Cass. pen., sez. V trib., sentenza 12/05/2021, n. 18689

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V trib., sentenza 12/05/2021, n. 18689
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 18689
Data del deposito : 12 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto nell'interesse di F B, parte civile costituita nel procedimento a carico di F M, nata a Calcio (BG) il 20/11/1942 avverso la sentenza emessa il 20/05/2019 dal Tribunale di Bergamo in funzione di giudice di appello;
visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso proposto dalla parte civile F B e le note del 12 febbraio 2021 depositate dai difensori di M F;
udita la relazione svolta dal consigliere dott.ssa E C;
udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa P F, che, riportandosi alla requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali e di quelle in favore della Cassa delle Ammende.

RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore della parte civile, avv. M B, ricorre per cassazione avverso la pronuncia indicata in epigrafe che, in riforma della sentenza di condanna resa il 19/11/2018 dal Giudice di Pace di Treviglio, ha assolto M F dal delitto di cui all'art. 595, comma 2, cod. pen. perché il fatto non costituisce reato ed ha annullanto le statuizioni in favore della costituita parte civile e la condanna al pagamento delle spese processuali.

2. L'imputata M F è stata tratta a giudizio per avere asseritamente diffamato l'avv. F B presentando presso l'Ordine degli Avvocati di Bergamo un esposto nel quale rappresentava che costui aveva intrapreso, nell'ambito di una vertenza civile, talune procedure esecutive al fine di riscuotere dei crediti, al cui pagamento era stata condannata, nonostante la pendenza di trattative di bonario componemento tra le parti e nonostante l'avvenuto pagamento della prima rata stabilita nell'accordo in epoca anteriore al pignorarnento.

3. La difesa della parte civile articola le proprie censure in tre motivi.

3.1 Con il primo e secondo motivo, proposti a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., lamenta l'erronea applicazione dell'art. 51 cod. pen. sotto un duplice profilo: da un lato perché, a differenza di quanto ritenuto nella sentenza di assoluzione, l'imputata alla data di presentazione dell'esposto, risalente al 15 ottobre 2015, era ben consapevole di avere provveduto al pagamento della prima rata soltanto il 5 giugno 2015 e, dunque, in epoca successiva alla consegna degli atti di pignoramento all'UNEP, risalente al 3 e 4 giugno 2015;
dall'altro lato, in ragione del rilievo attribuito dal giudice di appello sia all'età dell'imputata (classe 1942), sia alla non dimestichezza della stessa con le procedure giudiziarie.

3.2 Con il terzo motivo, proposto a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., lamenta la riconosciuta sussistenza del requisito della continenza espressiva dell'esposto, nonostante la sovrabbondanza delle enunciazioni impiegate nell'articolazione dell'esposto, obiettando che l'atto non avrebbe perso la propria forza argomentativa laddove fosse stato formulato senza l'utilizzo di espressioni offensive lesive dell'onore e, in ogni caso, non utili alla prospettazione dei fatti narrati.

4. Con nota del 12 febbraio 2021, i difensori dell'imputata, avv. A P e avv. Aronne Bona, hanno eccepito l'inammissibilità del ricorso sotto un duplice profilo, ovvero: - per passaggio in giudicato della sentenza impugnata in quanto, a fronte della motivazione della sentenza, pronunciata il 20/05/2019 e regolarmente depositata il 19/06/2019 -e, dunque, nel termine di 30 giorni indicato dal giudice-, il ricorso per cassazione arreca il timbro del 05/09/2019 e, dunque, di una data successiva al termine di 45 giorni previsto dall'art. 585 comma 1, lett. c) cod. proc. pen. per proporre impugnazione, termine che, tenuto conto del Y(. periodo di sospensione feriale dei termini, era scaduto il precedente giorno 03/09/2019, martedì;
-per carenza d'interesse del ricorrente, in ragione della formula assolutoria "perché il fatto non costituisce reato", non preclusiva di un'eventuale azione in sede civile. I difensori hanno, inoltre, avanzato richiesta di condanna della parte civile al pagamento delle spese ai sensi degli artt. 541, comma 2, e 616 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Giova, in via preliminare, evidenziare la non fondatezza delle eccezioni di inammissibilità del ricorso, sollevate dalla difesa di M F.

1.1 Quanto al profilo di inammissibilità dell'impugnazione per intervenuta irrevocabilità della sentenza, deve darsi atto che a margine della sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo in data 20/05/2019 e depositata in cancelleria in data 19/06/2019, vi è l'attestazione a firma del funzionario di cancelleria dott. G M che dà contezza della circostanza che l'impugnazione è stata proposta in data 03/09/2019 e, dunque, nel rispetto del termine invocato come violato. E' questo un dato rispetto al quale nessun valore può e deve attribuirsi al timbro apposto a margine del ricorso per cassazione proposto dalla parte civile -arrecante la data del 05/09/2019-, in quanto privo di qualsiasi attestazione della cancelleria. Tanto chiarito, va evidenziato che in ogni caso l'eccezione di inammissibilità non può essere accolta poiché erroneamente fondata sull'applicabilità dell'art. 544 cod. proc. pen. ad un procedimento che rientra nella competenza del giudice di pace. Va, infatti, ricordato il consolidato e pressochè unanime orientamento giurisprudenziale secondo il quale l'art. 32, comma 4, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 -che fissa, per il giudice di pace, in quindici giorni il termine per il deposito della motivazione, qualora la stessa non sia dettata a verbale-, in quanto disposizione di carattere derogatorio rispetto alla previsione di cui all'art. 544 cod. proc. pen., non consente nei procedimenti riguardanti reati di competenza al giudice di pace un termine diverso di quello previsto per legge. Dunque, in ragione del carattere derogatorio rivestito dall'art. 32, comma 4, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, non può trovare applicazione l'art. 2 del citato d.lgs. il quale espressamente prevede l'estensione delle norme del codice di rito nei procedimenti innanzi al giudice di pace, a meno che non sia diversamente stabilito (Cass., Sez. 4 , n. 36767 del 17/11/2020, dep. 2020, Farchioni, Rv. 280163;
Cass. Sez. 2, n. 50391 del 27/09/2019, Vitelli, Rv. 277809;
Cass. Sez. 4, n. 16148 del 14/03/2017, Cattin, Rv. 269608).
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