Cass. civ., SS.UU., sentenza 09/06/2004, n. 10949
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. I G - Primo Presidente f.f. -
Dott. D V - Presidente di sezione -
Dott. P E - rel. Consigliere -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. P R - Consigliere -
Dott. DI N L F - Consigliere -
Dott. V U - Consigliere -
Dott. R F - Consigliere -
Dott. E S - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI PIZZO CALABRO, in persona del Sindaco pro tempore - autorizzato con delibera di Giunta n. 173 del 24 ottobre 2002 -, rappresentato e difeso, con procura a margine del ricorso, dall'avv. D S, presso il quale elettivamente domicilia in Roma, già alla via Tudaio 38, e, poi, presso la Cancelleria della Corte;
- ricorrente -
contro
CAPARROTTI ELEONORA;
- intimata -
avverso la sentenza del Giudice di pace di Pizzo Calabro in data 15 maggio 2002, depositata col n. 48/02 il 12 giugno 2002;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29 aprile 2004 dal Relatore Cons. Dr. E P;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M V, che ha concluso per la giurisdizione delle commissioni tributarie, con la cassazione della sentenza impugnata. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 28 aprile 2001, Eleonora Caparrotti ha impugnato davanti al Giudice di pace di Pizzo Calabro l'atto ingiuntivo - emesso col n. 59 il 13 marzo 2001 e notificato il 31 seguente -, con cui l'ufficio tributi di quel Comune le aveva ingiunto il pagamento della somma di lire 1.223.915, a titolo di imposta comunale sugli immobili per l'anno 1993, con corrispondenti sanzioni, oltre accessori e spese.
Ha opposto, preliminarmente, l'intervenuta prescrizione quinquennale;
ha comunque rilevato l'illegittimità della ingiunzione, perché priva delle indicazioni necessarie a consentire la difesa dell'ingiunta - in particolare, per la genericità ed inidoneità del rinvio ad un "atto notificato il giorno 22.3.1999" riguardante imprecisati "fabbricati... ricadenti nel territorio di questo Comune", che non la poneva in grado di controllare se alcuno dei pagamenti da lei eseguiti si riferisse agli immobili in questione -;
si è altresì doluta della qualifica di erede di Francesco Cretella, a lei soltanto attribuita nell'atto, pure in presenza di coeredi, nonché della mancata distinzione fra gli accessori richiesti. Il Comune ha resistito eccependo la preclusione delle "questioni di merito e di forma concernenti la regolarità e fondatezza della pretesa tributaria", che avrebbero dovuto essere formulate, entro il termine previsto dal D.Lgs. 546/1992, davanti alla Commissione tributaria provinciale di Vibo Valentia;ha, rilevato che l'impugnativa non atteneva all'azione esecutiva, e sostenuto la tempestività della pretesa in virtù della proroga di cui all'art. 31, comma 6, della legge 448/1998.
Il Giudice di pace, con la sentenza indicata in epigrafe, affermata la propria competenza sulla scorta dello stesso contenuto dell'atto ingiuntivo - ove si legge della facoltà di produrre ricorso al Giudice di pace ex L. 374/1991 -, ha dedotto, "dagli atti in suo possesso", la necessità di annullare l'atto impugnato, con compensazione delle spese.
Per la cassazione ricorre il Comune di Pizzo Calabro, con cinque motivi, cui l'intimata non resiste.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deduce, in ordine successivo, il ricorrente Comune di Pizzo calabro:
1) "violazione di legge con riferimento all'art. 112 c.p.c", dolendosi che il giudice del merito abbia omesso ogni pronuncia sulle
sollevate questioni "in ordine alla inammissibilità, improcedibilità dell'azione ed al difetto di giurisdizione";
2) "inammissibilità - improcedibilità - difetto di giurisdizione", riproponendo i rilievi circa la necessità d'impugnare l'atto impositivo davanti al giudice tributario, non essendosi, la contribuente, limitata ad opporsi alla azione esecutiva propriamente detta, ai sensi dell'art. 3 del R.D. 639/1910;
3) "difetto di giurisdizione", per tale via assumendo che, pure escludendo la giurisdizione del giudice tributario, la competenza a conoscere della causa sarebbe ad ogni modo spettata al tribunale, a mente dell'art. 9 c.p.c.;
4) "violazione di legge, con riferimento all'art. 11 D.Lgs. 504/1992;
all'art. 31 comma 6 L. 448/1998", per tale via riproponendo la tesi della proroga dei termini in ordine all'accertamento ed alla liquidazione dell'i.c.i. per l'anno d'imposta in questione;
5) "insufficiente motivazione", sotto il profilo della legittimità dell'ingiunzione, con riferimento all'atto c.d. presupposto - indicato quale avviso di liquidazione -, che avrebbe esattamente individuato i beni colpiti da imposta.
La questione di giurisdizione, formulata col secondo motivo ed impropriamente introdotta, sotto il profilo della omissione di pronuncia, attraverso il primo, va risolta nel senso indicato in ricorso.
Col rimedio della opposizione alla ingiunzione fiscale, proposta davanti al giudice di pace, la contribuente ha fatto valere la illegittimità della pretesa tributaria per effetto di prescrizione quinquennale, per mancata indicazione degli immobili oggetto dell'imposta, per omessa considerazione di altri coobbligati e, finalmente, per mancata distinzione fra gli accessori richiesti. Si tratta di materia devoluta alla giurisdizione delle commissioni tributarie, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 546/1992, nella versione vigente ratione temporis - non modificata
nella sostanza dalla nuova versione dello stesso comma 1, introdotta dall'art. 12, comma 2, della legge 448/2001, che ha incluso nella giurisdizione speciale tutti i tributi comunali -.
Va dunque dichiarata la giurisdizione del giudice tributario, senza potersi al riguardo attribuire incidenza alla indicazione, nell'atto, della possibilità di ricorrere al giudice di pace, valorizzata invece nella sentenza impugnata. La scelta procedimentale può infatti rivestire rilievo limitato alla identificazione, secondo il principio dell'apparenza, del mezzo d'impugnazione esperibile contro il provvedimento giurisdizionale - sentenza del giudice di pace in causa di valore inferiore a due milioni di lire (euro 1.032,91, nella versione vigente ratione temporis dell'art. 113, comma 2, in relazione al 339, comma 3, c.p.c.) - (per tutte cfr. Cass., Sez. un., 3599/2003, con ulteriori richiami). Essa non può influire tuttavia sulla giurisdizione, identificabile sulla base di regole inderogabili, laddove l'errata indicazione dell'organo giurisdizionale (giudice ordinario) davanti a cui proporre l'impugnativa potrà tutt'al più incidere sulla decorrenza del termine per impugnare (Cass., Sez. un., 5040/2004). La declaratoria di giurisdizione del giudice tributario comporta la cassazione della sentenza impugnata, senza rinvio. Nelle riferite modalità della vicenda processuale il collegio ravvisa giusti motivi di compensazione delle spese processuali dell'intero giudizio.