Cass. civ., sez. II, sentenza 16/11/1981, n. 6061
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiMassime • 1
Poiché le pronunzie di accoglimento della Corte costituzionale comportano, ai sensi degli artt. 136, primo comma, cost. E 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87, il venir meno dell'efficacia delle Disposizioni dichiarate illegittime ed il divieto della loro ulteriore applicazione anche a situazioni giuridiche anteriori non ancora definite, non può contestarsi la validità della disposizione testamentaria con la quale il testatore, pur nel vigore dell'art. 592 cod. civ. (dichiarato incostituzionale con la sentenza 28 dicembre 1970 n. 205), in contrasto con il trattamento preferenziale ivi assicurato ai discendenti legittimi rispetto ai figli naturali, abbia attribuito quote uguali del suo patrimonio al figlio legittimo ed ai figli naturali, nel giudizio di divisione ereditaria che sia pendente alla pubblicazione della menzionata sentenza della Corte costituzionale; ciò, quand'anche tale disposizione sia stata subordinata alla condizione, poi verificatasi, della eliminazione, perdurante la comunione ereditaria, del divieto di cui all'art. 592 citato, trattandosi di condizione consentita dalla legge (art. 633 cod. civ.) e non imponendo nessuna norma che l'evento concretante lo avveramento od il non avveramento della condizione debba realizzarsi in epoca anteriore all'apertura della successione. ( V 461/80, mass n 403834; ( V 3514/79, mass n 399930; ( V 1467/76, mass n 380196).*