio n. 13 , presso lo studio dell’avv. L R L, che la rappresenta e difende come da procura speciale alle liti conferita per atto pubblico in notar P M in data 23.9.2021

- controricorrente -

N. 12797/17R.G. avverso la sentenza n. 2 255 / 201 6 del la COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 15.4.2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza“cameralizzata” del 25.10.2022dal Consigliere r el atore dr. S alvatore S a ;
lette le conclusioni scritte rassegnate dal Sostituto Procuratore Generale d r . M V, che ha chiesto l’accoglimento del secondo motivodi ricorso.

FATTI DI CAUSA

Con atto di contestazione del 26.6.2004, l’Ufficio Tecnico di Finanza di Como irrogò ad Enipower Trading s.p.a. (ora Enipower s.p.a., che l’ha incorporata) la sanzione amministrativa di € 2.069.933,22, ai sensi dell’art. 59, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504/1995 (di seguito, TUA), per aver la società esercitato, dal 15.1.2003 al 12.9.2003, l’attività di “grossista”di energia elettrica, senza aver ottenuto la licenza di esercizioex art. 53 TUA, così omettendo di versare le accise dovute per i primo otto mesi del 2003;
la posizione venne regolarizzata solo a seguito della notifica dell’avviso di pagamento in data 19.9.2003. La società contribuente impugnò l’atto di contestazione con ricorso dinanzi alla C.T.P. di Como, che con sentenza n. 1/06 lo accolse parzialmente, derubricando la sanzione comminata e ritenendo applicabile quella, più mite, prevista dall’art. 13 del d.lgs. n. 471/1997. Avverso detta sentenza, propose appello l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, cui resistette la società;
la C.T.R. della Lombardia, con sentenza n. 87/27/08, rigettò il gravamedoganale. La decisione venne però cassata da questa Corte con sentenza n. 3098/2014, che accolse il primo, secondo, terzo e quinto motivo di ricorso dell’Agenzia, riscontrando il denunciato vizio di inesistenza della motivazione (sotto le diverse angolazioni prospettate) N. 12797/17R.G. el’omessa pronuncia sui motivi di gravame dell’Agenzia stessa ;
la Corte accolse anche il quartomotivo, con cui si era denunciata la violazione dell’art. 59, comma 1, lett. a), del TUA e dell’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 472/1997, testualmente affermando che “risulta senz’altro applicabile nella fattispecie il D.lgs. n. 472 del 1997 (rectius, il d.lgs. n. 504 del 1995, n.d.e.), art. 59, comma 1, in quanto il giudice di merito, dopo aver accertato la sussistenza della fattispecie sanzionata consistente nell'attività di produzione elettrica senza licenza di esercizio nonché l'omesso versamento delle rate di acconto per i primi mesi dell'anno 2003, non poteva escludere l'applicabilità della sanzione di cui all'art. 59, comma 1, lett. a) Testo Unico Accise, in considerazione della coscienza e volontarietà dell'atto vietato e della sussistenza quantomeno dell'elemento della colpa a carico della società”. Al contempo, venne rigettato il ricorso incidentale della società , inerente ad un preteso giudicato interno –ritenuto dalla Corte non configurabile -sulla questione dell’applicabilità dell’art. 13 del d.lgs. n. 471/1997. Riassunta la causa in sede di rinvio, la C.T.R. della Lombardia, con sentenza n. 2255/2016 del 15.4.2016, rigettò nuovamente l’appello doganale, confermando la prima decisione. In particolare, il giudice del rinvio evidenziò che il carattere vincolante della sentenza di legittimità –avendo essa cassato la prima decisione d’appello per i concorrenti motivi di cui ai nn. 3 e 5 dell’art. 360, comma 1, c.p.c. –doveva intendersi limitato all’enunciazione della corretta interpretazione della norma di legge riguardo all’elemento soggettivo , non estende ndosi alla sussunzione nella norma stessa della fattispecie concreta, giacché tale fase del procedimento logico era da ritenersi ricompresa nell’ambito del libero riesame demandato allo stesso giudice del rinvio. Pertanto, sebbene nella specie N. 12797/17R.G. sussistesse il vincolo del principio di diritto