Cass. civ., SS.UU., sentenza 15/06/2015, n. 12310
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La modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa ("petitum" e "causa petendi"), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei tempi processuali. Ne consegue l'ammissibilità della modifica, nella memoria ex art. 183 cod. proc. civ., dell'originaria domanda formulata ex art. 2932 cod. civ. con quella di accertamento dell'avvenuto effetto traslativo.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R L A - Primo Presidente f.f. -
Dott. S G - Presidente Sezione -
Dott. R R - Presidente Sezione -
Dott. B R - Consigliere -
Dott. B G - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. D I C - rel. Consigliere -
Dott. D B A - Consigliere -
Dott. G A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9026/2008 proposto da:
M E, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DI VILLA MASSIMO 36, presso lo studio dell'avvocato D B R, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati G B G, P F, per delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
M G, F R, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA RENO 30, presso lo studio dell'avvocato R R, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato C F, per delega in calce al controricorso;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 400/2007 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 19/03/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/01/2015 dal Consigliere Dott. C D I;
uditi gli avvocati Giovanni Battista GHINI, Rosella RADOCCHIA;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso. RITENUTO IN FATTO
F R e M G convennero in giudizio M E dinanzi all'allora pretore di Forlt e, premesso di avere stipulato con quest'ultimo un contratto avente ad oggetto la cessione di un appezzamento di terreno (che doveva essere frazionato dalla particella n. 556 del foglio 89 della partita 5776 del C.T. del Comune di Mercato Saraceno) senza che il Montalti, successivamente al frazionamento, si fosse presentato - malgrado la ricezione di apposita diffida - davanti al notaio all'uopo indicato per la stipula del contratto definitivo di compravendita, chiesero che fosse pronunciata sentenza producente, ai sensi dell'art. 2932 e.e, l'effetto del trasferimento della proprietà fondiaria in questione, con riserva, come concordato, di una servitù in favore del medesimo Montalti.
Costituitosi il convenuto, all'udienza di prima comparizione fu accordato termine ai sensi dell'art. 183 c.p.c., comma 5 (nel testo applicabile ratione temporis) e nella successiva memoria gli attori modificarono l'originaria domanda chiedendo la pronuncia di sentenza dichiarativa dell'avvenuto trasferimento del terreno, sul rilievo che doveva ritenersi definitivo il contratto in base al quale era stata inizialmente richiesta sentenza costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c.. Per quanto in questa sede rileva, il Tribunale di Forlì accolse la domanda siccome riformulata e la Corte d'appello di Bologna, investita dell'impugnazione proposta dal Montalti, confermò la sentenza di primo grado.
In particolare, i giudici d'appello hanno ritenuto che la domanda di pronuncia dichiarativa dell'avvenuto trasferimento della proprietà di un immobile, avanzata dopo la richiesta - con l'atto di citazione- di sentenza costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c., basata sul medesimo contratto diversamente qualificato, costituisse, siccome semplice specificazione della pretesa originaria, mera emendatio libelli in quanto il thema decidendum era rimasto comunque circoscritto all'accertamento dell'esistenza di uno strumento giuridico idoneo al trasferimento della proprietà, con sostanziale identità del bene effettivamente richiesto e della causa petendi, costituita dal contratto del quale era stata prospettata, rispetto alla domanda originaria, soltanto una diversa qualificazione giuridica.
Nella suddetta decisione inoltre, confermandosi l'interpretazione della convenzione conclusa tra le parti come contratto (definitivo) di compravendita, si è evidenziata la mancata contestazione dei criteri ermeneutici - fondati "sul tenore letterale della scrittura e sulla circostanza inerente alla immissione degli acquirenti nel possesso del bene" - adottati dai primi giudici e la non rilevanza, in contrario, della previsione del frazionamento da redigersi ad opera di un geometra, dovendo l'identificazione del bene alienato ritenersi, sulla base delle indicazioni contenute nella suddetta convenzione e nelle relative allegazioni, completa e certa, mentre la prevista redazione del successivo frazionamento rispondeva esclusivamente ad esigenze di natura catastale.
