Cass. pen., sez. V trib., sentenza 28/11/2022, n. 45095

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V trib., sentenza 28/11/2022, n. 45095
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 45095
Data del deposito : 28 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: TEODORI DANIELE nato a VITERBO il 04/08/1994 avverso la sentenza del 13/01/2022 della CORTE APPELLO di ROMAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO S S;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore L O che ha concluso chiedendo Il Proc. Gen. conclude per il rigetto udito il difensore L'avv. ROBERTO MASSATANI si riporta alla memoria già depositata in cancelleria in data 26.09.2022. Deposita conclusioni scritte unitamente alla nota spese;
L'avv. M CECCHETTI si riporta ai motivi di ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13 novembre 2022, la Corte di appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Viterbo che aveva ritenuto D T colpevole del delitto di cui agli artt. 582 e 583 cod. pen., per avere cagionato a M I, colpendolo con un pugno all'occhio sinistro, lesioni personali che avevano comportato l'indebolimento permanente della vista (aveva perso i 49/50 del visus dell'occhio attinto), irrogando la pena, sospesa, di anni due di reclusione e condannando il prevenuto a risarcire i danni patiti dalla parte civile.

1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte osservava quanto segue. Premetteva la seguente ricostruzione dell'accaduto: l'imputato aveva insultato la compagna della persona offesa;
costei prima e l'imputato poi, nel richiedergli spiegazioni di tale condotta, l'avevano, ancora prima l'una poi l'altro, spintonato, così facendolo cadere a terra;
l'imputato si era rialzato ed aveva reagito, scagliandosi contro la persona offesa e colpendolo con quel pugno all'occhio che aveva provocato le lesioni refertate. Era pertanto evidente che non aveva agito per legittima difesa, essendo già cessato il pericolo cagionato dalle condotte tenute dalla persona offesa e dalla sua compagna;
doveva poi considerarsi che l'intera vicenda era scaturita dal suo inurbano comportamento verso la donna.

1.2. Quanto all'eccezione preliminare, formulata dall'appellante in ordine al rigetto, in prime cure, dell'istanza di messa alla prova, la Corte la riteneva priva di fondamento posto che, come aveva osservato il primo giudice, la stessa era intempestiva non essendo stata avanzata in udienza preliminare. Irrilevante era il fatto che, in quella fase processuale, si procedesse per un delitto che parte della giurisprudenza di legittimità riteneva non fosse consentito il beneficio (considerando il limite di pena previsto per l'aggravante, ad effetto speciale, di cui all'art. 583 cod. pen.), posto che altro orientamento di questa Corte (confermato poi dalla pronuncia delle Sezioni unite) lo considerava possibile.

1.3. Quanto al trattamento sanzionatorio, osservava che la Corte osservava come il primo giudice avesse ritenuto "di fatto" le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante (non aveva formulato il giudizio di bilanciamento ma, riconosciute le attenuanti, aveva operato la conseguente diminuzione della pena) e riteneva la misura della pena proporzionata alle modalità della condotta ed alla gravità del danno cagionato alla persona offesa.

2. Propone ricorso l'imputato, a mezzo del suo difensore, articolando le proprie censure in tre motivi.

2.1. Con il primo deduce la violazione di legge, ed in particolare degli artt.168 bis, 175 cod. pen., 464 bis, comma 2, 464 quater, comma 9, 491 cod. proc. pen., e vizio di motivazione. Entrambi i giudici del merito, con apposite ordinanze, avevano rigettato l'istanza di ammissione alla messa alla prova o di rimessione in termine per avanzare tale istanza. L'istanza, infatti, non era stata tempestivamente formulata solo perché, all'epoca della celebrazione dell'udienza preliminare, non era consentita, ex lege, per il delitto così come contestato, dovendosi tenere conto dell'aumento di pena determinato dalla circostanza aggravante ad effetto speciale dell'art. 583 cod. pen.. L'istanza era stata presentata solo ad esito della sentenza delle Sezioni unite del 31 marzo 2016 in cui si era affermato l'irrilevanza delle circostanze ad effetto speciale per il calcolo della pena edittale ai fini dell'ammissione alla messa in prova. A ciò dovevano poi aggiungersi le seguenti circostanze: - l'istanza era stata reiterata a seguito del mutamento del giudice di prime cure e, quindi, nella fase degli atti preliminari previsti dall'art. 491 cod. proc. pen. (SU n. 41736/2019 del 10/10/2019);
- la citata sentenza delle Sezioni unite del 2016 era stata depositata solo 11 giorni prima della celebrazione dell'udienza preliminare;
- l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare era nullo perché mancante dell'avviso circa la richiedibilità della messa in prova;
- doveva applicarsi analogicamente il disposto dell'art. 464 bis cod. proc. pen. che consente di avanzare l'istanza anche nella fase degli atti preliminari al giudizio, come avviene nel caso del giudizio direttissimo e del giudizio a citazione diretta (considerando che l'art. 464 quater, comma 9, consente la riproponibilità in tale fase dell'istanza rigettata dal Gup). Se tale interpretazione dell'art. 464 bis cod. proc pen non si prospettasse possibile a diritto vigente la norma sarebbe viziata di incostituzionalità, in riferimento ai parametri fissati negli artt. 3, 24 e 11 Cost. particolarmente nei casi in cui non consente la formulazione dell'istanza agli imputati a cui non era consentite prima della citata pronuncia delle Sezioni unite.
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