Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 15/12/2020, n. 28624
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o la seguente PU SENTENZA sul ricorso 18972-2014 proposto da: F M, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI SANT'ELENA 29, presso lo studio degli avvocati E C, D G, che la rappresentano e difendono;- ricorrente -contro MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;- controrlcorrente - avverso la sentenza n. 1146/2014 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 14/05/2014 R.G.N. 8448/2011;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/09/2020 dal Consigliere Dott. C M;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A C che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso;udito l'Avvocato E C. R. Gen. N. 18972/2014 FATTI DI CAUSA 1. la Corte d'appello di Roma, in accoglimento dell'impugnazione proposta dal Ministero dello sviluppo economico - MISE - (quale successore dell'Istituto per la Programmazione Industriale - IPI -) avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva accolto il ricorso di M M M F e dichiarato l'illegittimità del termine apposto ai contratti stipulati tra le parti a far data dall'1/2/2004, disposto il ripristino del rapporto con inquadramento nel livello C e condannato il Ministero a corrispondere alla ricorrente un'indennità pari a quattro mensilità retributive, respingeva l'azionata domanda. Riteneva la Corte territoriale assorbente la fondatezza del rilievo del Ministero concernente l'impossibilità di costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato in caso di violazione di disposizioni imperative concernenti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, stante l'espressa previsione in tal senso dell'art. 36 del d.lgs. n. 165/2001. Evidenziava che la ricorrente non avesse proposto in primo grado né riproposto in appello domande risarcitorie, essendo state le pretese economiche riferite solo alla persistenza dell'obbligazione retributiva derivante dalla pretesa conversione del rapporto. Riteneva che non fosse stata riproposta con 'chiarezza e precisione' la domanda relativa alla asserita illegittima pretermissione dalla procedura di stabilizzazione indetta dall'IPI. 2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Manuela F con due motivi cui il Ministero ha resistito con tempestivo controricorso. 3. La causa, chiamata all'udienza camerale del 10 dicembre 2019, è stata rimessa alla pubblica udienza. 4. La ricorrente ha depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione ed erronea applicazione dell'art. 36 del d.lgs. n. 165/2001, del d.l. n. 78/2010, dell'art. 112 cod. proc. civ. e della direttiva 1999/70/CE (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.).R. Gen. N. 18972/2014 Censura la sentenza impugnata per aver escluso la conversione del rapporto laddove nello specifico si discuteva di rapporti di lavoro a termine di diritto privato in capo all'IPI che era un'associazione senza fini di lucro dotata di personalità giuridica e dunque era un ente di natura privatistica. Sostiene che la trasformazione del rapporto doveva ritenersi già avvenuta alla data del passaggio del personale IPI nei ruoli del MISE. 2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 346 cod. proc. civ. (art. 360 n. 3 cod proc. civ.). Sostiene che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto non riproposte dall'appellato le ulteriori domande formulate in sede di ricorso di primo grado (e così la domanda risarcitorie e quella di accertamento e declaratoria di illegittimità dell'esclusione dal processo di stabilizzazione avviato dall'IPI e dalla graduatoria approvata il 7/4/2008). Sostine che, quale parte vittoriosa in primo grado, non aveva alcun onere di proporre nuovamente le domande in maniera espressa e deduce che, in ogni caso, tutte le domande erano state richiamate. 3. Il primo motivo è infondato. 4. La questione sottoposta all'esame di questa Corte ruota intorno alla natura giuridica dell'IPI. 5. Occorre premettere che l'attività ricostruttiva della natura giuridica di un ente è compito del giudice di legittimità che vi provvede, anche d'ufficio, in ossequio al principio iura novit curia, laddove tale natura fondi la propria essenza in disposizioni di legge (operazione, questa, che non trova limite, pertanto, in differenti prospettazioni o posizioni delle parti), diversamente essendo l'indicato compito circoscritto a quanto ritualmente allegato in causa, nel rispetto degli oneri di cui all'art. 366 cod. proc. civ., laddove una determinata natura (e, per quanto si dirà, quella di ente privato) abbia le radici in atti dell'autonomia delle persone. 