Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 20/04/2021, n. 10285
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Testo completo
la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 29178/2014 R.G. proposto da: DUEMILAUNO S.R.L., (C.F. 06466711006), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti M P e S M, con domicilio eletto in Roma, via Giambattista Vico, n. 22, presso lo studio legale tributario Santacroce, Procida, Fruscione;
- ricorrente -
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. 06363391001), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, in via dei Portoghesi 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 25/28/14 della Commissione tributaria regionale del Lazio depositata il 15 aprile 2014 e non notificata. Udita la relazione svolta nell'adunanza camerale del 7 ottobre 2020 dal Consigliere dott.ssa L M. Rilevato che:
1. Con avviso di accertamento notificato il 26 novembre 2009, l'Agenzia delle entrate contestò alla società Duemilauno s.r.l. l'indebita deduzione nell'anno di imposta 2005 del costo di acquisto di un fabbricato, recuperando a tassazione il maggior reddito imponibile ai fini IRES ed IRAP ed irrogando sanzioni. Ad avviso dell'Amministrazione finanziaria la contribuente, avendo acquistato l'immobile all'asta in virtù di decreto di trasferimento emesso dal Tribunale di Roma in data 14 ottobre 2004 e avendo versato il saldo del prezzo in data 4 ottobre 2004, avrebbe dovuto esporre il costo predetto nella dichiarazione relativa all'anno 2004, nel quale si era formato il titolo giuridico che ne costituiva la fonte. La società contribuente impugnò l'atto impositivo dolendosi della mancata indicazione, da parte dell'Amministrazione finanziaria, delle regole contabili utilizzate e del procedimento logico seguito nella ricostruzione del reddito, in violazione dell'art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 e dell'art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Nel ricorso si lamentava, altresì, che l'Ufficio non aveva tenuto in considerazione il fatto che la ricorrente, sul presupposto che il fabbricato, in quanto destinato alla rivendita, costituisse un bene- merce, ne aveva iscritto il costo nell'anno 2005 sospendendolo mediante imputazione alle rimanenze, e, quindi, nel 2006, dopo la rivendita del cespite, aveva contabilizzato il ricavo e, in contropartita, lo aveva stornato dalle rimanenze, così deducendo la componente negativa nell'esercizio in cui il bene era stato venduto. In subordine, la contribuente denunciò l'inapplicabilità delle sanzioni irrogate, alla luce del principio sancito dall'art. 6, comma 2 (ktt 1, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, a mente del quale non danno luogo a violazioni punibili le rilevazioni eseguite nel rispetto della continuità dei valori di bilancio e secondo corretti criteri contabili e le valutazioni eseguite secondo corretti criteri di stima. Con sentenza n. 337/28/12, depositata il 18 ottobre 2012, la Commissione tributaria provinciale di Roma accolse il ricorso della Duemilauno s.r.l.
2. Avverso tale pronuncia l'Agenzia delle entrate propose appello davanti alla Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale, con sentenza depositata il 15 aprile 2014, accolse il gravame affermando che le regole sull'imputazione temporale dei componenti del reddito sono inderogabili e, pertanto, il recupero a tassazione dei ricavi nell'esercizio di competenza non può trovare ostacolo nella circostanza che gli stessi siano stati dichiarati in un diverso esercizio, non essendo consentito al contribuente di scegliere di effettuare la detrazione di un costo in un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come esercizio di competenza, neppure al dichiarato fine di bilanciare componenti attivi e passivi di reddito, a prescindere dalla configurabilità di un danno all'erario.
3. Contro tale pronuncia spiega ricorso la società Duemilauno s.r.l. affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso l'Agenzia delle entrate. La società ricorrente deposita memoria ex art. 380- bis.1 cod. proc. civ.
Considerato che:
1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Lamenta, in particolare, la ricorrente che i giudici d'appello hanno omesso «qualsivoglia esame della questione di fatto cardine posta alla base delle difese della odierna Ricorrente, sia in primo (J/C/t/L sia in secondo grado, nonché indiscutibilmente decisiva ai fini della definizione della controversia: e cioè quella della correttezza dell'utilizzazione, per la contabilizzazione dell'acquisto dell'immobile, come bene-merce, del principio di tecnica contabile "costi-ricavi-rimanenze"».
1.1. Con il secondo mezzo, formulato ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., si deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 83, 85 e 92 del d.lgs. 22 dicembre 1986, n. 917, anche in relazione alla tecnica contabile c.d. "costi-ricavi- rimanenze". Ad avviso della contribuente, la pronuncia gravata, ritenendo violate le regole di imputazione temporale, non considera il peculiare regime contabile previsto per i beni trattati contabilmente come beni-merce nell'ambito del reddito di impresa.
