Cass. pen., sez. II, sentenza 13/06/2018, n. 26944

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 13/06/2018, n. 26944
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 26944
Data del deposito : 13 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

to la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: M S nato il 08/01/1957 a PALIZZI avverso l'ordinanza del 14/08/2017 del TRIB. LIBERTA' di REGGIO CALABRIA sentita la relazione svolta dal Consigliere S F;
sentite le conclusioni del PG ELISABETTA CENICCOLA che conclude per l'inannmissibilita'con ogni conseguente statuizione di legge Udito il difensore avv. A. M che si riporta ai motivi

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 25.7.2017 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria applicava a M S la misura cautelare della custodia in carcere in relazione all'accusa di associazione di stampo mafioso (art. 416 bis cod.pen.), quale partecipante della locale di Palizzi, inserita nel mandamento ionico dell'organizzazione provinciale della 'ndrangheta calabrese (capo A). In particolare, all'indagato è attribuito il ruolo di partecipe della ndrangheta di Palizzi, in possesso di elevate "doti" di ndrangheta ed affiliato di rango, con funzioni apicali nella articolazione di Palizzi Superiore;
quale affiliato, si sarebbe posto permanentemente a disposizione della cosca, riconoscendo e rispettando le gerarchie e le regole interne del sodalizio, eseguendo le direttive del capo cosca, fornendo supporto agli altri affiliati nella consumazione di reati, interfacciandosi direttamente con soggetti apicali di livello provinciale quali P G ed il padre M F per la risoluzione di questioni associative (quali ad esempio la concessione di doti ad altri affiliati, la composizione di contrasti all'interno dell'associazione, la spartizione di appalti ed altre) e ponendo in essere attività estorsive.

2. Il Tribunale del riesame, con ordinanza in data 14.8.2017, rigettava il proposto gravame, confermando la misura detentiva.

3. Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione l'indagato, tramite il difensore, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:

3.1. violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla sussistenza della gravità indiziaria rispetto alla appartenenza alla cosca definita locale di Palizzi;
difetta adeguata motivazione da parte del TDL, che non si correla con le censure difensive, neppure esaminate. Nel dettaglio, si contesta che non è stata considerata la distinzione tra il riconoscimento della esistenza di una associazione mafiosa e l'attribuzione della appartenenza alla stessa del ricorrente, con particolare riguardo alla compenetrazione organica, al ruolo dinamico e funzionale, al contributo di rafforzamento del sodalizio, tutti profili non rinvenibili in capo al ricorrente che, a partire dalla condanna per condotte associative pronunciata nel giugno 2001 con il processo c.d. "Armonia", non è più stato coinvolto in vicende di 'ndrangheta. Né sono state esaminate le censure relative alla risalenza temporale (al 2010) delle conversazioni che riguardano il ricorrente, la unicità della fonte, l'equivocità delle espressioni, la non inerenza a contributi associativi, l'assenza di riscontri esterni, l'infondatezza e l'indeterminatezza della pretesa attribuzione di imprecisate doti mafiose;
tutto viene fondato sulle due intercettazioni ambientali del 17.3.2010 e del 18.3.2010, delle quali non si coglie la contraddizione interna rispetto al preteso potere, ravvisato in capo al Malsano, di conferire "doti", né si considerano le affermazioni del Pelle, secondo il quale, di tale conferimento "non era vero niente". Neppure si considera il costante insegnamento giurisprudenziale che richiede, al fine di riconoscere la valenza indiziaria, la chiarezza, la comprensibilità e l'assenza di ambiguità delle dichiarazioni intercettate, come pure l'analisi della credibilità del contenuto.

3.2. violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento alle esigenze cautelari. Il provvedimento si fonda sulla presunzione di cui all'art. 275 cod.proc.pen., ma ignora il lungo lasso di tempo trascorso dall'epoca della precedente condanna per fatti associativi nonché da quella alla quale risalgono i colloqui intercettati, aspetti sintomatici di carenza di attualità e concretezza delle esigenze;
imprecisate sono poi le pretese esigenze probatorie, come pure il pericolo di recidiva.
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