6. Ciò precisato, nella specie, occorre partire dall'art. 7, comma 20, d.l. 31 maggio 2010, n. 78 convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122 "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica" per procedere poi a ritroso nel tempo.R. Gen. N. 18972/2014 Tale norma ha disposto la soppressione degli enti di cui all'allegato 2 al medesimo d.l. ed i compiti e le attribuzioni esercitati sono stati trasferiti alle amministrazioni corrispondentemente indicate, con transito del personale a tempo indeterminato in servizio presso i predetti enti al momento della soppressione alle amministrazioni e agli enti rispettivamente individuati ai sensi del medesimo allegato. In attuazione di detta norma è stato, quindi, adottato il decreto interministeriale (da parte del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Dipartimento per la pubblica amministrazione e l'innovazione) 11 febbraio 2011 (in GU Serie Generale n. 83 del 11-04-2011) recante la Tabella di corrispondenza ai fini dell'inquadramento del personale a tempo indeterminato proveniente dall'Istituto per la promozione industriale e trasferito al Ministero dello sviluppo economico. 6.1. Orbene è di tutta evidenza che, all'atto della soppressione, l'IPI fosse già un ente pubblico (inimmaginabile essendo che il legislatore abbia inteso, con il medesimo atto normativo, costituire un ente pubblico e contestualmente sopprimerlo). Tanto si evince chiaramente dalla espressa previsione di cui al citato comma 20 dell'art. 7 secondo cui "gli stanziamenti finanziari a carico del bilancio dello Stato previsti, alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, per le esigenze di funzionamento dei predetti enti pubblici confluiscono nello stato di previsione della spesa o nei bilanci delle amministrazioni alle quali sono trasferiti i relativi compiti ed attribuzioni, insieme alle eventuali contribuzioni a carico degli utenti dei servizi per le attività rese dai medesimi enti pubblici". D'altra parte se non si fosse trattato di un ente pubblico ma di un soggetto privato, la disposizione che ne ha disposto la soppressione, contestualmente prevedendo il passaggio del personale IPI nei ruoli del Ministero, si sarebbe certamente esposta a profili di illegittimità costituzione sia per violazione dell'art. 42 Cost. sia per violazione dell'art.97 Cost. (la Corte costituzionale nella sentenza 13 aprile 2017 n. 86 si è occupata della questione di illegittimità costituzionale proprio dell'art. 7, R. Gen. N. 18972/2014 comma 20, d.l. 78 del 2010, ma con riferimento ad altro ente soppresso con quella norma ed ha sottolineato l'esigenza di "emanare disposizioni" anche "per il rilancio della competitività economica" di talché la soppressione di determinati enti pubblici e le modalità di allocazione delle relative funzioni sono state anche ispirate all'esigenza, espressamente enunciata, di accrescere la competitività, attraverso un'opera di razionalizzazione organizzativa). 6.2. La natura pubblica dell'IPI si evince anche dalla norma di interpretazione autentica di cui all'art. 14, comma 15, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla I. 15 luglio 2011, n. 111, che ha chiarito che: «L'articolo 7, comma 20, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, si interpreta nel senso che le amministrazioni di destinazione subentrano direttamente nella titolarità di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi degli enti soppressi, senza che tali enti siano previamente assoggettati a una procedura di liquidazione». 6.3. Se dunque l'IPI (sottratto alla procedura di liquidazione tipica dei soggetti privati) era, al momento della soppressione, un ente pubblico, va chiarita l'evoluzione che tale soggetto giuridico ha avuto nel corso del tempo a far data dalla sua costituzione. 6.4. Invero non può essere fatta coincidere la costituzione dell'IPI con l'art. 17 del d.l. 8 febbraio 1995, n. 32, convertito con modifiche nella I. 7 aprile 1995, n. 104, norma prevedente che: «Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato provvede annualmente al finanziamento delle iniziative che lo IASM, ora denominato Istituto per la promozione industriale (IPI) intende assumere sulla base di programmi annuali di attività approvati con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. I relativi oneri continuano a gravare sul Fondo di cui all'articolo 19, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, come sostituito dall'articolo 3. 2. Le amministrazioni pubbliche centrali e locali ed i soggetti da esse partecipati possono, mediante convenzione, utilizzare i servizi dello IASM, ora IPI».R. Gen. N. 18972/2014 Tale norma, infatti, emanata in un contesto di attuazione delle politiche di intervento nelle aree depresse del territorio nazionale (art. 1), si è limitata a prendere atto della nuova denominazione che lo IASM ha assunto divenendo IPI ed a prevedere le modalità di finanziamento delle iniziative di tale Istituto (da intraprendersi sulla base di programmi annuali approvati con decreto del Ministro competente).
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