Cass. pen., sez. III, sentenza 16/10/2018, n. 46975
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da F C, nata a Siracusa il 22-05-1963 G R, nata a Siracusa il 26-03-1964 F G, nata a Bengasi (Libia) il 26-01-1941 avverso la ordinanza del 23-10-2017 del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Siracusa;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere V D N;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. M D N che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. uditi per le ricorrenti l'avvocato M F che ha concluso per l'accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. È impugnato, omisso medio, il decreto indicato in epigrafe con il quale il giudice per le indagini preliminari presso tribunale di Siracusa - previo rigetto della richiesta di dissequestro avanzata dagli interessati e convalida del decreto di sequestro preventivo disposto dal pubblico ministero - ha disposto la misura cautelare reale per reati di cui agli articoli 110 del codice penale, 4 e 11 decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 in relazione alla restante parte del capitale sociale della Emmea Plus S.r.l. (con valore nominale di 1.950.000 Euro e di qualsiasi altro valore assunto al tempo dell'esecuzione del sequestro). Più in dettaglio, in via cautelare e provvisoria, si ipotizza a carico di C F e R G il delitto di cui agli articoli 110 del codice penale e 4, comma 1, d.lgs. 74 del 2000, in quanto, in concorso tra loro, la F, nella qualità di amministratrice di fatto della società EMMEA, e la Gisco, nella qualità di amministratrice formale della stessa società, al fine di evadere le imposte sui redditi, omettevano di indicare nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno 2012 la somma di 1.000.000 di euro (somma superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione), relativa al risarcimento conseguito da RGD s.r.I., a seguito della transazione tra le due società, in tale modo evadendo l'imposta di 247.800 euro (superiore alla soglia di 150.000,00 euro). Si ipotizza, poi, a carico di tutte le ricorrenti il delitto di cui agli articoli 110 del codice penale e 11, comma 1 (secondo periodo), d.lgs. 74 del 2000, in quanto, in concorso tra loro, la F e la Gisco, nelle rispettive qualità sopraindicate, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, e alle sanzioni e interessi ad esse relativi, per un valore pari, quantomeno ad euro 247.800 euro (somma pari solo all'imposta IRES non versata e calcolata sul ricavo di 1.000.0000 di euro, non dichiarato nell'anno di imposta 2012), compivano atti fraudolenti sui beni della EMMEA e nello specifico: - in data 19 aprile 2017, R G conferiva "l'intero compendio immobiliare costituito da area esterna a parcheggi e superficie chiusa a negozio, uffici e servizi, cioè il centro commerciale FIERA DEL SUD, di proprietà della EMMEA s.r.I., alla costituenda EMMEA PLUS unipersonale, quale conferimento relativo alle quote sottoscritte a seguito dell'acquisto del 100% del capitale sociale di EMMEA PLUS s.r.l. (pari a 50.000 euro) da parte di EMMEA;
- in data 25 maggio 2017, R G conferiva alla costituenda OPS s.n.c. di G F le intere proprie quote di partecipazione dalla stessa detenute nella società EMMEA PLUS s.r.I e pari al 100% del capitale sociale di quest'ultima, (equivalenti, secondo quanto contenuto nell'atto, al 5°/o del capitale sociale di EMMEA s.r.I.) al fine di liberare le quote del capitale sociale della OPS s.n.c. pari a 5.000 euro;
in tale modo, spostando la titolarità del centro commerciale FIERA DEL SUD da EMMEA s.r.l. ad altre società del c.d. gruppo F, compivano atti idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva.
2. Per l'annullamento dell'impugnato provvedimento le ricorrenti, tramite i rispettivi difensori, articolano i seguenti motivi di impugnazione, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. R G affida il gravame a due motivi.