1.2. Con il terzo motivo, formulato in via subordinata, si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997 in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la Commissione tributaria regionale ritenuto
- ricorrente -
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. 06363391001), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, in via dei Portoghesi 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 25/28/14 della Commissione tributaria regionale del Lazio depositata il 15 aprile 2014 e non notificata. Udita la relazione svolta nell'adunanza camerale del 7 ottobre 2020 dal Consigliere dott.ssa L M. Rilevato che:
1. Con avviso di accertamento notificato il 26 novembre 2009, l'Agenzia delle entrate contestò alla società Duemilauno s.r.l. l'indebita deduzione nell'anno di imposta 2005 del costo di acquisto di un fabbricato, recuperando a tassazione il maggior reddito imponibile ai fini IRES ed IRAP ed irrogando sanzioni. Ad avviso dell'Amministrazione finanziaria la contribuente, avendo acquistato l'immobile all'asta in virtù di decreto di trasferimento emesso dal Tribunale di Roma in data 14 ottobre 2004 e avendo versato il saldo del prezzo in data 4 ottobre 2004, avrebbe dovuto esporre il costo predetto nella dichiarazione relativa all'anno 2004, nel quale si era formato il titolo giuridico che ne costituiva la fonte. La società contribuente impugnò l'atto impositivo dolendosi della mancata indicazione, da parte dell'Amministrazione finanziaria, delle regole contabili utilizzate e del procedimento logico seguito nella ricostruzione del reddito, in violazione dell'art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 e dell'art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Nel ricorso si lamentava, altresì, che l'Ufficio non aveva tenuto in considerazione il fatto che la ricorrente, sul presupposto che il fabbricato, in quanto destinato alla rivendita, costituisse un bene- merce, ne aveva iscritto il costo nell'anno 2005 sospendendolo mediante imputazione alle rimanenze, e, quindi, nel 2006, dopo la rivendita del cespite, aveva contabilizzato il ricavo e, in contropartita, lo aveva stornato dalle rimanenze, così deducendo la componente negativa nell'esercizio in cui il bene era stato venduto. In subordine, la contribuente denunciò l'inapplicabilità delle sanzioni irrogate, alla luce del principio sancito dall'art. 6, comma 2 (ktt 1, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, a mente del quale non danno luogo a violazioni punibili le rilevazioni eseguite nel rispetto della continuità dei valori di bilancio e secondo corretti criteri contabili e le valutazioni eseguite secondo corretti criteri di stima. Con sentenza n. 337/28/12, depositata il 18 ottobre 2012, la Commissione tributaria provinciale di Roma accolse il ricorso della Duemilauno s.r.l.
2. Avverso tale pronuncia l'Agenzia delle entrate propose appello davanti alla Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale, con sentenza depositata il 15 aprile 2014, accolse il gravame affermando che le regole sull'imputazione temporale dei componenti del reddito sono inderogabili e, pertanto, il recupero a tassazione dei ricavi nell'esercizio di competenza non può trovare ostacolo nella circostanza che gli stessi siano stati dichiarati in un diverso esercizio, non essendo consentito al contribuente di scegliere di effettuare la detrazione di un costo in un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come esercizio di competenza, neppure al dichiarato fine di bilanciare componenti attivi e passivi di reddito, a prescindere dalla configurabilità di un danno all'erario.
3. Contro tale pronuncia spiega ricorso la società Duemilauno s.r.l. affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso l'Agenzia delle entrate. La società ricorrente deposita memoria ex art. 380- bis.1 cod. proc. civ.
Considerato che:
1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Lamenta, in particolare, la ricorrente che i giudici d'appello hanno omesso «qualsivoglia esame della questione di fatto cardine posta alla base delle difese della odierna Ricorrente, sia in primo (J/C/t/L sia in secondo grado, nonché indiscutibilmente decisiva ai fini della definizione della controversia: e cioè quella della correttezza dell'utilizzazione, per la contabilizzazione dell'acquisto dell'immobile, come bene-merce, del principio di tecnica contabile "costi-ricavi-rimanenze"».
1.1. Con il secondo mezzo, formulato ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., si deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 83, 85 e 92 del d.lgs. 22 dicembre 1986, n. 917, anche in relazione alla tecnica contabile c.d. "costi-ricavi- rimanenze". Ad avviso della contribuente, la pronuncia gravata, ritenendo violate le regole di imputazione temporale, non considera il peculiare regime contabile previsto per i beni trattati contabilmente come beni-merce nell'ambito del reddito di impresa.
1.2. Con il terzo motivo, formulato in via subordinata, si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997 in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la Commissione tributaria regionale ritenuto
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