enunciato riguardo all’elemento soggettivo occorrente ai fini dell’applicabilità della sanzione ex art. 59, comma 1, TUA, non altrettanto poteva dirsi su tutte le altre questioni di fatto e di diritto a suo tempo sollevate dall’Ufficio appellante. La C.T.R. del rinvio ha dunque proseguito evidenziando che l’equiparazione tra produttore e grossista di energia elettrica –posta a base della contestazione dell’Agenzia – era però venuta meno per effetto del d.lgs. n. 26/2007,che aveva novellato l’art. 59 cit., continuando a sanzionare la sola attivazione di officina a scopo di produzione di energia elettrica senza possesso di licenza e sopprimendo la precedente analoga previsione relativa al mero rivenditore di energia. Ne è conseguita, secondo la C.T.R., l’applicabilità del principio del favor rei ex art. 3 d.lgs. n. 472/1997, e quindi il ricorso all’art. 13 d.lgs. n. 471/1997, stante il suo carattere residuale, riguardo ai ritardati versamenti, dovendo comunque escludersila buona fede di Enipower, che pure l’aveva invocata, chiedendo l’ annullamento in toto della sanzione. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ricorre ora per cassazione, affidandosi a due motivi, cui resiste Enipower s.p.a. con controricorso;
la società ha anche depositato memoria. Il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del secondo motivo di ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 –Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.384 e 324 c.p.c. e 2909 c.c., nonché dell’art. 3 d.lgs. n. 472/1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Sostiene la ricorrente che la C.T.R. abbia frainteso il principio di diritto enunciato da Cass. n. 3098/2014, giacché esso era N. 12797/17R.G. sì specificamente riferito all’elemento soggettivo – ritenendo si sufficiente la coscienza e volontà della condotta sanzionata, senza necessità di accertare il dolo specifico – ma sul presuppo sto dalle già riscontrata sussistenza degli elementi oggettivi della fattispecie sanzionata, che il giudice del rinvio avrebbe soltanto dovuto indagare in concreto e con motivazione adeguata. Aggiunge poi la ricorrente che la questione dello ius superveniens era stata dedotta dalla società solo con la memoria depositata nel giudizio di rinvio, benché inerente ad una novella del 2007, ossia addirittura antecedente alla stessa decisione d’appello, non solo a quella di legittimità. Pertanto, la decisione impug nata si pone anche in violazione del giudicato interno, formatosi non solo quanto all’elemento psicologico, ma anche agli elementi oggettivi della fattispecie. 1.2 –Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3 d.lgs. n. 472/1997 e degli artt. 53 e 59 d.lgs. n. 504/1995 (nel testo vigente all’epoca della violazioneed anche in quella riformulata a seguito del d.lgs. n. 26/2007), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la C.T.R.

ritenuto che

la novella del 2007 avesse abrogato la fattispecie punitivariguardo al rivenditore di energia elettrica, per concentrare la reazione sanzionatoria nei confronti del solo produttore. Osserva infatti la ricorrente che – ferma la pacificità del ruolo di grossista ascrivibile alla società –la novella apportata dal d.lgs. n. 26/2007 nulla ha modificato circa le condizioni di punibilità dello stesso acquirente-rivenditore di energia elettrica, giacché l’art. 59 del TUA, anche nel testo riformulato, pur sempre rinvia ai soggetti obbligati di cui all’art. 53dello stesso TUA, quali destinatari della sanzione: soggetti, quelli tenuti a richiedere e ottenere la licenza di esercizio, tra i quali continua ad essere considerato anche N. 12797/17R.G. il grossista di energia. Del resto, conclude la ricorrente, qualora l’attività di grossista, all’attualità, venisse considerata solo soggetta ad autorizzazione a seguito di denuncia di attività e non anche a licenza di esercizio, non per questo verrebbe meno l’illecito contestato;