2.1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 74 del 2000 (articolo 606, comma 1, lettere b), del codice di procedura penale). Sostiene la ricorrente che il pubblico ministero ha posto il vincolo cautelare sull'aumento del capitale sociale della Emmea (Plus) S.r.l. sino alla concorrenza di 2.000.000 di euro, sul rilievo che l'aumento di capitale si sarebbe concretizzato nel porre in essere una condotta criminosa finalizzata a cedere i beni costituenti garanzia del debito fiscale contestato (Euro 248.000) ex articolo 4 del decreto legislativo 74 del 2000. Osserva che costituiscono elementi della tipicità del reato provvisoriamente contestato (articolo 11 decreto legislativo 74 del 2000) il compimento di "atti di alienazione" o "atti fraudolenti" che abbiano come effetto quello di diminuire la garanzia patrimoniale del debito tributario, laddove, nel caso di specie, l'aumento del capitale sociale comporta un ampliamento della garanzia a tutela del debito fiscale sia dal punto di vista dell'aumento della responsabilità della società che dal punto di vista dell'aumento della responsabilità dei soci, con la conseguenza che la condotta contestata in astratto non sarebbe minimamente riconducibile alla tipicità del reato di cui all'articolo 11 decreto legislativo 74 del 2000. Peraltro, sia il pubblico ministero che il giudice per le indagini preliminari riconoscono che appare fraudolento, nel caso di specie, non l'atto in sé (aumento del capitale sociale) ma la circostanza che, per effetto di tale atto, potrebbero, in futuro, essere posti in essere gli atti fraudolenti di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 74 del 2000. Obietta la ricorrente che, se così fosse, si sarebbe in presenza di un tentativo finalizzato a porre in essere un eventuale atto fraudolento ma il tentativo, nel caso in esame, non sarebbe punibile in relazione al reato di pericolo provvisoriamente contestato e posto a fondamento del titolo cautelare.
2.1.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 11 del decreto legislativo 74 del 2000 (articolo 606, comma 1, lettere b), del codice di procedura penale), sul rilievo che il sequestro preventivo può essere disposto per un valore pari alla riduzione della garanzia costituita dai beni del debitore fiscale. Tuttavia, nel caso di specie, non esiste alcuna riduzione della garanzia ma un ampliamento della stessa, tant'è che l'ufficio del pubblico ministero ha proceduto, dapprima, al sequestro di un capitale sociale pari ad euro 50.000 e successivamente a sequestro di un capitale sociale pari ad euro 1.950.000, con la conseguenza che il sequestro sarebbe stato pertanto disposto contra legem.
2.2. C F affida l'impugnazione a tre motivi.
2.2.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della legge penale in relazione agli articoli 4 e 11 del decreto legislativo 74 del 2000 nonché degli articoli 75 d.p.r. 917 del 1986 e 1457 del codice civile (articolo 606, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale). Premette che la misura cautelare reale è stata richiesta ed adottata sul presupposto che la pretesa tributaria troverebbe fondamento in un diritto di credito sorto per effetto di un atto di transazione sottoscritto tra la società Emmea S.r.l. e la società R.G.D. S.r.l. ed il cui pagamento sarebbe stato effettivamente incassato dalla Emmea S.r.l. Invece, dal mero esame documentale degli atti di indagine, emerge che non sussiste alcun pagamento del suddetto credito che addirittura, ed a differenza di quanto erroneamente asserito dal giudice per le indagini preliminari, non è mai stato nemmeno incassato dalla Emmea S.r.l., con la conseguenza che sarebbe stato disatteso il principio espresso dal primo comma dell'articolo 75 d.p.r. 917 del 1986 in forza del quale i componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito nell'esercizio di competenza purché abbiano esistenza certa e siano determinabili in modo oggettivo. Applicando invece tali principi al caso di specie appare evidente l'insussistenza del reato di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 74 del 2000 sul rilievo che il credito ipotizzato non solo non sarebbe certo ma sarebbe addirittura totalmente inesistente, in quanto la transazione stipulata tra le due società era sottoposto ad un termine essenziale del 2 novembre 2012. Siffatto termine è spirato senza che la R.G.D. S.r.l. adempisse la propria prestazione e senza che la Emmea S.r.l. ne chiedesse l'esecuzione nei tre giorni successivi, cosicché, per effetto della intervenuta risoluzione di diritto dell'atto di transazione, del tutto correttamente la Emmea S.r.l. non ha considerato il credito derivante dalla transazione come componente positivo di reddito, conseguendo da ciò l'illegittimità del provvedimento impugnato che sarebbe perciò pervenuto erroneamente a diversa conclusione.