Avverso questa sentenza M E ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, al quale gli intimati F R e M G hanno resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.. RITENUTO IN DIRITTO
1. Col primo dei tre motivi di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 102 c.p.c., art. 112 c.p.c., art. 163 c.p.c., nn. 3 e 4, nonché artt. 2932 e 1350 c.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, M E si duole del fatto che i
giudici d'appello abbiano ritenuto ammissibile la domanda di pronuncia dichiarativa dell'avvenuto trasferimento della proprietà del terreno in questione proposta nella memoria autorizzata ai sensi dell'art. 183 c.p.c., benché essa fosse da ritenersi diversa rispetto alla domanda di pronuncia costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c., proposta nell'atto di citazione con riguardo al medesimo
immobile, e chiede pertanto a questo giudice di dire: se sia ammissibile la proposizione, nella memoria di cui all'art. 183 c.p.c., comma 5, di domanda diretta ad ottenere l'accertamento del
trasferimento della proprietà di un immobile dopo che era stata proposta con l'atto di citazione domanda diretta ad ottenere l'esecuzione specifica dell'obbligo di contrarre relativamente al medesimo immobile;
se le due domande siano diverse per petitum e causa petendi;
se il passaggio dall'una all'altra delle domande costituisca emendatio libelli ovvero mutatio libelli. Il collegio della seconda sezione civile di questa Corte, dinanzi al quale la causa è stata chiamata, considerato che il sopra esposto motivo richiede la soluzione di una questione di diritto sulla quale è riscontrabile un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte, ha, con ordinanza interlocutoria n. 2096 del 2014, sollecitato l'intervento compositivo di queste sezioni unite ai sensi dell'art. 374 c.p.c., comma 2. Tanto premesso, è innanzitutto da evidenziare
che, come risulta dalla esposizione che precede, il motivo in esame, pur recando nell'epigrafe un chiaro riferimento all'art. 360 c.p.c., n. 5, non contiene censure riguardanti la motivazione in fatto della
sentenza ne' tanto meno riporta - giusta la previsione di cui all'ultima parte dell'art. 366 bis c.p.c., (applicabile nella specie, essendo stata la sentenza impugnata depositata il 19 marzo 2007) - la chiara indicazione di un fatto controverso rispetto al quale la motivazione si assuma in ipotesi viziata, essendo peraltro appena il caso di evidenziare che il motivo di cui all'art. 360, n. 5, non riguarda (nè alla stregua del testo applicabile ratione temporis ne' di quello attualmente vigente) ipotetici "vizi" della motivazione in diritto.
Non vi è pertanto necessità di valutare la sussistenza di eventuali deficienze della motivazione prima di procedere all'esame del problema giuridico proposto.
2. La specifica questione di diritto oggetto della censura in considerazione (modificabilità, con la memoria prevista dall'art. 183 c.p.c., comma 5, della domanda costitutiva ex art. 2932 c.c., in
domanda di accertamento dell'avvenuto effetto traslativo) è - ed è stata - oggetto di contrasto nella giurisprudenza di questo giudice di legittimità, peraltro già una volta composto dalle sezioni unite di questa Corte poco meno di venti anni fa.
Con la sentenza n. 1731 del 1996 (in questa sede invocata da ricorrente a sostegno delle proprie ragioni), infatti, queste sezioni unite, aderendo a quello che allora si presentava come l'orientamento minoritario (Cass. n. 1782 del 1993;
Cass. n. 8442 del 1990;
Cass. n. 5250 del 1986), a composizione di un contrasto che già all'epoca si proponeva sostanzialmente negli attuali termini, hanno affermato che costituisce domanda nuova vietata la richiesta di una sentenza che accerti l'avvenuto effetto traslativo dopo che sia stata in precedenza richiesta pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c., essendo tali domande diverse sotto il profilo del petitum e della causa petendi. In tali termini le sezioni unite del 1996 hanno disatteso l'orientamento, allora decisamente maggioritario, secondo il quale, nel caso in cui l'attore, dopo aver domandato con l'atto introduttivo del giudizio una sentenza costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c., sulla base di un contratto qualificato come preliminare di vendita immobiliare, richieda successivamente una pronuncia dichiarativa dell'avvenuto trasferimento della proprietà del medesimo immobile, non è configurabile una "mutatio" bensì una semplice "emendatio libelli", restando il thema decidendum circoscritto all'accertamento dell'esistenza di uno strumento giuridico idoneo al trasferimento della proprietà, e rimanendo così identico nella sostanza il bene effettivamente chiesto e identica la causa petendi, costituita dai contratto del quale viene prospettata, rispetto alla domanda originaria, soltanto una diversa qualificazione giuridica (così Cass. n. 11840 del 1991 - citata nella sentenza impugnata in questa sede-;
n. 6740 del 1987;
n. 1788 del 1983;
n. 1751 del 1980;
n. 5619 del 1979;
n. 4736 del 1978;
n. 787 del 1971).
Dopo la citata sentenza del 1996, come prevedibile (nonostante non fosse stata ancora introdotta la regola dello "stare decisis" per le sezioni semplici della Corte, prevista, al penultimo comma dell'art. 374 c.p.c., solo col D.Lgs. n. 40 del 2006), la giurisprudenza di
legittimità ha (tranne isolate eccezioni di cui in prosieguo) seguito l'orientamento indicato dalle sezioni unite (v. Cass. numeri 15541 del 2000;
1740 del 2008;
23708 del 2009 e 12039 del 2010, alle quali sono da aggiungere Cass. n. 15859 del 2002;
n. 13420 del 2003;
n. 2723 del 2010 che hanno affermato il medesimo principio in senso inverso - cioè con riferimento a modifica dell'iniziale