infatti,l’art. 59, comma 1, lett. d) , del TUA -con riguardo agli stessi soggetti di cui all’art. 53 (e quindi, anche del grossista) -prevede la medesima sanzione per coloro che “ non presentano o presentano incomplete o infedeli denunce di cui all’articolo 53, comma 4”;
in ogni caso, resterebbe ferma la norma di chiusura dettata dal comma 3 della stessa disposizione, che assoggetta alla stessa sanzione “ chi sottrae, o tenta di sottrarre, in qualsiasi modo, l’energia elettrica al regolare accertamento dell’imposta”. 2.1 – Preliminarmente, va rilevato che la nota di deposito della società, con costituzione di nuovo procuratore, deve ritenersi regolare, giacché la procura è stata rilasciata dalla società stessa con atto pubblico e, dunque, in conformità a quanto previsto dall’art. 83 c.p.c., anche nel testo applicabile ratione temporis (il presente giudizio è iniziato in epoca antecedente al 4.7.2009). Da ciò discende che la memoria ex art. 378 c.p.c., sottoscritta dal nuovo procuratore della controricorrente, deve ritenersi senz’altro ammissibile. 2.2 –Sempre in via preliminare, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del primo motivo, sollevata dalla controricorrente. Il mezzo, infatti, non si risolve affatto nella richiesta di riesame delle risultanze processuali, ma mira a censurare l’operato della C.T.R. riguardo ai vincoli derivanti dalla precedente pronuncia di cassazione – incontestati e, anzi, pacifici essendo gli elementi fattuali -, che si assumono violati;
esso è quindi pienamente ammissibile. N. 12797/17R.G. 3.1 –Ciò posto, i due motivi di ricorso possono trattarsi congiuntamente, perché connessi;
essi sono nel complesso fondati, nei termini di cui appresso. Accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Dogane avverso la prima sentenza d’appello, la già citata Cass. n. 3098/2014, a fronte di motivazioneadottata per relationem a quella di primo grado, evidentemente errata, non soltanto ha ritenuto sussistenti i denunciati vizi motivazionalie di nullità processuale , ma – con specifico riferimento al quarto motivo del ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. e anch’esso accolto- ha vincola to il giudice del rinvio in relazione all’inequivoca necessità di applicare l’art. 59, comma 1, lett. a), del TUA, soluzione messa invece in dubbio dalla decisione della C.T.P., cui il giudice d’appello s’era comunque riferito. Orbene, la C.T.R. del rinvio – per quanto abbia complicato lo scrutinio delle questioni demandatele, soffermandosi oltremodo sulla ricostruzione dei suoi poteri - non ha in definitiva violato l’art. 384 c.p.c., perché (nonostante la ridondante premessa) ha mantenuto ferma la sussumibilità della fattispecie (ossia, svolgimento di attività di grossista di energia elettrica senza licenza d’esercizio) nell’ambito dell’art. 59, comma 1, lett. a), del TUA, come appunto stabilito da Cass. n. 3098/2014;
senonché, onde ribadire la finale soluzione circa l’applicabilità della sanzione più mite ai sensi dell’art. 13 d.lgs. n. 471/1997 (soluzione adottata dalla C.T.P., per difettare il dolo specifico di Enipower), ha ritenuto di poter rilevare l’ius superveniens del d.lgs. n. 26/2007, che a suo avviso avrebbe abrogato la fattispecie incriminatrice concernente il grossista, per riservare il trattamento sanzionatorio in parola al solo produttore abusivo. Da qui, dunque, la ritenuta necessità di applicare il principio del favor rei, ex art. N. 12797/17R.G. 3, comma 3, d.lgs. n. 472/1997, con conseguente ricorso alla lex mitior di cui all’art. 13 d.lgs. n. 471/1997, stante appunto il suo carattere residualee la sua “riemersione”, per effetto della disposta (rectius, supposta) abolitio criminis. Così stando le cose ed almeno in linea astratta, non può pertanto configurarsi neppurela denunciata violazione del giudicato interno, perché appunto la C . T . R . ha mostratodi voler rispettare la statuizione di questa Corte di legittimità circa l’applicabilità – nel caso concreto - dell’art. 59 , comma 1, lett. a), del TUA, superandola però al lume del presunto fatto normativo sopravvenuto, ossia del ritenuto ius superveniens. 