2.2.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione la falsa applicazione della legge penale e la mancanza assoluta di motivazione su punti decisivi del tema cautelare (articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), del codice di procedura penale). Sostiene che, nel caso in esame, il giudice per le indagini preliminari non avrebbe motivato in merito alla presunta interposizione fittizia relativamente alla posizione della ricorrente, non avendo indicato le ragioni dell'apparente vantaggio di imposta pari ad C 247.800 che, nella sostanza, sarebbe stato effettuato a favore dell'indagata, la quale invece non ha mai ricevuto somme di denaro dalla predetta società sin dalla sua costituzione. Neppure il giudice cautelare ha motivato sul quantum del sequestro in relazione alla presunta imposta evasa pari a C 247.800, tanto in considerazione del fatto che è stato disposto il vincolo sui conti e sulle quote di proprietà della ricorrente per un
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere V D N;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. M D N che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. uditi per le ricorrenti l'avvocato M F che ha concluso per l'accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. È impugnato, omisso medio, il decreto indicato in epigrafe con il quale il giudice per le indagini preliminari presso tribunale di Siracusa - previo rigetto della richiesta di dissequestro avanzata dagli interessati e convalida del decreto di sequestro preventivo disposto dal pubblico ministero - ha disposto la misura cautelare reale per reati di cui agli articoli 110 del codice penale, 4 e 11 decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 in relazione alla restante parte del capitale sociale della Emmea Plus S.r.l. (con valore nominale di 1.950.000 Euro e di qualsiasi altro valore assunto al tempo dell'esecuzione del sequestro). Più in dettaglio, in via cautelare e provvisoria, si ipotizza a carico di C F e R G il delitto di cui agli articoli 110 del codice penale e 4, comma 1, d.lgs. 74 del 2000, in quanto, in concorso tra loro, la F, nella qualità di amministratrice di fatto della società EMMEA, e la Gisco, nella qualità di amministratrice formale della stessa società, al fine di evadere le imposte sui redditi, omettevano di indicare nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno 2012 la somma di 1.000.000 di euro (somma superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione), relativa al risarcimento conseguito da RGD s.r.I., a seguito della transazione tra le due società, in tale modo evadendo l'imposta di 247.800 euro (superiore alla soglia di 150.000,00 euro). Si ipotizza, poi, a carico di tutte le ricorrenti il delitto di cui agli articoli 110 del codice penale e 11, comma 1 (secondo periodo), d.lgs. 74 del 2000, in quanto, in concorso tra loro, la F e la Gisco, nelle rispettive qualità sopraindicate, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, e alle sanzioni e interessi ad esse relativi, per un valore pari, quantomeno ad euro 247.800 euro (somma pari solo all'imposta IRES non versata e calcolata sul ricavo di 1.000.0000 di euro, non dichiarato nell'anno di imposta 2012), compivano atti fraudolenti sui beni della EMMEA e nello specifico: - in data 19 aprile 2017, R G conferiva "l'intero compendio immobiliare costituito da area esterna a parcheggi e superficie chiusa a negozio, uffici e servizi, cioè il centro commerciale FIERA DEL SUD, di proprietà della EMMEA s.r.I., alla costituenda EMMEA PLUS unipersonale, quale conferimento relativo alle quote sottoscritte a seguito dell'acquisto del 100% del capitale sociale di EMMEA PLUS s.r.l. (pari a 50.000 euro) da parte di EMMEA;
- in data 25 maggio 2017, R G conferiva alla costituenda OPS s.n.c. di G F le intere proprie quote di partecipazione dalla stessa detenute nella società EMMEA PLUS s.r.I e pari al 100% del capitale sociale di quest'ultima, (equivalenti, secondo quanto contenuto nell'atto, al 5°/o del capitale sociale di EMMEA s.r.I.) al fine di liberare le quote del capitale sociale della OPS s.n.c. pari a 5.000 euro;
in tale modo, spostando la titolarità del centro commerciale FIERA DEL SUD da EMMEA s.r.l. ad altre società del c.d. gruppo F, compivano atti idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva.
2. Per l'annullamento dell'impugnato provvedimento le ricorrenti, tramite i rispettivi difensori, articolano i seguenti motivi di impugnazione, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. R G affida il gravame a due motivi.
2.1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 74 del 2000 (articolo 606, comma 1, lettere b), del codice di procedura penale). Sostiene la ricorrente che il pubblico ministero ha posto il vincolo cautelare sull'aumento del capitale sociale della Emmea (Plus) S.r.l. sino alla concorrenza di 2.000.000 di euro, sul rilievo che l'aumento di capitale si sarebbe concretizzato nel porre in essere una condotta criminosa finalizzata a cedere i beni costituenti garanzia del debito fiscale contestato (Euro 248.000) ex articolo 4 del decreto legislativo 74 del 2000. Osserva che costituiscono elementi della tipicità del reato provvisoriamente contestato (articolo 11 decreto legislativo 74 del 2000) il compimento di "atti di alienazione" o "atti fraudolenti" che abbiano come effetto quello di diminuire la garanzia patrimoniale del debito tributario, laddove, nel caso di specie, l'aumento del capitale sociale comporta un ampliamento della garanzia a tutela del debito fiscale sia dal punto di vista dell'aumento della responsabilità della società che dal punto di vista dell'aumento della responsabilità dei soci, con la conseguenza che la condotta contestata in astratto non sarebbe minimamente riconducibile alla tipicità del reato di cui all'articolo 11 decreto legislativo 74 del 2000. Peraltro, sia il pubblico ministero che il giudice per le indagini preliminari riconoscono che appare fraudolento, nel caso di specie, non l'atto in sé (aumento del capitale sociale) ma la circostanza che, per effetto di tale atto, potrebbero, in futuro, essere posti in essere gli atti fraudolenti di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 74 del 2000. Obietta la ricorrente che, se così fosse, si sarebbe in presenza di un tentativo finalizzato a porre in essere un eventuale atto fraudolento ma il tentativo, nel caso in esame, non sarebbe punibile in relazione al reato di pericolo provvisoriamente contestato e posto a fondamento del titolo cautelare.
