Cass. pen., sez. IV, sentenza 19/05/2023, n. 21450
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: SALVATORE GIAN MARIO nato a CHIETI il 27/05/1947 avverso la sentenza del 11/03/2022 della CORTE APPELLO di L'AQUILAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere A M;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUIGI O che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso RITENUTO IN FATTO 1. La Corte d'appello di L'Aquila, con la sentenza indicata in epigrafe, ha riformato la sentenza emessa il 11/10/2018 dal Tribunale di Chieti, con la quale G S e G A erano stati dichiarati responsabili del reato previsto dagli artt. 110 e 449 cod.pen., in relazione all'art.434 cod.pen. (capo a) per avere, il primo nella qualità di legale rappresentante sino al 2005 e poi di amministratore di fatto nel periodo successivo della SAGIFUR s.r.l. e il secondo quale liquidatore della stessa società dall'ottobre del 2005, cagionato un disastro ambientale;specificamente mediante la contaminazione di una falda acquifera sottostante al sito di lavorazione dell'attività svolta dalla società (ovvero quella di preparazione e concia del cuoio, nonché della fabbricazione di semilavorati in pelle), attraverso la concentrazione in limiti superiori a quelli previsti dalla tabella I, allegato V, parte IV del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, di solventi organici quali la trielina, a causa di una negligente e imperita gestione dell'impianto di depurazione;nonché del reato previsto dall'art.452 cod.pen. in relazione all'art.440 cod.pen. (capo b), per avere - mediante la condotta contestata precedentemente - adulterato le acque rendendole pericolose per la salute pubblica e, altresì, della contravvenzione prevista dall'art.257, comma 1, del d.lgs. n.152/2006 (capo c) per avere omesso di provvedere alla bonifica del sito secondo quanto previsto dall'art.242 del medesimo testo normativo, omettendo di stabilire e adottare le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza, di presentare il piano di caratterizzazione nonché di applicare al sito l'analisi di rischio per definire gli obiettivi di bonifica e di attuare gli interventi di bonifica delle matrici ambientali dalla contaminazione 2. La Corte territoriale, ha condiviso le valutazioni del Tribunale in punto di sussistenza dell'elemento oggettivo dei reati contestati;ha peraltro rilevato, in parte motiva, come non vi fosse prova dello svolgimento delle mansioni di amministratore di fatto della SAGIFUR da parte del Salvatore per il periodo successivo al mese di ottobre del 2005, data di nomina del liquidatore;ha, altresì, rilevato come l'attività della SAGIFUR dovesse ritenersi cessata dall'inizio dell'anno 2000;ha, quindi, ritenuto estinti i reati contestati ai capi b) e c) per decorso dei termini massimi di prescrizione, giungendo ad analoga conclusione in ordine al reato contestato al capo a), attesa la non applicabilità ratione temporis del raddoppio dei termini di prescrizione previsto per il reato di cui all'art.449 cod.pen. dall'art.6, comma 1, della legge 5 dicembre 2005, n.251;ha altresì preso atto dell'intervenuto decesso, alla data del 22/06/2019, di Anteriore Gambacorta.Per l'effetto, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del Gambacorta in ordine ai reati ascritti in quanto estinti per morte del reo e nei confronti del Salvatore in quanto estinti per intervenuta prescrizione in ordine alla contestazione dei fatti commessi sino all'ottobre del 2005, assolvendolo, per non aver commesso il l'atto, in ordine a quelli contestati per l'epoca successiva;ha contestualmente e altresì disposto la revoca delle statuizioni civili, rilevando che la ritenuta prescrizione fosse maturata già in epoca anteriore alla pronuncia della sentenza di primo grado. 3. Avverso la sentenza della Corte d'appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore di G S, articolando i seguenti motivi di ricorso - manifesta illogicità della motivazione e travisamento della prova, in relazione all'art.606, comma 1, lett.e) cod.proc.pen., nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto, con accertamento incidentale, come provati gli elementi oggettivi delle fattispecie ascritte pur non avendo individuato la fonte primaria d ell'inqu i na mento. Ha dedotto come il consulente del pubblico ministero, le cui argementazioni erano state richiamate nelle sentenze di merito, non avesse di fatto individuato tale fonte primaria, affidando il proprio convincimento in ordine alla riconducibilità dell'inquinamento della falda sotterranea al sito della SAGIFUR a un metodo di accertamento atecnico e ascientifico e fondato su un criterio meramente presuntivo, ovvero la sillogistica deduzione fondata sulla astratta compatibilità delle sostanze inquinanti rinvenute nella falda sottostante con il ciclo di lavorazioni svolte nel sito;ha, quindi, dedotto la carenza di un adeguato studio in ordine: a) all'andamento delle falda idrica di scorrimento;b) alle matrici di terreno del sito della SAGIFUR;c) alle possibili fonti alternative dell'inquinamento. - violazione dell'art.606, comma 1, lett.c), cod.proc.pen., derivante dalla mancata applicazione dell'art.129, comma 2, cod.proc.pen, con riferimento all'obbligo di assoluzione per insussistenza del fatto;ha sostenuto che la dimostrata inattendibilità degli elementi tecnici addotti dal Tribunale a sostegno del giudizio di colpevolezza incidentale avrebbe dovuto portare la Corte territoriale a emettere una sentenza di proscioglimento nel merito.
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