3.2.1– Senonché, l’intervento normativo individuato a tal fine dal giudice del rinvio, ossia la novella del TUA apportata dal d.lgs. n. 26/2007 – a parte ogni considerazione sul fatto che le nuove disposizioni entr arono in vigore in pendenza del primo giudizio d’appello, e quindi prima dell’adozione della stessa sentenza, poi cassata da questa Corte – non può affatto qualificarsi come ius superveniens, nel senso voluto dalla stessa C.T.R., perché detto intervento non ha per nulla disposto l’abrogazione della norma sanzionatoria a carico del grossistaabusivo, avendo solo operato una sistematizzazione delle disposizioni punitive, resa necessaria a seguito del riordino della materia della tassazione sull’energia disposta dal d.lgs. n. 26/2007, in attuazione della Direttiva n. 2003/96/CE. 3.2.2– Infatti, premesso che, a fini sanzionatori, il previgente art. 59, comma 1, lett. a), TUA, equiparava espressamente la posizione del produttore privo della licenza di esercizio a quella dell’acquirente-rivenditore che ne fosse anch’esso privo, ritiene la Corte che la modifica della prima parte dello stesso comma 1 N. 12797/17R.G. disposta dal d.lgs. n. 26/2007 (laddove s’è eliminata detta equiparazione) non abbia per ciò solo reso non punibile,ai sensi dello stesso art. 59, la condotta imputabile al grossista abusivo, come erroneamente ritenuto dalla C.T.R.: il nuovo art. 53, comma 5, TUA(anch’esso modificato), prevede infatti che (tra gli altri) ai “soggetti che procedono alla fatturazione dell'energia elettrica ai consumatori finali”, ossia ai venditori - tenuti a denunciare preventivamente l’attività (come da comma 4), e a versare una cauzione calcolata sui dati contenuti nella denuncia – l’Ufficio rilascia una autorizzazione;
mentre il successivo comma 7, come novellato, stabilisce che “ai soggetti di cui ai commi 1 e 2 che esercitano officine di energia elettrica è rilasciata, dal competente ufficiodell'Agenzia delle dogane successivamente alla verifica degli impianti, una licenza di esercizio, in luogo dell'autorizzazione di cui al comma 5”. 3.2.3– Pertanto, l’attività di rivendita di energia a consumatori finali , benché non collegata all’esercizio di officina elettrica –come appunto l’attività per cui è processo - non è stata affatto liberalizzata, sicché il grossista che l’ abbia esercitata(non già senza licenza di esercizio , come nell’ipotesi del produttore titolare di officina, ma) senza l’autorizzazione di cui all’art. 53, comma 5, TUA, commette un illecito punibile esattamente allo stesso modo del produttore privo della licenza. Ciò risulta in modo inequivoco dal disposto delnuovo art. 59 TUA , che commina le sanzioni a carico dei soggetti di cui all’art. 53 (disposizione anch’essa corrispondentemente modificata), tra cui si annoverano , come s’è visto, i venditori:è evidente che la nuova fattispecie punitiva che qui viene in rilievo , a seguito della sistematizzazione, benché non possa (più) rientrare nell’ambito N. 12797/17R.G. dell’art. 59, comma 1, lett. a)(che oggi sanziona i soli soggetti che “ attivano l'officina a scopo di produzione di energia elettrica senza essere provvisti della licenza di esercizio”), è senz’altro sussumibile nell’ipotesi di cui alla lettera d) dello stesso comma, che sanziona coloro che “non presentano o presentano incomplete o infedeli le denunce di cui all'articolo 53, comma 4”e comunque nell’ipotesi del comma 3, che punisce “chi sottrae o tenta di sottrarre, in qualsiasi modo, l'energia elettrica al regolare accertamento dell'imposta”. In sostanza, nell’ambito del riordino della materia dispost o con il d.lgs. n. 26/2007, la fattispecie sanzionatoria che qui rileva è stata ortopedicamente novellata, con una previsione più puntuale , sia dal punto descrittivo , che sistematico. 3.2.4 – Quanto precede non implica affatto – come sostenuto dalla società controricorrente(v. controricorso, pp. 25 - 26) – una nuova lettura dei fatti ed una nuova contestazione di illecito al lume di norme sopravvenute, ma costituisce una logica disamina delle vicende che hanno interessato le disposizioni sanzionatorieche qui rilevano, onde verificare se effettivamente il d.lgs. n. 26/2007 abbia determinato quella abolitio criminisritenuta dal giudice del rinvio. 