2.1.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 11 del decreto legislativo 74 del 2000 (articolo 606, comma 1, lettere b), del codice di procedura penale), sul rilievo che il sequestro preventivo può essere disposto per un valore pari alla riduzione della garanzia costituita dai beni del debitore fiscale. Tuttavia, nel caso di specie, non esiste alcuna riduzione della garanzia ma un ampliamento della stessa, tant'è che l'ufficio del pubblico ministero ha proceduto, dapprima, al sequestro di un capitale sociale pari ad euro 50.000 e successivamente a sequestro di un capitale sociale pari ad euro 1.950.000, con la conseguenza che il sequestro sarebbe stato pertanto disposto contra legem.
2.2. C F affida l'impugnazione a tre motivi.
2.2.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della legge penale in relazione agli articoli 4 e 11 del decreto legislativo 74 del 2000 nonché degli articoli 75 d.p.r. 917 del 1986 e 1457 del codice civile (articolo 606, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale). Premette che la misura cautelare reale è stata richiesta ed adottata sul presupposto che la pretesa tributaria troverebbe fondamento in un diritto di credito sorto per effetto di un atto di transazione sottoscritto tra la società Emmea S.r.l. e la società R.G.D. S.r.l. ed il cui pagamento sarebbe stato effettivamente incassato dalla Emmea S.r.l. Invece, dal mero esame documentale degli atti di indagine, emerge che non sussiste alcun pagamento del suddetto credito che addirittura, ed a differenza di quanto erroneamente asserito dal giudice per le indagini preliminari, non è mai stato nemmeno incassato dalla Emmea S.r.l., con la conseguenza che sarebbe stato disatteso il principio espresso dal primo comma dell'articolo 75 d.p.r. 917 del 1986 in forza del quale i componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito nell'esercizio di competenza purché abbiano esistenza certa e siano determinabili in modo oggettivo. Applicando invece tali principi al caso di specie appare evidente l'insussistenza del reato di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 74 del 2000 sul rilievo che il credito ipotizzato non solo non sarebbe certo ma sarebbe addirittura totalmente inesistente, in quanto la transazione stipulata tra le due società era sottoposto ad un termine essenziale del 2 novembre 2012. Siffatto termine è spirato senza che la R.G.D. S.r.l. adempisse la propria prestazione e senza che la Emmea S.r.l. ne chiedesse l'esecuzione nei tre giorni successivi, cosicché, per effetto della intervenuta risoluzione di diritto dell'atto di transazione, del tutto correttamente la Emmea S.r.l. non ha considerato il credito derivante dalla transazione come componente positivo di reddito, conseguendo da ciò l'illegittimità del provvedimento impugnato che sarebbe perciò pervenuto erroneamente a diversa conclusione.
2.2.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione la falsa applicazione della legge penale e la mancanza assoluta di motivazione su punti decisivi del tema cautelare (articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), del codice di procedura penale). Sostiene che, nel caso in esame, il giudice per le indagini preliminari non avrebbe motivato in merito alla presunta interposizione fittizia relativamente alla posizione della ricorrente, non avendo indicato le ragioni dell'apparente vantaggio di imposta pari ad C 247.800 che, nella sostanza, sarebbe stato effettuato a favore dell'indagata, la quale invece non ha mai ricevuto somme di denaro dalla predetta società sin dalla sua costituzione. Neppure il giudice cautelare ha motivato sul quantum del sequestro in relazione alla presunta imposta evasa pari a C 247.800, tanto in considerazione del fatto che è stato disposto il vincolo sui conti e sulle quote di proprietà della ricorrente per un
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