Cass. civ., SS.UU., sentenza 16/04/2010, n. 9132

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In materia di lavoro pubblico privatizzato, la controversia diretta ad ottenere il reinquadramento dei lavoratori regionali in conformità al regolamento della Regione Lazio 10 maggio 2001, n. 2, previa disapplicazione della disposizione, ivi contenuta, che limita la facoltà di chiedere la revisione ai soli dipendenti in servizio, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, coinvolgendo l'attività autoritativa della P.A., in quanto la norma regolamentare - nel perseguire l'obbiettivo del superamento delle sperequazioni esistenti tra le categorie di dipendenti transitati da altre amministrazioni - è diretta a definire l'assetto generale degli uffici nell'ambito di un complessivo progetto di revisione dell'organizzazione del personale regionale, che consente nuovi inquadramenti del personale prevedendone anche le decorrenze, prospettiva all'interno della quale si inserisce anche la scelta di escludere dall'intervento di revisione i dipendenti il cui rapporto di lavoro si sia già concluso.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 16/04/2010, n. 9132
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 9132
Data del deposito : 16 aprile 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. E A - Primo Presidente f.f. -
Dott. P R - Presidente di sezione -
Dott. V G - Consigliere -
Dott. O M - Consigliere -
Dott. D'

ALONZO

Michele - Consigliere -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. C F - rel. Consigliere -
Dott. D'

ALESSANDRO

Paolo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PALMUCCI MARZIA, TOSTI MARISA, MAGRO DOMENICO, DI VEROLI GIOVANNI, SAVIAN FLORY, GARAU MOLELLA ADA, PIZZI DANIELA, SCIPIONI MARIANNA, nella qualità di eredi di SCIPIONI IGINO, nonché GIGLI ANTONIO, REGA GIUSEPPE, RICCI TOMMASO, DI CERBO AGOSTINO, PETRELLI LUCIANA, NIFOSI ALESSANDRA, SPADARO MARIA, nella qualità di eredi di NIFOSI PIETRO, nonché MARCHESE ADA, GALATI MARIA TERESA, nella qualità di eredi di GALATI ANTONIO, nonché SARNO SALVATORE, PECCI VINCENZO, RONZONI MARIA PIA, GROSSO NUNZIA, elettivamente domiciliati in ROMA,

CORSO VITTORIO EMANUELE II

326, presso lo studio dell'avvocato S R, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato PORCELLI VINCENZO, per delega a margine del ricorso;



- ricorrenti -


contro
REGIONE LAZIO, in persona del Presidente della Giunta regionale pro- tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CRESCENZIO

19, presso lo studio dell'avvocato ROMBOLÀ ANTONIO, che la rappresenta e difende, per procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
avverso la sentenza n. 5514/2007 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 20/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/2009 dal Consigliere Dott. FILIPPO CURCURUTO;

uditi gli avvocati Edoardo BITTERMAN per delega dell'avvocato Renato Scognamiglio, Antonio ROMBOLÀ;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARTONE

Antonio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso, A.G.O.;
assorbito il ricorso incidentale.
RITENUTO IN FATTO
Maria T e gli altri ricorrenti indicati in epigrafe hanno convenuto la Regione Lazio davanti al Tribunale di Roma esponendo:
di esser transitati nei ruoli della Regione, provenendo da altri enti o dallo Stato, sulla base di varie leggi regionali;

di esser stati inquadrati nella qualifica unica di funzionario direttivo o di collaboratore, mentre negli enti di provenienza avevano rivestito qualifiche diverse, rispettivamente da consigliere a direttore di divisione, ovvero da vice segretario a segretario capo;

che, per superare la sperequazione così determinatasi, la L.R. Lazio n. 25 del 1996, aveva previsto un successivo provvedimento da
adottare in armonia con i principi di cui al D.Lgs. n. 29 del 1993;

che il regolamento regionale 10 maggio 2001, n. 2, emanato a tale scopo, aveva limitato tuttavia la perequazione al personale in servizio al momento della sua pubblicazione ed aveva differenziato la decorrenza giuridica da quella economica, fissando la prima alla data dell'entrata in vigore della L. R. n. 25 del 1996, e la seconda alla data di attribuzione delle nuove funzioni.
che essi non avevano goduto del beneficio, in quanto cessati dal servizio prima della pubblicazione del regolamento. Su tali premesse la T e gli altri litisconsorzi, deducendo l'illegittimità e chiedendo la disapplicazione delle norme regolamentari concernenti la limitazione dei beneficiari della perequazione e la decorrenza del nuovo inquadramento, hanno proposto domande di reinquadramento con decorrenza giuridica ed economica dal 27 luglio 1996, con le stesse modalità del personale in servizio alla data del regolamento, di condanna al pagamento delle differenze retributive fra la vecchia e la nuova qualifica, di inquadramento nella nuova qualifica dal 1^ febbraio 1981, come disposto dal regolamento, e di condanna al risarcimento del danno nella misura di Euro 70.000 per il periodo intercorrente fra tale data e quella di entrata in vigore della cit. L. n. 25 del 1996. Nella resistenza della Regione, che eccepiva fra l'altro la nullità dei ricorsi per carente esposizione dei fatti, la loro infondatezza e il difetto di giurisdizione del g.o., il Tribunale accoglieva la domande.
La Corte d'Appello di Roma, in accoglimento dell'appello, dichiarava il difetto di giurisdizione del g.o., in favore del giudice amministrativo, ritenendo, anche con richiamo dell'ordinanza 21592/2005 di questa Corte, resa in vicenda analoga, che la controversia avesse ad oggetto la sopracitata norma regolamentare e che questa configurasse un atto con il quale erano state definite le linee fondamentali di organizzazione degli uffici della Regione. Maria T e gli altri consorti chiedono la cassazione di questa sentenza con ricorso per un motivo.
La Regione resiste con controricorso contenente anche ricorso incidentale condizionato, per tre motivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente occorre riunire i ricorsi, proposti contro la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.). Con l'unico motivo del ricorso principale è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs 30 marzo 2001, n. 165, artt. 2 e 63, nonché del L. R. Lazio 1 luglio 1996, n. 25, art. 22 comma 8 e dell'art. 1 del regolamento regionale 10 maggio 2001, n.

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