3.2.5– L’esito dell’indagine, per quanto detto, consente di affermare che lo ius superveniens non ha affatto determinato la modifica de i presupposti per l’applicabilità della lex mitior, perché –anche a prescindere dalla questione circa la possibilità di ricorrere, nel caso, al disposto dell’art. 13 d.lgs. n. 471/1997(in senso negativo, da ultimo, Cass. n. 22342/2020, giacché l’evasione s’è già concretata;
contra, Cass. n. 15202/2019) - si tratta di un mero fenomeno di N. 12797/17R.G. successione di leggi nel tempo, che ha nella sostanza lasciato inalterati il disvalore della condotta e la risposta sanzionatoria dell’ordinamento: insomma, applicando il criterio “strutturale” di stampo penalistico, oramai fatto proprio anche daquesta Corte di legittimità (si veda la recentissima Cass., Sez. Un., n. 13145/2022),non v’è dubbio che la fattispecie incriminatrice concernente l’avvio di attività di grossista di energia elettrica senza licenza di esercizio (avuto riguardo all’epoca dei fatti) non è stata affatto abrogata, ma solo diversamente modellata, al lume del riordino complessivo della materia, disposto dal d.lgs. n. 26/2007, che in proposito ha riservato la licenza di esercizio (a differenza che in passato) ai soli produttori titolari di un’officina di produzione o di acquisto per uso proprio o per forniture a consumatori finali, prevedendo per i grossisti “puri” (ossia, per i meri acquirenti-rivenditori di energia elettrica a consumatori finali , senza esercizio di officina) il rilascio di una autorizzazione. Pertanto, pur a seguito della novella, l’avvio della detta attività senza il rilascio di un titolo lato sensuautorizzatorio da parte dell’Ufficio costituisce condotta illecita e senz’altro sanzionabile(il che vale sia nell’ipotesi di mancata presentazione della denuncia di inizioda parte del venditore, perché funzionale al rilascio dell’autorizzazione, sia perché, in ogni caso, una simile condotta costituisce un ostacolo all’accertamentodell’imposta). 3.3– Pertanto, può affermarsi senza alc un dubbio che la vicenda per cui è processo era illecitaal momento dei fatti, e tale è rimasta, pur dopo la novella del d.gs. n. 26/2007, essendosanzionata esattamente nello stesso modo. Ha dunque errato la C.T.R. nel ritenere di poter applicare il principio della lex mitior, non sussistendo alcuna modifica normativa in senso favorevole al la N. 12797/17R.G. contribuente;
non v’è dunque alcuna ragione per non sussumere l’intera vicenda per cui è processo nell’egida del previgente art. 59, comma 1, lett. a), del TUA, applicabile ratione temporis,come peraltro stabilito da Cass. n. 3098/2014. 4.1 – In definitiva , il ricorso è accolto per quanto di ragione . La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione e, non occorrendo procedere ad ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384, comma 2, c.p.c., col rigetto dell’originario ricorso della società contribuente, perché infondato. 4.2 – Al riguardo, v ale qui la pena rilevare, anzitutto, che – da quanto risulta dagli atti – la prima decisione d’appello (ossia, la sentenza n. 87/27/08 ) disattese la “richiesta incidentale”della società per “la riforma in parte qua della sentenza gravata”, nel senso dell’annullamento integrale dell’atto di contestazione, richiesta fondata sul fatto che le ragioni della controversia erano interamente addebitabili all’U.T.F. di Como, che aveva attribuito il codice ditta con ben nove mesi di ritardo(v. contror icorso, pp . 7 - 8 );
non è ben chiaro se detta domanda fosse stata ritualmente formulata dalla società con appello incidentale, mala statuizione in discorso non venne impugnata con ricorso per cassazione dalla stessa contribuente ( con l’impugnazione incident ale condizionata da essa proposta -e rigettata da Cass. n. 3098/2014 – si invoc ò il preteso giudicato interno circa la questionedell’applicabilità dell’art. 13 d.lgs. n. 471/1997). Il giudice del rinvio è comunque ritornato sulla medesima questione, stavolta evidenziando esplicitamente che la “richiesta in via principale della società di annullamento in toto della sanzione” era infondata, giacché Enipower era da N. 12797/17R.G. considerare quantomeno compartecipe nella causazione dei ritardi amministrativi lamentati;
né essa poteva addurre la propria buona fede rispetto ai “macroscopici” ritardi con cui erano stati corrisposti gli importi dovuti, che ben avrebbero potuto essere pagati indipendentemente dalla attribuzione del codice ditta, presso la tesoreria della banca d’Italia o a mezzo c/c postale. Neppuretale statuizione è stata impugnata dalla società, che in questa sede non ha proposto ricorso incidentale. Pertanto, è indiscutibile che sulla oggettiva gravitàdella condotta imputabile ad Enipower e sulla sua assenza di buona fede , nell’occorso, si sia formato il giudicato. 4.3 – Da quanto precede, discende che – ad avviso della Corte – la sanzione irrogata dall’Agenziadelle Dogane, nella misura minima rispetto alla previsione edittale (l’art. 59 TUA la quantifica in “una somma di denaro dal doppio al decuplodell’imposta evasa o che si è tentato di evadere ”) , non violi in concreto il principio di proporzionalità di matrice eurounitaria, apparendo anzi del tutto adeguata alla violazioneed in linea con i criteri di quantificazione della sanzione ex art. 7, comma 1, d.lgs. n. 472/1997: ciò sia in relazione alla sua natura sostanziale (giacché un simile comportamento incide non solo sulle modalità di accertamento e di controllo da parte dell’Ufficio, ma anche sul versamento periodico del tributo, adempimento pacificamente omesso – v., al riguardo, Cass. n. 8283/2022), sia alla gravità della condotta, per come accertata dal giudice del merito,sia all’entità dell’imposta evasa , assolta solo in seguito alla contestazione dell’Ufficio,e d infine anche alla stessa professionalità esigibile da un qualificato imprenditore del settoredell’energia. N. 12797/17R.G. Del resto, la già citata Cass. n. 15202/2019 ha precisato che “E' principio comunemente affermato dalla giurisprudenza unionale quello secondo cui le misure che vengono adottate dagli Stati membri devono essere adeguate a garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti e non eccedenti quanto necessario per raggiungerli (cd. principio di proporzionalità: Corte di Giustizia, 17 aprile 2018, Egenberger, C§414/16, punto 68), ciò in aderenza all'art. 49, par. 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, ove prevede che le pene inflitte non devono essere sproporzionate rispetto al comportamento colpito, principio che vincola gli Stati membri quando essi attuano il diritto dell'Unione, ai sensi dell'articolo 51, par. 1, della Carta”.Ed ha poi soggiunto che la disposizione sanzionatoria di cui all’art. 59, comma 1, TUA, è collegata a tipica fattispecie di pericolo, perché i comportamenti selezionati dalla norma stessa incidono a priori sul corretto svolgimento del procedimento di accertamento dell’imposta: il che giustifica una “pesante” reazione dell’ordinamento. 4.4 - Pertanto, non è qui in discussione la stessa possibilità di disapplicare la norma nazionale in contrasto con il diritto UE;
solo, si ritiene che non ne sussistano i presupposti, giacché la misura della sanzione comminata ad Enipower, pari al doppio dell’imposta evasa, appare ragionevole e proporzionata rispetto all’illecito in concreto accertato. Non v’è dunque ragione di disporre il rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, sul punto, come pure richiesto da Enipower nel controricorso e ancora in memoria. 4.5- Le spese di lite possono interamente compensarsi in relazione a l giudizio di merito, compresa la fase di rinvio;
per il resto – anche con riguardo al N. 12797/17R.G. precedente giudizio di legittimità –esse seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
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